Basilea, tentativo di pastorale nelle zone tabù

La Chiesa cattolica vuole avvicinare un'altra periferia: i lavoratori del sesso che operano nelle 902 case del sesso in attività o si prostituiscono per strada. Sarah Biotti, coordinatrice del progetto, dovrà selezionare una persona che si dedicherà a tempo pieno a questa attività: "Non dovrà svolgere attività di recupero sociale, bensì offrire accompagnamento pastorale e spirituale".

Le comunità cattoliche della regione di Basilea cercano, mediante un bando, una persona che dal 1° gennaio 2016 si dedichi al lavoro pastorale nelle “zone tabù”, vale a dire con i “lavoratori del sesso”, chi si prostituisce giorno e notte nelle strade e nei bordelli della regione. Secondo uno studio pubblicato all’inizio di luglio (“Esercizi a luci rosse come via d’accesso per il traffico umano?”), in Svizzera sarebbero 902 le case del sesso attive (1.879 quelle registrate presso la Polizia, ma trattandosi di “imprese” a volte molto piccole, se non private, i dati subiscono continue mutazioni). Quotidianamente vi lavorano in media 4.700 persone, per il 60% donne, per la maggior parte svizzere o tedesche. Secondo lo studio, l’alta redditività di quest’occupazione (attorno ai 120mila franchi lordi l’anno) fa sì che sia un ambito di “mercato” che consente ai lavoratori periodi brevi di attività, generando un fatturato annuo tra 500 milioni e un miliardo di franchi. Quanto alla prostituzione di strada, stime della Polizia dicono che è praticata solo in 9 dei 26 cantoni elvetici, impegnando in media 250 persone al giorno, per la maggior parte ragazze di Bulgaria, Ucraina, Romania. A parte Zurigo, dove le prostitute devono acquistare un permesso per esercitare in strada, questa è la palude in cui, anche nella rigorosa Svizzera, si radica il sommerso, l’illegalità, la violenza, lo sfruttamento. Le cifre sui clienti sono molto più incerte: da 2,2 a 6,7 milioni di “prestazioni” l’anno; 125mila sono gli uomini che frequentano regolarmente night club, centri benessere o palestre dove trovano lavoratori del sesso con tanto di contratto di lavoro. Ecco l’opinione di Sarah Biotti, coordinatrice del progetto “pastorale nelle zone tabù” e che dovrà selezionare la persona che svolgerà tale servizio nei prossimi tre anni. Perché è nata la necessità di far partire nella vostra regione questo progetto? “La Chiesa cattolica e quella riformata si sono rese presenti in un ‘ambito tabù’ tanto tempo fa, con la ‘parrocchia Aids’. Oggi questo ambito non è più così tanto stigmatizzato e le condizioni di vita delle persone colpite sono migliorate molto. Per questo la Chiesa cattolica ha deciso di orientare in modo nuovo la propria attenzione, facendosi presente in un’altra periferia della società, secondo il messaggio di Papa Francesco. È da molto tempo che chi lavora nella pastorale chiede in modo esplicito di occuparsi dell’ambito ‘lavoro sessuale’, perché è un punto dolente nella società. Si discute sempre di più di lavoro sessuale sia nell’opinione pubblica sia nella Chiesa”. Di quante persone stiamo parlando, per la regione di Basilea? “Si tratta di circa 2.500 uomini e donne che nella regione di Basilea svolgono un lavoro sessuale. Molte, soprattutto donne, arrivano dall’Europa orientale, dall’America centrale e meridionale, dall’Africa, ma anche dalla Germania”. A quali bisogni dovrà rispondere la persona che si occuperà del progetto? “Non dovrà svolgere, ad esempio, attività di recupero sociale, bensì offrire accompagnamento pastorale e spirituale”. Che tipo di persona cercate per questo incarico? “Il posto di lavoro è finanziato da un’istituzione cattolica, ma è aperto a chiunque, cattolico o riformato. Cerchiamo una persona che abbia competenze teologiche, conosca bene la città e la regione, sia flessibile, curiosa e aperta rispetto a questo tema, abbia fatto un percorso di maturazione rispetto alla propria sessualità, conosca le lingue, sia solida, ma abbia uno spirito pionieristico nel tentativo di accostare queste persone inventando un nuovo modo di fare pastorale”. Dove sarà il suo luogo di lavoro? “La persona che selezioneremo avrà il suo ufficio vicino ad altre Ong che offrono consulenza di varia natura per i lavoratori del sesso. La sede è proprio nella zona a luci rosse di Basilea. L’obiettivo è di rendere possibile in modo semplice e immediato l’accesso per i lavoratori del sesso. Ma dovrà anche andare in giro. Sarà l’esperienza a dire che cosa avrà senso fare”. Dovrà lavorare di notte? “Il lavoro sessuale non ha orario, è esercitato anche di giorno. Certo, sarà importante che questa persona sia flessibile nel proprio orario di lavoro: in quest’ambito non si potrà avere un orario d’ufficio definito”. Come incontrerà le persone? “È importante aprire spazi per le storie personali. Come concretamente ciò avverrà, lo racconteremo volentieri tra un anno, quando saranno state fatte le prime esperienze”.