Primo Piano
8 secondi. La nostra attenzione pari a quella di un pesce rosso
Ci ritroviamo un cervello-flipper che passa da un link all’altro senza mai interiorizzare nel profondo ciò che legge,smettendo di rielaborare criticamente ogni informazione che i social e i più vari motori di ricerca ci propinano quotidianamente, senza alcuna interruzione
Lisa Iotti, (in foto) giornalista e reporter di Presadiretta, svolgendo il suo lavoro per la nota trasmissione di Rai 3, si è trovata in mezzo ad un’inchiesta ma anche di fronte ad una sincera confessione sugli effetti delle nuove tecnologie in particolare, degli smartphone, sulla nostra vita. Questa inchiesta si è successivamente trasformata in un libro dal titolo “8 secondi, viaggio nell’era della distrazione”, edito da il Saggiatore.
Nel libro della Iotti emerge che la soglia della nostra capacità di concentrazione si è abbassata vertiginosamente negli ultimi anni, fino a toccare gli 8 secondi, meno della memoria di un pesce rosso. Cerchiamo di capirne di più di questa sindrome del pesce rosso direttamente dal nostro colloquio con l’autrice del libro.
Lisa Lisa, fa molta paura la sua inchiesta in quanto emerge che siamo capaci di restare concentrati per soli 8 secondi. Cosa sta succedendo?Ci ritroviamo un cervello-flipper che passa da un link all’altro senza mai interiorizzare nel profondo ciò che legge, smettendo di rielaborare criticamente ogni informazione che i social e i più vari motori di ricerca ci propinano quotidianamente, senza alcuna interruzione. “8 secondi” scava nella parte oscura della nostra coscienza caduta nella rete della virtualità che ci fa sentire gratificati per il tempo aleatorio di un like messo a un post. In realtà quello che facciamo è switchare, alterniamo avanti e indietro, rapidissimamente. Questo significa però rifocalizzare ogni frazione di secondo la nostra attenzione. Sembra niente, ma nel corso della giornata il taskswitching si accumula e diventa stress. E lo stress ha costi enormi per la nostra attenzione e per il nostro cervello. Ed è tutta qui la forza di questo libro, dove l’esperienza privata trascende se stessa per appartenere a quella di tutti noi.Molti studi hanno messo in evidenza l’aumento dello stress. Tirando in gioco uno dei più famosi social network “TikTok” si nota come i video corrono uno dietro all’altro? TikTok è l’esempio migliore che si possa fare perché non chiede più neanche la nostra interazione. È come dire che ci porta continuamente da mangiare senza che noi scegliamo che cosa c’è nel menu. È un flusso continuo che ha come unico scopo quello di tenerci connessi. E’ il loro core business.Pare di capire che siamo dinanzi ad un cambio evolutivo. Il nostro cervello sta cambiando definitivamente, ci dobbiamo adeguare a questo o lo possiamo combattere?Secondo gli scienziati ci sono degli antidoti, non siamo davanti ad una questione irreversibile perché il nostro cervello è plastico, questo è il motivo per cui cambia continuamente, però non è elastico per cui dopo tre secondi non torna nella modalità seria come vorremmo. È vero però che se noi lo alleniamo continuamente a saltare da una cosa all’altra lui diventa così. Gli antidoti ci sono e sono anche interessanti. Una scienziata, nel corso della mia inchiesta, mi raccontava che lei ogni mattina e ogni sera legge un libro per riprendere una modalità di concentrazione, cosa che possiamo fare tutti. Mettersi una sveglia al mattino e leggersi qualche pagina, come fosse una terapia. Ma si tratta solo di un esercizio. I giovani sono più sottoposti a questo rischio perché hanno un cervello in formazione e utilizzano rispetto agli adulti molto di più gli smartphone, diventando a volte una vera dipendenza…Certo, questo è drammatico. Già si vedono dei cambiamenti enormi, perché non si è più abituati alla fatica, a cercare le risposte, ma si pensa che tutto sia facile perché questo ci ha insegnato internet. I social stanno modificando la struttura del nostro cervello quindi bisognerà trovare un modo per rallentare le sinapsi. Bisogna anche dire però che siamo dentro un sistema irreversibile da cui non è più nemmeno ipotizzabile pensare di uscire. Non mi sorprende leggere che un utente medio oggi sblocca e usa il suo iPhone circa ottanta volte al giorno, quasi trentamila volte in un anno, stando ai dati Apple (probabilmente già superati). O che tocchiamo il nostro cellulare 2617 volte al giorno, secondo i calcoli di un altro studio.Lisa si può guarire da questa sindrome del pesce rosso e riportare alta la nostra soglia di attenzione?La risposta sta dentro il nostro senso di responsabilità verso queste tecnologie che ci hanno permesso di risolvere tantissimi problemi che prima del loro avvento sembravano insormontabili. Non serve condannarle o innamorarsene perdutamente; occorre, semmai, saperle usare in maniera cosciente, con intelligenza, senza rimanerne ammaliati. Quindi cerchiamo di utilizzare il nostro smartphone con più equilibrio. Riflettiamo prima di agire. Iniziamo a imporci di spegnere il telefonino in una parte prestabilita della nostra giornata, come ad esempio un’ora prima di andare a dormire. Non portiamolo con noi durante i pasti, ma conversiamo con chi ci sta di fronte. Insomma disinneschiamo il pilota automatico, con cui reagiamo invece di agire.
55ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali “Vieni e vedi”
(Gv 1,46)Comunicare incontrando le persone come e dove sono
Domenica 24 gennaio, giornata in cui si festeggia San Francesco di Sales, il patrono dei giornalisti, Papa Francesco come ogni anno ci farà dono del suo Messaggio per la 55esima Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali che si celebrerà il prossimo13 maggio. “Vieni e vedi, comunicare incontrando le persone come e dove sono” è il tema scelto dal Pontefice per questa Giornata attraverso le parole dell’apostolo Filippo “Vieni e vedi”, per ricordare che nel conoscere la vita degli altri, nel parteciparvi, si comprende il senso delle cose. L’annuncio cristiano prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola, vita.Comunicare incontrando le persone come e dove sono”, è il sottotitolo. Questa la citazione evangelica: “Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: ‘Seguimi’. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: ‘Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret’. Natanaèle esclamò: ‘Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?’. Filippo gli rispose: ‘Vieni e vedi’” Nel cambio epocale che stiamo vivendo, in un tempo che ci obbliga alla distanza sociale a causa della pandemia, la comunicazione può rendere possibile la vicinanza necessaria per riconoscere ciò che è essenziale e comprendere davvero il senso delle cose. Non conosciamo la verità se non ne facciamo esperienza, se non incontriamo le persone, se non partecipiamo delle loro gioie e dei loro dolori. Il vecchio detto “Dio ti incontra dove sei” può essere una guida per coloro che sono impegnati nel lavoro dei media o delle comunicazioni nella Chiesa. Nella chiamata dei primi discepoli, con Gesù che va a incontrarli e li invita a seguirlo, vediamo anche l’invito ad utilizzare tutti i media, in tutte le loro forme, per raggiungere le persone come sono e là dove vivono.