La Chiesa non rivendica privilegi ma si impegna per la nazione

Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano

“I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro”. Parola del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che aprendo la Settimana sociale di Trieste, davanti al presidente Mattarella, ha declinato in particolare due parole – partecipazione e solidarietà – per tratteggiare un ritratto dei cattolici in Italia come “un unico popolo”, che guarda “con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla”. “La partecipazione, cuore della nostra Costituzione, consente e richiede la fioritura umana dei singoli e della società, accresce il senso di appartenenza, educa ad avere un cuore che batte con gli altri, tra le differenze”, l’analisi di Zuppi, che ha ringraziato il Capo dello Stato “per il suo servizio di custode e garante della democrazia e dei valori della nostra Repubblica e dell’Europa”. L’auspicio, da una “città di frontiera” come Trieste, è quello di “costruire il domani di un Paese per tutti, con al centro la persona”.

“Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano”,

l’esordio di Zuppi sulla scorta del cammino compiuto dalle Settimane sociali in questi 50 anni. “Non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti!”, ha esclamato il cardinale: “Lo vogliamo perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone!”. “I cristiani prendono sul serio la patria, tanto che sono morti per essa, ma sanno anche che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque”, le parole sulla scorta di De Gasperi.

“La Chiesa è madre di tutti”, ha ribadito il presidente della Cei, secondo il quale “leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre e solo al centro la persona, senza aggettivi o limiti”.

“Oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico”, l’appello sulla scorta di Giovanni Paolo II, e perciò “i laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità”, partendo dalla consapevolezza che

“la pace e lo sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte”,

ma richiedono quello che Papa Francesco chiama “amore politico” e che “deve assumere l’unità come un obiettivo da perseguire, da difendere e da far crescere”. “Non vogliamo accontentarci di facili lamentele sulla crisi della democrazia e sulla scarsa partecipazione al voto”, l’indicazione di rotta del presidente della Cei: “Ci impegniamo per risposte positive, consapevoli, condivise, possibili”. No, allora, all’apatia o alla rassegnazione:

“la nostra democrazia può e deve essere migliore e più inclusiva”.

“La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca”, la precisazione sul contributo che la Chiesa può offrire all’Italia “in questa stagione storica”. “Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali”, ha garantito Zuppi: “basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso. Sentiamo la sfida dell’accoglienza dei migranti, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, della difficoltà di spazi per i giovani, dell’aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo”.

La solidarietà è verso tutti, non guarda il passaporto 

perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro”, il monito riguardo alla necessaria attenzione verso i poveri, gli anziani, i fragili, i disabili, “i giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, le donne vittime della violenza maschile, chi lavora in condizioni inaccettabili, alla casa senza la quale non c’è integrazione e nemmeno famiglia e futuro”. Poi il riferimento alla stringente attualità:

“Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi. Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia”.

La solidarietà, per il presidente della Cei, “presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno. La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l’individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia”.

Oggi, la denuncia di Zuppi, “la democrazia soffre perché le società sono sempre più polarizzate, attraversate cioè da tensioni sempre più aspre tra gruppi antagonisti, dominate dalla contrapposizione amico-nemico”.

Non c’è democrazia, invece, “senza un noi”, senza la difesa della dignità umana “dove è più pesantemente violata”, perché la democrazia “vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica”. La democrazia, come recita il tema della Settimana sociale di Trieste, è partecipazione.