Reportage. Da Torre Melissa una lezione di solidarietà all’Italia e all’Europa

Cinquantuno profughi curdi salvati dalla comunità di una piccola cittadina del crotonese in una mattinata di gennaio segnata dal freddo, dal vento e dal buio. Una lunga notte di solidarietà che ha donato calore e speranza nel cuore di tutti

Solo andando sul posto si può narrare una storia, soprattutto quelle storie di solidarietà e di accoglienza che sono tipiche della nostra terra. Ecco perchè siamo andati a Torre Melissa, con alcuni giornalisti della nostra redazione, per incrociare i volti e ascoltare dalla viva voce il racconto di quelle ore che hanno dato una lezione all’Italia e all’Europa.

Mentre si litigava a colpi di dichiarazioni e post sui social sulle navi della speranza, dove farle attraccare, sui porti chiusi e aperti, una nave con 52 profughi curdi, nella notte tra l’11 e il 12 gennaio rimasta incagliata, imbarcava acqua per due grosse falle, ad una trentina di metri dalla spiaggia del piccolo comune del crotonese. I profughi ce l’avevano quasi fatta, con un mare mosso e la complicità della notte, ma la speranza di chi aveva avvistato la costa in un batter d’occhio si è trasformata in paura.  Il veliero si è inclinato su un fianco, due grosse aperture a prua, le grida e la paura; la barca era abbastanza lontana per chi poteva buttarsi in acqua. E poi c’erano anche bambini. Un giovane però non regge la situazione terribile, si tuffa, ma la gelida temperatura dell’acqua e il mare mosso lo ingoiano subito. troveranno il suo corpo dopo molti giorni sulla battigia. Non resta che affidarsi a Dio, alla solidarietà di chi potrebbe udire le grida nel cuore della notte. E allora gridano tutti: uomini e donne, chiedono aiuto. I due presunti scafisti intanto abbandonano la nave e guadagnano terra, pensano alla loro salvezza, ma la certezza di essere al sicuro dura poco per i due scafisti. Il portiere di un albergo capisce che qualcosa non va, non è un omertoso, anzi è molto scaltro, li fa accomodare in camera e poi allerta le forze dell’ordine. Vengono arrestati. 

Contemporaneamente cominciano le lunghe ore della solidarietà.

Un cittadino si accorge della terribile situazione, allerta gli altri, avvisa il sindaco, i carabinieri. In pochi minuti sulla buia spiaggia ci sono decine e decine di persone, uno chiama l’altro e comincia la gara. Una catena di solidarietà e di coraggio che vede coinvolto in prima persona proprio il primo cittadino. Il sindaco Gino Murgi non ci ha pensato due volte “non si poteva che fare così, è venuto spontaneo – ci dice – quando vedi persone in difficoltà ti tuffi letteralmente, ti industri in quella che sembra una apocalisse, ma grazie a Dio è stata una tragedia a lieto fine”.  Murgi tante volte ha parlato di “provvidenza che ha guidato i soccorsi” e nel racconto è ancora commosso per quello che ha visto. E’ grato a tutti i cittadini che senza pregiudizio si sono dati da fare. Il sindaco, che ci ha parlato di quelle ore, non fa mistero sui rischi che alcuni hanno corso gettandosi in mare. Ma fatica, paure, pericoli, sono stati cancellati dall’amore e dagli occhi di quelle persone e di quei bambini strappati alla morte. Sono le 4.15 del mattino quando riceve la telefonata dai primi soccorritori per avvisarlo dello sbarco.

Il sindaco Murgi, si precipita di corsa sulla spiaggia dove si è incagliato il veliero, ma non immagina quello che sta per vedere “ho visto un’apocalisse. Scene raccapriccianti in una mattinata freddissima, con il vento di tramontana, il mare agitatissimo. Nel buio si udivano delle grida tremende, donne che urlavano con tutta la forza che gli era rimasta. Due mamme mi sono corse incontro per chiedere di tirare fuori dalla stiva i loro figli”. Un pescatore, Carmelo, che è anche volontario dell’associazione di protezione civile, non ha esitato a buttarsi e a salvare un ragazzo impietrito dal freddo “non riusciva a muoversi” racconta Murgi, e poi ci parla dei finanzieri che hanno salvato anche loro una madre e un  bambino. Nel frattempo chi riusciva a raggiungere la spiaggia grazie all’aiuto di tanti cittadini, dei volontari e delle forze dell’ordine, trovava cuori caldi, pronti ad accogliere,  il vicino albergo ha spalancato le porte per dare ospitalità ai migranti, lo stesso hanno fatto i residenti portando bevande calde e coperte. “Vedere questa catena di solidarietà ancora nel cuore della notte mi dava sollievo” aggiunge il primo cittadino. “Insieme si è potuto dare una risposta ad un problema che poteva essere disastroso e drammatico”. E poi quella corda e quel pattino di salvataggio, lì provvidenzialmente sulla spiaggia, hanno consentito di recuperare le persone in mare in maniera più rapida. Momenti in cui il tempo sembra scorrere velocemente e in cui bisognava agire con lucidità “in quel momento  – spiega il Sindaco – non puoi pensare alla loro provenienza, ai documenti, al colore della pelle, tutto ciò è assurdo, sono momenti in cui a prevalere è l’umanità che è dentro di noi. Oggi purtroppo risulta un fatto straordinario perché affogati e acciecati dalla rabbia accumulata da questioni più effimere”. Prendendo in presito le parole di Isaia “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” il sindaco Murgi si commuove. Non si vergogna di farlo. Vederlo così fa bene anche a noi, fa bene (speriamo) anche a chi ci legge. “Siamo umani.Dobbiamo smetterla di essere un popolo di fatalisti e di rassegnati, possiamo essere un popolo di protagonisti, aperti all’altro”. Quanto accaduto a Torre Melissa ci insegna che “l’amore ha bisogno di gesti, non è qualcosa di astratto ma di concreto, e lo si deve esprimere già in famiglia, con la propria moglie, i propri figli, attraverso dei piccoli gesti che rafforzano la fede all’interno della comunità,  perché il bene è possibile”.

