Primo Piano
Il ruolo dell’insulina nella malattia di Alzheimer
Il progetto è stato coordinato da Eugenio Barone, professore originario di Paola
“Unravelling a novel mechanism favoring brain insulin resistance development” è il titolo del progetto che ha l’obiettivo di analizzare l’evoluzione temporale delle alterazioni molecolari cui va incontro il segnale dell’insulina nel cervello durante lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Condotto da un team di studiosi, il progetto è stato finanziato per la seconda volta dall’Alzheimer’s Association. Originario di Paola, Eugenio Barone, professore associato di Biochimica presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, è il coordinatore del progetto. Lo abbiamo intervistato.La malattia di Alzheimer viene definita ‘diabete del cervello’, perché?C’è un’alterazione del segnale dell’insulina, che normalmente si altera a livello di patologie come il diabete o l’obesità; nel caso dell’Alzheimer questa alterazione avviene a livello del cervello e quindi si parla di ‘diabete del cervello’.Qual è il ruolo dell’insulina nel cervello?L’insulina ha un ruolo fondamentale nel cervello; in particolare quello di promuovere processi alla base delle funzioni cognitive come la memoria e l’apprendimento, questo ci fa capire perché è legata all’Alzheimer. Nell’Alzheimer una delle manifestazioni cliniche più evidenti è la perdita della memoria che porta alla demenza, e quindi questo legame tra insulina e Alzheimer deriva proprio dalla capacità dell’insulina di regolare queste funzioni a livello cerebrale.Qual è il suo ruolo come fattore di rischio dell’Alzheimer?Studi recenti dimostrano proprio come un’alterazione del segnale dell’insulina nel cervello sembrerebbe essere un forte fattore di rischio che predice proprio lo sviluppo dell’Alzheimer, questo ancora di più rispetto a marcatori classici come la beta-amiloide o la proteina tau che generalmente vengono misurati. Studi recenti dimostrano come riuscire a misurare l’alterazione del segnale dell’insulina a livello cerebrale possa rappresentare una sorta di meccanismo predittivo per lo sviluppo della malattia. Quando il segnale dell’insulina non funziona c’è un rischio maggiore di sviluppare la malattia di Alzheimer.Come siete arrivati a questo risultato?La ricerca è iniziata il 2010. Il risultato ottenuto non è un punto di arrivo, ma è semplicemente un nuovo inizio del nostro percorso perché cercheremo di andare più a fondo per comprendere meglio qual è il meccanismo con cui questa alterazione si verifica. La nostra speranza è quella di poter proporre un trattamento farmacologico per curare l’alterazione al livello del cervello. Può esserci una correlazione con il diabete di tipo 1?Sul diabete di tipo 1 abbiamo meno informazioni, e quindi non è una parte ben approfondita da un punto di vista del legame tra diabete di tipo 1 e rischio di demenza, però non possiamo escludere che anche chi soffre di diabete di tipo 1 possa avere un maggior rischio per tutta una serie di fattori.
Il diabete di tipo 2 si manifesta in un’età precedente rispetto all’insorgere dell’Alzheimer. Quanto incide il fattore tempo?Il fattore tempo incide nel senso che più lunga è la durata del diabete e maggiore è il rischio dello sviluppo della malattia di Alzheimer. Spesso le alterazioni del segnale dell’insulina che si verificano a livello cerebrale possono avvenire anche in soggetti che non hanno il diabete, quindi non per forza le due cose devono coesistere. Il diabete rappresenta un fattore di rischio ma l’alterazione che si verifica a livello cerebrale può avvenire anche in assenza di diabete, quindi rappresenta qualcosa di molto specifico per il cervello.Parlando di diabete si pensa al cibo. L’alimentazione può essere un farmaco?L’alimentazione è uno dei farmaci più potenti che abbiamo a disposizione. Fare un’alimentazione corretta è un farmaco importante anche per il cervello che risente di qualunque alterazione che avviene nel nostro organismo.Il progetto da lei coordinato ha ottenuto il finanziamento dall’Alzheimer’s Association, un traguardo importante…Siamo felici. Il nostro gruppo è stato finanziato per la seconda volta da questa associazione che è la più importante a livello internazionale nel finanziare le ricerche sull’Alzheimer. È un atto di fiducia verso il nostro gruppo. Il progetto è stato revisionato da esperti del campo e ciò ci rende orgogliosi del risultato ottenuto.Quali i prossimi passi?Avviare gli esperimenti in laboratorio dove andremo ad approfondire dei meccanismi. Il progetto ha durata quadriennale, il nostro obiettivo è dimostrare come ad esempio un preciso meccanismo molecolare viene alterato durante lo sviluppo della malattia di Alzheimer, e quindi questo rappresenta proprio, da un punto di vista del segnale dell’insulina, un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia.