Sindone: un segno che aiuta a vivere la fede

Visita - in anteprima per i giornalisti - al sacro telo. Da domani, e fino al 24 giugno, arriveranno a Torino migliaia di pellegrini, per ammirare l'immagine dell'"Uomo dei dolori". L'emozione di mons. Nosiglia, arcivescovo del capoluogo piemontese. Il biblista Ghiberti: "La Chiesa non ha la competenza diretta per stabilire l'autenticità" del lenzuolo, che però "è un segno: conta per ciò a cui rimanda", a Cristo morto sulla croce.

Per i giornalisti comincia in Duomo, con un percorso a ritroso rispetto agli altri pellegrini, l’Ostensione della Sindone. “È il momento più importante del mio servizio episcopale”, dice con voce commossa monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino. È la prima Ostensione, per lui, in veste di Custode della sacro telo: lo ricorda alle centinaia di giornalisti che affollano la cattedrale, nelle prime ore della mattina.Lo sguardo di Gesù. I cronisti presenti sanno di essere privilegiati, rispetto ai due milioni di pellegrini – queste le previsioni fino ad oggi – che da domani alle 16, dopo la Messa del mattino celebrata dall’arcivescovo sempre in Duomo, cominceranno ad affluire per contemplare il lenzuolo in cui è stato avvolto l’“Uomo dei dolori”. Esattamente sotto la Sindone, per i 67 giorni dell’Ostensione, che si protrarrà fino al 24 giugno, sarà a disposizione dei visitatori il “Compianto sul Cristo morto” del Beato Angelico. Ciò di cui è testimonianza la Sindone, ha detto mons. Nosiglia, è “un amore così grande che non si è lasciato vincere dal male. Anche sulla Croce l’amore di Dio è sempre più forte di ogni avversità”. La Sindone “non è la contemplazione di un morto, ma di una persona, Gesù, che attraverso il dono di sé che ci ha dato la vita. Non siamo noi che contempliamo, ma è Lui che ci fa capire che ci sta guardando”, ha aggiunto sulla scorta delle parole pronunciate da Papa Francesco durante l’Ostensione televisiva del 2013: “Lasciamoci raggiungere da questo sguardo che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore”. Il 21 e 22 giugno Francesco sarà qui, per “venerare la Sindone e rendere onore a san Giovanni Bosco”, nel secondo centenario della nascita. L’attesa è cominciata.Attenzione a disabili e malati. Una statua, in alluminio, che riproduce la Sindone per i non vedenti: è una delle novità che i pellegrini che accorreranno per l’Ostensione della Sindone troveranno nel percorso di 850 metri che da piazzale Partigiani li condurrà al Duomo. Nel tratto finale, c’è la sala della “pre-lettura” della Sindone, dove un filmato illustra nel dettaglio le parti dell’immagine destra e sinistra del corpo avvolto nel telo, in modo che quando pochi minuti dopo i pellegrini sfileranno davanti al sudario possano immediatamente vedere e riconoscere. Lungo tutto l’itinerario di avvicinamento alla Sindone, che i pellegrini potranno percorrere tutti i giorni (tranne il 20 e il 21 giugno, in occasione della visita del Papa), dalle 7.30 alle 19.30, i grandi pannelli dei “Santi sociali” di Torino, a partire dai due dedicati a don Bosco (di cui si celebrano i 200 anni dalla nascita) fino al pannello dedicato alla beatificazione più recente, quella di Chiara Badano. Particolare attenzione verrà riservata ai malati e ai disabili, per i quali – per la prima volta a Torino – sono stati realizzati due “accueil”, sul modello di Lourdes. Ogni giorno, i volontari – 4.600 in tutto – saranno a disposizione per la corsia “prioritaria” a loro riservata. Due le “penitenzierie” a disposizione per le Confessioni: una davanti al Duomo, in piazza san Giovanni, e l’altra nella chiesa dello Spirito Santo, in via Porta Palatina.Occhi chiusi, eppure… Il volto dell’“Uomo dei dolori” ha gli occhi chiusi. Eppure, ci guarda. E noi riusciamo a ricambiare il suo sguardo soltanto se non ci lasciamo prendere dall’ossessione dell’autenticità. Lo spiega, con delicatezza, devozione e rispetto monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente onorario della Commissione diocesana per l’ostensione della Sindone, biblista, tra i più affermati studiosi delle corrispondenze tra Sindone e Vangeli. È lui la guida dei giornalisti nella chiesa del Santo Sudario, che prende il nome dall’omonima Confraternita, fondata nel 1898, vent’anni dopo l’arrivo della Sindone a Torino. È in questa chiesa, alla quale è annesso il Museo della Sindone, che si custodisce il telo: ora che la Sindone è in Duomo per l’Ostensione, ne rimane una fedele riproduzione nella cornice originale dei Savoia. “Il mio cuore fa il tifo che appartenga a Gesù”, confessa monsignor Ghiberti, che tiene però soprattutto a precisare che la contrapposizione tra chi è “pro” o “contro” la Sindone, tra i tifosi e gli increduli, è impropria e indebita: l’“unicum” del lenzuolo non è tanto il tessuto, certamente molto resistente per l’epoca, ma l’immagine. “La Chiesa non ha la competenza diretta per stabilire l’autenticità della Sindone”, che spetta agli studiosi, come aveva ricordato Giovanni Paolo II, ma la Sindone “è un segno: non conta per se stesso, conta per ciò a cui rimanda. E può essere un aiuto a vivere la fede”. “Avevo un quadro della Sindone in casa, e mia madre me ne raccontava la storia senza problemi”. Poi, con il crescere dell’età e gli studi biblici, “mi sono reso conto che c’era una corrispondenza innegabile con il Vangelo”. Immagine nuda e in bianco e nero. L’uomo della Sindone è nudo, sottolinea monsignor Ghiberti, suggerendo d’immedesimarsi nel senso di vergogna e di umiliazione che può aver provato la Madonna, sicuramente divenuta oggetto, in quel momento, di pubblico ludibrio. Quanto all’impatto del lenzuolo sui pellegrini che accorreranno, Ghiberti tiene a dire che “non si viene a contemplarlo per cercare effetti speciali”. Anche l’immagine è nuda, perché non c’è colore: anzi, ciò che la caratterizza è proprio l’assenza di colore. Segno dell’umiliazione, della debolezza totale, dell’annientamento dell’umano, unico preludio possibile alla Resurrezione. “La Sindone è il segno della centralità dell’incarnazione”. Il Crocifisso che è Risorto è il sigillo della storicità del cristianesimo, l’unica religione che ha scelto di entrare nella storia degli uomini per farli passare dall’ombra alla luce.