A Torre Melissa la comunità civile e cristiana c’era tutta, qui non si fa distinzione, dice il sindaco, perchè è una piccola realtà e poi cita San Giacomo “la fede, senza le opere è morta”. Gino Murgi è orgoglioso della sua comunità, dei suoi valori umani e cristiani, sa che quello che hanno fatto tutti insieme ha donato speranza a 51 persone. “L’esperienza di Torre Melissa – spiega –  non deve servire a dividere ma a unire su un problema che necessita soluzioni, è un problema ormai epocale e tutti insieme dobbiamo cercare di risolvere alla radice o almeno di arginare questo problema delle migrazioni principalmente per il rispetto alle persone che si mettono in viaggio in condizioni disumane a costo di perdere la propria vita”. Poi fa la sua semplice ma incisiva analisi: “se un padre o una madre si imbarca su un veliero con una bambina di quattro mesi vuol dire che nel suo Paese non ha veramente un briciolo di speranza”. Quegli occhi persi nel vuoto, quei volti in cui si coglieva solo disperazione, le dichiarazioni di quel piazzaiolo, primo a soccorrere e che  dice di non aver dormito per diverse notti dopo lo sbarco, il sindaco di Torre Melissa, non li dimenticherà mai più. Un avvenimento che ti fa vedere la vita sotto un’altra prospettiva. Mi chiedo ogni giorno chissà se dovesse accadere a mio figlio… All’indomani di questa vicenda sono diventato una persona più riflessiva e sotto alcuni aspetti più altruista, anche se lo sono sempre stato per carattere. Questa esperienza mi ha segnato di più perché la sofferenza ti matura. Quando vedi la disperazione negli occhi dell’altro, ti cambia, ti condiziona, in meglio. Sono momenti in cui le sicurezze della vita si sbriciolano, cadono a pezzi”.

A Torre Melissa abbiamo visto il volto di una Calabria diversa da quello che spesso dipingono. Una Calabria che ha dato una grande lezione all’Italia e all’Europa parolaia, burocrate, che prende tempo su un dramma epocale.

Il servizio alla politica come amministratore – dice Gino Murgi –  l’ho sempre inquadrato su un pensiero cioè che la fede è tensione verso l’infinito, è amore, è bellezza, è crescita dell’umanità, non alienazione dell’umano, non distorsione dei valori divini, e se non è alienazione dell’umano per forza è promozione, e se è promozione la metti al centro; e con tutti i miei limiti la comunità mi ama, mi ha eletto per tanti anni. Nella vita penso di essermi svuotato ma allo stesso tempo ho ricevuto tanto. Quando ami il tuo lavoro e ne abbracci la croce ne senti il calore, e quel calore ti rinvigorisce, ti ripaga, ed è stupendo”.  Da Torre Melissa, una bellissima testimonianza di solidarietà, di amore per il prossimo, di apertura verso l’altro, di accoglienza, perchè “la nostra cultura è permeata dai valori cristiani. Oggi si parla di solidarietà di libertà, la Chiesa ha sempre professato,

purtroppo nella società odierna il ruolo della Chiesa incide poco sulla formazione degli uomini. Nessuno è custode dei valori. La Chiesa insieme ad i miei genitori continua ad avere un ruolo fondamentale”.

Il Sindaco Murgi grato alla Conferenza Episcopale Italiana nell’aver espresso parole di elogio per la comunità del crotonese, è altrettanto grato a tutti i rappresentanti della Chiesa i quali “hanno collaborato ad edificare la mia coscienza basata sui valori eterni: l’amore, la solidarietà l’amicizia, la fraternità, l’altruismo, la pace, la libertà, pertanto li esorto a rimanere fedeli e forti a quello che è il mandato della Chiesa. L’Italia se è così è perché siamo cristiani”.