Udienza generale, Francesco: la carezza agli anziani

Una società dove non c’è posto per gli anziani, dove gli anziani vengono scartati perché creano problemi, porta con sé il virus della morte.

“Gli anziani sono una ricchezza, non si possono ignorare”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, all’inizio da catechesi di oggi, che come quella di mercoledì prossimo – ha annunciato – è dedicata agli anziani, “che nell’ambito della famiglia sono i nonni”. “Una società dove non c’è posto per gli anziani, dove gli anziani vengono scartati perché creano problemi, porta con sé il virus della morte”, ha esclamato sempre fuori testo Francesco spiegando come “l’attenzione agli anziani fa la differenza di una civiltà” e citando Benedetto XVI, che visitando una casa per anziani disse: “La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune”.

“Grazie ai progressi della medicina la vita si è allungata”, ha esordito il Papa: “La società, però, non si è ‘allargata’ alla vita!”. “Il numero degli anziani – ha proseguito – si è moltiplicato, ma le nostre società non si sono organizzate abbastanza per fare posto a loro, con giusto rispetto e concreta considerazione per la loro fragilità e la loro dignità. Finché siamo giovani, siamo indotti a ignorare la vecchiaia, come se fosse una malattia da tenere lontana; quando poi diventiamo anziani, specialmente se siamo poveri, malati e soli, sperimentiamo le lacune di una società programmata sull’efficienza, che conseguentemente ignora gli anziani”. “È brutto vedere gli anziani scartati, è una cosa brutta, è peccato!”. Lo ha esclamato, a braccio, il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha stigmatizzato questa pratica: “Non si osa dirlo apertamente, ma lo si fa, siamo abituati a scartare gente”, ha detto. “In Occidente, gli studiosi presentano il secolo attuale come il secolo dell’invecchiamento”, ha ricordato Francesco: “I figli diminuiscono, i vecchi aumentano. Questo sbilanciamento ci interpella, anzi, è una grande sfida per la società contemporanea”. La “cultura del profitto”, invece, “insiste nel far apparire i vecchi come un peso, una zavorra”, perché “non solo non producono, ma sono un onere: insomma, vanno scartati”. “C’è qualcosa di vile in questa assuefazione alla cultura dello scarto”, ha ammonito il Papa: “Vogliamo rimuovere la nostra accresciuta paura della debolezza e della vulnerabilità, ma così facendo aumentiamo negli anziani l’angoscia di essere mal sopportati e abbandonati”.

“Gli anziani sono abbandonati, e non solo nella precarietà materiale”, la denuncia del Papa: “Sono abbandonati nella egoistica incapacità di accettare i loro limiti che riflettono i nostri limiti, nelle numerose difficoltà che oggi debbono superare per sopravvivere in una civiltà che non permette loro di partecipare, di dire la propria, né di essere referenti secondo il modello consumistico del soltanto i giovani possono essere utili e possono godere”. Come prova di questo atteggiamento, Francesco ha citato il suo ministero a Buenos Aires, dove ha “toccato con mano questa realtà con i suoi problemi”. “Io ricordo – ha detto – quando visitavo le case di risposo, parlavo con ognuno e tante volte ho sentito quello: ‘Come sta?’. ‘Bene’. ‘E i suoi figli, vengono a trovarla?’. ‘Sì, sempre vengono’. ‘Quando è stata l’ultima volta?’. ‘A Natale’. Eravamo in agosto…”. “Otto mesi senza essere visitati dai figli: questo si chiama peccato mortale!”, ha esclamato il Papa salutato da un applauso. 

Poi Francesco, continuando fuori testo, ha citato la storia “di un uomo anziano che nel mangiare si sporcava, perché non si poteva portare il cucchiaio alla bocca, e così il figlio aveva deciso di spostarlo dalla tavola comune in cucina, dove non si vedeva e così non faceva brutta figura quando venivano persone a pranzo o a cena”. “Qualche giorno dopo – ha raccontato il Papa – il figlio più piccolo stava giocava con martello e chiodi, e il papà gli ha chiesto: ‘Cosa fai?’. ‘Faccio un tavolo – la risposta – per averlo quando tu diventi anziano, così tu puoi mangiare lì’”. “I bambini hanno più coscienza di noi”, ha commentato il Papa, secondo il quale “questi anziani dovrebbero invece essere, per tutta la società, la riserva sapienziale del nostro popolo. Con quanta facilità si mette a dormire la coscienza quando non c’è amore”.  “L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi, e se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così ci tratterranno a noi!”. Il Papa ha concluso la catechesi dell’udienza generale di oggi affermando che “una società senza prossimità, dove la gratuità e l’affetto senza contropartita – anche fra estranei – vanno scomparendo, è una società perversa”. “La Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non può tollerare queste degenerazioni”, ha proseguito: “Una comunità cristiana in cui prossimità e gratuità non fossero più considerate indispensabili, perderebbe con esse la sua anima. Dove non c’è onore per gli anziani, non c’è futuro per i giovani”, ha ammonito. “Fragili sono un po’ tutti, i vecchi. Alcuni, però, sono particolarmente deboli, molti sono soli, e segnati dalla malattia. Alcuni dipendono da cure indispensabili e dall’attenzione degli altri”, l’analisi del Papa: “Faremo per questo un passo indietro?, li abbandoneremo al loro destino?”, si è chiesto, ricordando che “nella tradizione della Chiesa vi è un bagaglio di sapienza che ha sempre sostenuto una cultura di vicinanza agli anziani, una disposizione all’accompagnamento affettuoso e solidale in questa parte finale della vita”. “La Chiesa non può e non vuole conformarsi ad una mentalità di insofferenza, e tanto meno di indifferenza e di disprezzo, nei confronti della vecchiaia”, ha assicurato il Santo Padre: “Dobbiamo risvegliare il senso collettivo di gratitudine, di apprezzamento, di ospitalità, che facciano sentire l’anziano parte viva della sua comunità”. “Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto, riserva sapienziale del nostro popolo”.