Chiesa
Da Firenze per uscire nel mondo e nella storia
Il Saluto del Cardinale Giuseppe Betori
“È la mia voce che ora ascoltate, sono Santa Maria del Fiore…”È con le parole che il poeta Mario Luzi pone in bocca alla Cattedrale di Firenze, fatta figura della Chiesa, nel suo Opus florentinum, composto in occasione del Giubileo del millennio che la Chiesa di Firenze accoglie i delegati giunti da tutta Italia per il V Convegno Ecclesiale.”In queste parole – prosegue il Cardinale di Firenze Giuseppe Betori nel suo saluto iniziale – si illumina la consapevolezza di mutua appartenenza tra Chiesa e città che trovate rappresentata nelle pareti di questa cattedrale e quella convinta apertura al dialogo tra ricerca dell’uomo e verità cristiana, che Papa Francesco traduce nella felice immagine di Chiesa ‘in uscita’ ”Così davanti ad una Cattedrale gremita di delegati che dalle quattro Basiliche di Santissima Annunziata, Santa Croce, Santa Maria Novella e Santo Spirito il Cardinale hanno raggiunto la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, che il cardinale ha voluto sottolineare come durante il percorso che ha attraversato il Battistero antistante la cattedrale si sia fatta memoria della conformazione a Cristo, per poi uscire nel mondo, nella storia.Da qui l’invito e l’auspicio per questi giorni di lavoro “in cui le parole del nostro poeta devono però entrare in dialogo con quelle di un altro poeta contemporaneo, Rainer Maria Rylke, che nel suo Libro d’Ore dipinge la figura tormentata dell’uomo occidentale, colto nell’emergere della propria affermazione di sé”.Dalla difficoltà della vicenda della ricerca umanistica dell’Occidente la domanda del Cardinale che prospetta le difficoltà di affrontare una simile impresa. Difficoltà che “Henri De Lubac – prosegue il Cardinale – ha denunciato come il Dramma dell’umanesimo ateo: se l’affermazione dell’uomo deve intendersi come il separarsi da Dio, altro esito non c’è che il dramma, la perdizione, il non-senso. Ma non è, questo, un esito ineluttabile, perché nella stessa seminagione del Rinascimento può ben cogliersi un’Alba incompiuta, come si esprime ancora De Lubac con una felice formula. Quel che fu allora pensato non fu senza o addirittura contro Dio. Ciò che mosse i suoi passi da questa città, tra la fine del Duecento e fin tutto il Cinquecento, ebbe le sue radici più proprie in una visione della vita e della storia, che nella fede cristiana riconosceva il vertice del cammino dei popoli e delle culture che l’avevano preceduta e in essa ripensava la classicità, per proiettarsi in progetti futuri.”Da qui la verità a cui l’uomo deve tornare ad attingere come già diceva San Giovanni Paolo II nel suo discorso a Palazzo Vecchio ventinove anni fa sottolineando come “la verità che tanto ci sublima” (Dante Alighieri, Paradiso XXII, 42) debba essere un dovere improrogabile.””Non ci abbandona certamente la consapevolezza – sottolinea ancora il Cardinale – che nell’affermare se stesso l’uomo può anche decadere in forme orrende di disumanizzazione: Siamo eredi di una storia che, specialmente nei secoli a noi più vicini, ha mostrato quanto feroce e brutale possa essere l’umanità. Solo se l’umanesimo riveste i caratteri della carità può sfuggire a questo destino. Ed è quanto mostra la storia di questa città, in cui l’affermazione dell’umano, nelle sue espressioni migliori, ha saputo legare insieme il senso alto della cultura e dell’arte con la cura del debole e l’esercizio della misericordia”.Da qui un passaggio sull’Evangelii gaudium di Papa Francesco che parla di «sostrato cristiano di alcuni popoli – soprattutto occidentali – è una realtà viva. Qui troviamo, specialmente tra i più bisognosi, una riserva morale che custodisce valori di autentico umanesimo cristiano. Uno sguardo di fede sulla realtà non può dimenticare di riconoscere ciò che semina lo Spirito Santo. […]» (n. 68). Con l’affidamento a Maria Santissima, Giovanni Battista, patrono di questa città, Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, santi umanissimi, patroni della nostra Italia, i vescovi Zanobi e Antonino, patroni della Chiesa fiorentina, il Cardinale Betori chiude il suo saluto chiedendo la loro intercessione per questi giorni di Convegno.