Chiesa
Kirill e Francesco, il significato di un incontro
Intervista esclusiva con Riccardo Burigana, direttore del Centro studi per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso, che ritorna sullo storico momento.
A pochi giorni dall’incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill, abbiamo cercato di indagare in significato dell’evento grazie all’aiuto di Riccardo Burigana, direttore del Centro Studi per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso.
Qual è la peculiarità storica dell’incontro tra Francesco e Kirill?
È la prima volta che il Vescovo di Roma, papa della Chiesa Cattolica e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie si incontrano; da anni si parlava di questa possibilità, come un’occasione per approfondire e sviluppare il dialogo ecumenico tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa Russa. C’erano stati incontri, progetti, speranze e delusioni, quando questo incontro sembrava tornare nel mondo dei sogni ecumenici. Si tratta quindi di una prima volta che ha un profondo valore simbolico, oltre che portare con sé delle novità per la riflessione teologica.
Che significato ha l’essere avvenuto non in Europa, e se questa è stata una intuizione importante, e perché?
La scelta di Cuba è particolarmente significativa perché si colloca all’interno di un percorso di riconciliazione che vuole superare le barriere ideologiche del XX secolo senza dimenticare cosa è stato il XX secolo per il mondo e, in particolare, per i cristiani, molti dei quali hanno testimoniato la fedeltà alla Croce di Cristo fino alla morte. In questa scelta può aver anche pesato la storia personale di papa Francesco e del patriarca Kirill: Francesco è stato uno degli artefici del disgelo tra Cuba e gli Stati Uniti, ha visitato, di recente, Cuba prima di recarsi negli Stati Uniti. Anche per Kirill Cuba ha un significato particolare perché è stato lui a inaugurare la Cattedrale ortodossa di Cuba, dove esiste una comunità ortodossa che è il risultato dei rapporti tra Cuba e Unione Sovietica. La scelta di non-incontrarsi in Europa è stata anche motivata con il fatto che in Europa il dialogo ecumenico deve confrontarsi con le ferite storiche delle divisioni; al tempo stesso incontrarsi in America Latina voleva dire aprire nuove prospettive al dialogo ecumenico, alla missione condivisa dei cristiani, al confronto con una società dove i cristiani sono portavoci di progetti per la costruzione di una società fondata sulla giustizia, con uno sviluppo economico rispettoso della salvaguardia del creato.
Che valore ha questo incontro alla luce del pontificato di Francesco e all’interno del percorso della Chiesa in materia di ecumenismo?
Fin dall’inizio del suo pontificato papa Francesco ha posto grande attenzione alla ricerca e alla costruzione dell’unità visibile della Chiesa; in questi anni sono stati numerosi i suoi incontri ecumenici, proseguendo, in molti casi, il cammino che Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano percorso nella prospettiva della recezione del concilio Vaticano II, che ha segnato una svolta nella definizione della partecipazione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico. In altri casi sono state delle “prime volte” che hanno lasciato intravedere nuove prospettive per un ulteriore sviluppo del dialogo ecumenico.
Si dice che nella mediazione e nel dialogo ognuno rinunci a qualcosa. A cosa ha rinunciato Francesco?
Nella Chiesa Cattolica il dialogo ecumenico, così come è emerso dal Vaticano II e dalla sua recezione, non è occasione di rinunciare a qualcosa, ma di condividere tutto, proprio tutto, in una prospettiva della “gerarchia delle verità”, per riprendere un’altra espressione del Vaticano II, in modo da cogliere la complessità delle singole tradizioni, cogliendo tutto quello che già unisce i cristiani e quello che ancora li divide. Papa Francesco insiste molto sulla dimensione ecumenica della testimonianza di fede nella vita quotidiana delle comunità.
La dichiarazione comune e l’unità. Un percorso solo su specifici temi magari sociali o si può auspicare anche qualche passo avanti nella teologia?
La Dichiarazione comune, sottoscritta da papa Francesco e dal patriarca Kirill, è molto ricca, tocca una serie di questioni sui cui c’è un dibattito molto vivo nel mondo ecumenico, non solo nel dialogo tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse. Tra i tanti punti affrontati nella Dichiarazione, dove si fa il punto dello stato del dialogo tra Roma e Mosca e si indicano delle prospettive da sviluppare in modo da rendere sempre più concreto il dialogo ecumenico; su questa dimensione sono tornati papa Francesco e il patriarca Kirill nelle parole che hanno pronunciate subito dopo la firma della Dichiarazione. Nella Dichiarazione si parla anche dei greco-cattolici e dell’Ucraina, con degli accenti molto positivi, recependo documenti del dialogo e lasciando aperta la strada per ulteriori riflessioni e atti in modo da recuperare un’armonia spirituale e da costruire la pace.
Dal Papa al singolo fedele. Come ci si può impegnare per favorire il dialogo ecumenico e quale l’impegno del Centro che lei presiede?
Papa Francesco ha a cuore la dimensione quotidiana dell’ecumenismo; questa non è una novità, perché anche i suoi predecessori avevano posto l’accento su questa dimensione, cioè non si poteva essere “ecumenici” solo una volta all’anno oppure delegare a qualcuno il dialogo ecumenico, ma l’ecumenismo doveva essere un elemento centrale della riflessione teologica e pastorale. Papa Francesco ci insiste molto, ricordando l’importanza della preghiera e della testimonianza. Il Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia, che opera dal 2008 a Venezia e dal 2011 è ospitato e sostenuto dalla Fondazione Giovanni Paolo II, è impegnato nella promozione delle iniziative ecumeniche in Itala, in particolare con la redazione di una newsletter mensile. Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia, e nel recupero e lo studio della memoria storica del dialogo ecumenico in Italia, dal momento che, a volte, non si ha la percezione di quanto si faccia, e si sia fatto, per la promozione e per la crescita dell’ecumenismo grazie a figure e luoghi, che hanno seminato la gioia dell’incontro, dell’accoglienza e del dialogo nella condivisione dei doni del Signore.