Chiesa
A noi francescani mostra il rapporto tra ecologia e giustizia
Joseph Rozansky guida l’Ufficio generale dei Frati minori per la giustizia, la pace e l’integrità del creato: "È urgente la creazione di un nuovo paradigma per il nostro mondo che oltrepassi il consumismo e la crescita senza limiti. Superare l’abisso tra i ricchi e i poveri è un imperativo". Sottolineata la "responsabilità politica" dei frati e l’adozione di uno "stile di vita sostenibile".
“Francesco non utilizzava le creature ma si poneva al loro fianco. Non sfruttava la terra ma se ne prendeva cura. È questo approccio che vorremmo testimoniare con la nostra vita”. Fr. Joseph Rozansky ha un cognome polacco ma è nato oltreoceano. Per anni direttore del programma di post-noviziato francescano nel Maryland e poi dei postulanti nel Bronx, è ora alla guida dell’Ufficio generale dei Frati minori per la giustizia, la pace e l’integrità del creato. All’enciclica “Laudato si’” ha contribuito con una riflessione redatta dall’Ordine e consegnata al Papa in occasione dei 35 anni di san Francesco quale patrono dei cultori dell’ecologia: “Nel nostro piccolo, abbiamo voluto dare un apporto. Non l’ho ritrovato espressamente leggendo il testo ma dall’enciclica traspare appieno lo spirito francescano”. Tra i progetti sostenuti nel mondo dai Frati minori per la difesa dei poveri e del creato, “Franciscans International” è un’organizzazione non governativa che è in prima linea nel dare voce agli oppressi e rappresentare le loro istanze presso le Nazioni Unite: “La povertà estrema e la questione ecologica sono temi pressanti”. Il Papa sostiene una “ecologia integrale” che comprenda le dimensioni umane e sociali…“La conversione ecologica è necessaria ma non sufficiente. Come frati vorremmo proporre un modello di vita che difenda il creato e sia rispettoso dell’uomo. Per fare questo, però, sono necessarie altre tre conversioni: una personale con Dio; una interpersonale con gli altri; e una politica che constasti le ‘strutture di peccato’ della società”. Francesco parla di “un’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta”…“Ho lavorato dieci anni in Brasile e non credo di sbagliare nel ritenere che il Papa manifesti un’opzione preferenziale per i poveri a ragione della sua esperienza pastorale in Argentina e America Latina. Il tema dei poveri è centrale, direi decisivo per la Chiesa. Esiste un collegamento imprescindibile tra ecologia e giustizia. Non ci limitiamo a pensare alla natura in sé ma guardiamo le relazioni che le persone instaurano con essa”. C’è un “debito ecologico” tra il Nord e il Sud del mondo?“Certamente e Papa Francesco ci sfida a trovare soluzioni nuove. Bisogna anzitutto riconoscere la dignità di ogni persona. Dobbiamo lavorare insieme ai poveri e non per loro. ‘Un altro mondo è possibile’ è lo slogan del Forum sociale mondiale ed è anche il nostro impegno quotidiano. È urgente la creazione di un nuovo paradigma per il nostro mondo che oltrepassi il consumismo e la crescita senza limiti. Superare l’abisso tra i ricchi e i poveri è un imperativo”. Quali sono le “gravi responsabilità” della politica internazionale e locale?“Talvolta è difficile parlare di questi temi anche con i nostri frati, perché si tende a pensare che l’attività dei religiosi debba essere soltanto di tipo spirituale. Ma non è così: abbiamo una responsabilità politica. Non possiamo limitarci a dare le cose ai poveri ma dobbiamo lavorare con loro alla costruzione di un mondo diverso. ‘Advocacy’ è la parola chiave, un’attività di patrocinio e sostegno dei più deboli che non si limiti alla carità. Negli Stati Uniti, ad esempio, abbiamo istituito un’organizzazione non-profit composta da suore, frati e laici. Si chiama Franciscan Action Network ed è una rete francescana che ha l’obiettivo di porre l’attenzione su problematiche delicate che vedono la Chiesa coinvolta: immigrazione, cambiamento climatico, tratta degli esseri umani. Lavoriamo per sfidare la politica su terreni inesplorati, richiamando costantemente la centralità dei poveri”. “Semplici gesti quotidiani” possono aiutare a spezzare la logica dello sfruttamento?“Per cambiare l’attuale modello di sviluppo occorre partire dal nostro stile di vita e modificare quei comportamenti quotidiani che, talora inconsciamente, contribuiscono al deterioramento dell’ambiente. Da alcuni anni abbiamo dato indicazioni precise a tutti i nostri frati. Le comunità religiose possono giocare un ruolo importante nel testimoniare uno stile di vita sostenibile, sull’esempio di san Francesco. Si tratta di pochi punti dedicati all’utilizzo dell’acqua e dell’energia, alla gestione dei rifiuti, alle modalità di trasporto, all’alimentazione, al commercio solidale e alla preghiera. Le cose piccole sono talvolta le più difficili da cambiare”. Che effetti produrrà l’enciclica di Francesco?“Di sicuro raddoppieremo gli sforzi compiuti finora ma dobbiamo anche fare i conti con la realtà. Negli Stati Uniti ci sono vescovi e cardinali che non accettano quello che il Papa dice, e questo accade anche in altre parti del mondo. Le persone comuni, però, credono alle parole del Santo Padre. Due settimane fa ho accompagnato in Vaticano un gruppo di brasiliani che lavorano con i lebbrosi. Francesco li ha ricevuti e si è intrattenuto tanto tempo con due malati. È un Papa che incoraggia la speranza”.