Vivere il futuro e valorizzare l’8xMille

La passione collettiva di questa epidemia drammatica, vissuta nella solitudine o nella ristrettezza di spazi, di affetti, di amicizia, non può essere ricacciate in gola al Paese. Competenza, sensibilità politica e carità cristiana mai come ora dovranno sedersi intorno ad un tavolo comune.

Mentre continuiamo a contare i nostri morti, sale l’ansia per tutto quello che bisogna fare per evitare una dura depressione economica e sociale. In queste settimane parliamo di “guerra” e di “ricostruzione”, ma l’epidemia sposta il nostro orizzonte di cittadini e di cristiani molto oltre l’orizzonte bellico, in un futuro ancora più complicato. I virus e i fallimenti di una certa globalizzazione ci richiamano al nostro dovere fondamentale di essere umani: aver cura dei beni comuni, costruire buone leggi, proteggere i più deboli. Da tempo gli scienziati avevano annunciato che l’alterazione colpevole del nostro ecosistema avrebbe reso sempre più probabile un big crash epidemico dagli effetti disastrosi, anche sul piano politico, mettendo a rischio le nostre libertà.

Papa Francesco nella sua ultima enciclica ha riproposto ai cristiani il compito “teologico” di lottare affinché si ristabilisca un rapporto migliore tra la natura e la storia, sorelle nel progetto divino di un umanesimo integrale.

Il proposito cristiano della promozione umana impone di adattare il pensiero e l’azione ai bisogni, aprendosi a tutte le competenze migliori. Se questo è vero, ai cattolici italiani si presenta l’occasione di ripensare la presenza della Chiesa nella società, ad esempio introducendo qualche innovazione nel modo di fornire aiuto e sostegno agli indigenti, nel curare gli anziani, nel proteggere i minori e le donne, in modo da valorizzare l’otto per mille, che è lo strumento finanziario che consente alla Chiesa italiana di svolgere in autonomia la propria missione.

Nel 1984 la Repubblica italiana ha concordato con la Chiesa cattolica un innovativo meccanismo di finanziamento (esteso poi anche alle altre Confessioni) che, attraverso la fiscalità generale e sulla base di una espressa volontà dei cittadini, trasferisce alle Chiese l’otto per mille della loro imposta personale sul reddito. Si tratta di un meccanismo che in realtà vale anche per determinate finalità sociali dello Stato e che è stato replicato anche in altri ambiti, come il non profit, la ricerca scientifica, il finanziamento ai partiti ecc…

La Cei riceve dall’otto per mille circa un miliardo di euro all’anno. La maggior parte delle risorse garantisce spese obbligatorie, non comprimibili, la più importante delle quali è quella per il sostentamento del clero. Concretamente, ciò che ogni sacerdote riceve per vivere è più o meno pari a quello che molti cittadini ricevono, non sempre meritatamente, con il tanto discusso Reddito di cittadinanza. E i sacerdoti, in molti casi, donano anche il poco che ricevono. Senza contare che, purtroppo, restano escluse dal beneficio le religiose che spesso vivono in comunità molto povere. C’è comunque una parte significativa dell’otto per mille che viene impiegata sulla base delle decisioni collegiali dei vescovi e che può essere rimodulata.

Sull’otto per mille si dicono e si pensano cose errate, anche se è legittimo cercare di migliorare lo strumento, sempre che lo si faccia secondo le intenzioni e nel quadro delle norme per cui è stato pensato. In Europa i sistemi di sostentamento del clero sono diversi, ma in tutti i grandi Paesi si è disposto che la vita religiosa sia riconosciuta come un servizio, anche pubblico. Il principio è importante perché garantisce Chiese più libere e auspicabilmente più responsabili.

Questo momento di emergenza nazionale suggerisce di intensificare gli sforzi per restituire alla collettività l’otto per mille, attraverso aiuti straordinari alla Caritas e alle diocesi.

Sarebbe tuttavia opportuno fin da ora studiare nuove forme di sostegno sotto forma di cofinanziamento ad attività imprenditoriali e assistenziali promosse e gestite dalle comunità, dal terzo settore, così da raggiungere ambiti non ancora esplorati e ottimizzare le risorse già destinate. Non più soltanto aiuti a fondo perduto, ma anche altri strumenti: compartecipazioni in attività, prestiti alimentati da un fondo rotativo che si rigenera, accollo degli interessi dovuti per affidamenti o finanziamenti di lungo termine… Sono strumenti ormai d’uso corrente anche in ambito pubblico. Il tutto attraverso uno snello sistema di bandi e chiamate che già funziona nell’ambito della ricerca, dell’innovazione, dell’università, delle onlus. All’interno degli uffici centrali della Cei, una parte importante del lavoro potrebbe essere affidata ad una serie di Osservatori o Comitati costituiti da esperti, capaci di progettare e di valutare le proposte e i progetti. I media della Cei troveranno motivo per individuare e presentare all’opinione pubblica quegli esempi virtuosi che concorreranno alla circolazione di buone pratiche sociali.

Procedere nella direzione di una ridefinizione del quadro e delle modalità di impiego di una parte dell’otto per mille sarebbe anche il modo più efficace per interpretare il principio di sussidiarietà che guida il modello sociale europeo.

Le difficoltà che l’Italia incontrerà nel superare il vuoto d’aria in cui stiamo entrando, con la proletarizzazione di quel ceto medio che ha permesso al Paese di reggersi, richiederanno di ripensare il welfare e di far emergere energie nuove. Sarà ancora una volta l’impegno dei cittadini a salvare lo Stato e non viceversa. Tutto ciò richiede un supplemento di intelligenza e di competenza.

Se la Chiesa italiana saprà costruire modelli intelligenti di compartecipazione ad iniziative promosse nella società, sarà anche possibile dimostrare che è indispensabile adattare la legislazione in modo da restituire ai cittadini maggiore libertà e flessibilità nell’impegnarsi in attività il cui fine principale non è solo il profitto privato.

La passione collettiva di questa epidemia drammatica, vissuta nella solitudine o nella ristrettezza di spazi, di affetti, di amicizia, non può essere ricacciate in gola al Paese. Competenza, sensibilità politica e carità cristiana mai come ora dovranno sedersi intorno ad un tavolo comune.