Editoriali
Sintonizziamo il ritmo del cuore su quello di Cristo
Proviamo a ritornare al cuore e ritroveremo la sorgente della fede che quel giovane discepolo aveva sentito battere ad un ritmo diverso da tutti gli altri.
Ci ha amati di un amore vero! Riprendendo un versetto della Lettera ai romani, Papa Francesco ha firmato la sua quarta enciclica sul cuore di Cristo. Non si tratta di una lettera devozionale, che invita a riprendere solo quelle che sono le pie pratiche legate all’esperienza della fede popolare che nell’Ottocento ebbe il suo picco massimo anche con la nascita di tantissime congregazioni che hanno collegato il loro carisma a cuore di Gesù. Il Santo Padre, in realtà, ci ha voluti prendere per mano e ci ha portati alla sorgente dell’amore, ci ha amorevolmente spinti ad affacciarci sulla finestra che è stata spalancata sulla croce, un affaccio sicuro del quale tanti mistici si sono fatti annunciatori. Se vero che c’è una teologia del popolo è anche vero che c’è un percorso fondativo di essa: ecco allora la buona notizia di sempre, quella dal sapore apostolico e paolino:
Dio ti ama, Dio ti vuole bene, Cristo è venuto a dirti che gli stai a cuore.
In un tempo in cui sembra che l’uomo abbia abdicato all’amore, dove il male si fa strada, la cattiveria sembra vincere,
Papa Francesco è tornato a ricordarci che “un cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo”.
Ci viene ricordato, insomma, che la nostra fede e la nostra speranza sono una questione di cuore, una questione d’amore. È quest’amore che spinge in avanti i passi dei missionari, è questo amore che spinge la carità dei credenti, è ancora questo amore che lascia inquieti di fronte alle ingiustizie. Storicamente per esprimere l’amore viene utilizzato il simbolo del cuore; lo si fa tra innamorati, tra persone che si vogliono bene, ma ancor più questo simbolo è stato utilizzato in quella che qualcuno chiama indica come “teologia (pop)olare”, per parlare di Dio, per toccare le corde di una realtà di cui l’uomo ha sempre bisogno, ha ancora bisogno. La professione d’amore per Dio e per il fratello sono molto concrete; non si può dire di amare una persona o di amare il Signore senza farlo passare nella carne, nella propria esperienza di vita, senza che questo annuncio passi dalla sfera dai sentimenti conclamati alla concretezza di esperienza che ti coinvolge. Somiglierebbe, dice Francesco, alle classiche “bugie” di carnevale, dolci gonfi e zuccherati, belli da vedere ma vuoti dentro e che si sfaldano al primo morso.
L’individualismo malsano di una società liquida, la svalutazione della centralità dell’uomo, soprattutto dei poveri e degli ultimi, l’incapacità di guardare negli occhi chi è bastonato dalla vita e di aprirgli le braccia, può invece trovare la sua cura proprio ripartendo dal cuore, “riponendo tutte le nostre azioni sotto il dominio del cuore”, scrive il Papa.
L’Enciclica del Papa è costellata da citazioni di santi che, nei due millenni di cristianesimo che abbiamo alle spalle, si sono riferiti all’amore di Dio passando dal simbolismo richiamato dalla lettera; è una lettura alquanto interessante che apre alla valutazione del “cuore” in maniera multidisciplinare e armonica. Passare dalla sola biologia, ad esempio, per valutare il cuore permetterebbe all’uomo di cogliere solo la dimensione corporale di un organo importantissimo e vitale, così come leggere il cuore dal solo punto di vista psicologico, porterebbe ad una parziale presa di coscienza di sentimenti e azione da esso motivate.
Papa Francesco ci invita piuttosto a riversare amore nelle cose che facciamo, ad immettere l’amore di Dio di cui abbiamo fatto esperienza nella vita quotidiana nel terribile quotidiano. Solo il cuore, inteso come amore, è capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ed “è ciò che il Vangelo esprime nello sguardo di Maria, che guardava con il cuore.
Ella sapeva dialogare con le esperienze custodite meditandole nel suo cuore, dando loro tempo: rappresentandole e conservandole dentro” per riportare tutto a quel cuore, il cuore di Dio. Forse è tempo, anche per noi credenti, di portare tutto al cuore: progettualità, sogni, speranze, passioni apostoliche e nuove avventure di carità guidate dalla fantasia dell’evangelizzazione. Proviamo a ritornare al cuore e ritroveremo la sorgente della fede che quel giovane discepolo aveva sentito battere ad un ritmo diverso da tutti gli altri. Ascoltiamo il ritmo del cuore di Gesù e su questo ritmo sintonizziamo il nostro.