Gli alberi più antichi del mondo sono in Calabria

Gianluca Piovesan (Univ. Tuscia): in Aspromonte rinvenuta una quercia di 934 anni e altri arbusti particolarmente longevi, dal Pollino il patrimonio delle antiche faggete

Demetra, la quercia più antica al mondo, si trova nel Parco Nazionale dell’Aspromonte. Ha 934 anni d’età ed è stata scoperta dai ricercatori dell’Università della Tuscia, guidati dal professore Gianluca Piovesan, docente di selvicoltura e assestamento forestale. Lo abbiamo incontrato all’interno della villa comunale di Cosenza. In che ambito di ricerca è avvenuta questa scoperta?Ci trovavamo in Aspromonte perché stavamo portando avanti gli studi del processo di candidatura della faggeta di Valle Infernale a Patrimonio dell’Umanità nell’ambito del sito seriale europeo delle faggete vetuste. Durante questi rilievi mi sono accorto che c’erano delle querce molto antiche. Nello stesso tempo, avevamo dei contatti con dei ricercatori spagnoli che mi avevano chiesto proprio di poter approfondire degli alberi di quercia nel Sud Italia per studiare l’impatto sui cambiamenti climatici.Un approccio integrato.Esattamente. Abbiamo trovato anzitutto degli alberi di 3 – 400 anni. Studiando gli anelli degli alberi, nonché la composizione chimica degli isotopi del legno, è possibile ricostruire il clima del Mediterraneo centrale ancora poco indagato ma strategico anche per capire quanto sta avvenendo dal punto di vista dei cambiamenti climatici.Così ha rinvenuto questi antichi arbusti?Mi sono reso conto che alcuni alberi potevano essere molto vecchi. Già lo scorso anno avevamo trovato una rovere di 570 anni, che già è una datazione molto significativa. Così abbiamo cominciato a esplorare il territorio alla ricerca degli alberi più antichi. Patrimoni arborei come quelli dell’Aspromonte, della Sila e del Pollino, in certe condizioni e situazioni di poca fertilità e molto rocciose, in alta montagna, possono essere molto longevi.Una sfida interessante. Anche difficile?Il problema di questi grandi alberi è che hanno il tronco quasi sempre cariato. Abbiamo utilizzato l’approccio scientifico attraverso la datazione al radiocarbonio: in sostanza, anche se l’albero è cavo, riusciamo a prendere alcune porzioni più interne, più prossime alla parte più antica, e le trattiamo al radiocarbonio, che dà una precisione tra i 30 e i 50 anni. Da questo è uscito fuori il dato sbalorditivo dell’albero che abbiamo chiamato Demetra, come un omaggio alla Magna Graecia, di quasi mille anni. Sottolineo però che tutt’intorno ci sono anche alberi di 6-700 anni.A quanti metri di quota si trova Demetra?A 1600 – 1700 metri. Alberi così ce ne sono tanti, Demetra ci fa riflettere sui tempi di conservazione della natura. Noi oggi siamo abituati ad andare tutti veloci, ma la natura ha i suoi tempi. Un po’ quello che ha detto il Papa nei giorni scorsi: la natura va osservata e non demolita. Un albero così longevo va lasciato stare o bisogna intervenire?Va fatto vivere e lasciar stare, ovviamente salva la necessità di garantire la sicurezza di chi si trova in zona. Gli alberi, però, più sono lasciati in pace più hanno la possibilità di vivere a lungo.Cosa possiamo dire in merito al Pollino?Nel 2012 iniziammo la procedura per candidare la faggeta vetusta a Patrimonio dell’Umanità, e ora lo è. Adesso abbiamo scoperto una faggeta vetusta nel Pollinello, sul versante calabro. Qui ci sono faggi che hanno almeno 600 anni, i più vecchi d’Europa, tra i quali segnalo quelli soprannominati Norman e Michele. Lo ribadisco: gli alberi più vecchi del Continente stanno sul Pollino..Come il territorio può valorizzare questi patrimoni?Anzitutto attraverso le guide accreditare dei Parchi nazionali, capaci di far conoscere il territorio ai turisti che vi giungono. Essi sono le sentinelle, i testimoni dell’integrità della natura. Peraltro, queste ricerche sulle foreste antiche della Calabria vengono ora diffuse nell’ambito del progetto Italian Mountain Lab per la valorizzazione della montagna italiana.Cosa può dare questo all’economia?Tanto. Oggi si parla di enoturismo, e in questo la Calabria avrebbe molte carte da giocare. Quel che sto cercando di realizzare è il creare nuovi percorsi di comunicazione ed educazione ambientale, e in questo le guide dei parchi hanno un ruolo importante, perché sono un volàno per lo sviluppo sostenibile. Mi consenta di dire che anche la diocesi può avere un ruolo importante in questi processi di diffusione di una cultura per il rispetto della natura mettendo in pratica le sollecitazioni di papa Francesco.