Via Caritatis. Una Via Crucis con il beato Carlo Acutis

Il commento alle stazioni ispirato alla vita e alle meditazioni del giovane santo

«La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. […] I «pii esercizi» del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati» (Cost. sacr. Lit, 12-13).

Con queste parole della i padri Conciliari, in sintonia con la più nobile e genuina tradizione cristiana, raccomandano ai fedeli di rinforzare la preghiera personale mediante anche i pii esercizi che sostengono la vita di fede. E, tra i pii esercizi sopravvissuti all’usura del tempo, quello che maggiormente conserva lo smalto delle origini è la via Crucis, soprattutto per i rimandi al racconto della Passione e all’identificazione con l’Uomo dei dolori, con la figura di Cristo.

Infatti, nella sua accezione letterale, altro non è che via percorsa da Gesù, il Venerdì Santo, quando, portando la croce, si recò dal Pretorio al Golgota.

Le scene della passione – 14 in tutto che ci forniscono i 4 Vangeli –  costituiscono, fin dagli inizi dell’era cristiana oggetto ambito di venerazione. Il simbolo della croce, è divenuto, dopo la svolta costantiniana, il vessillo per eccellenza della religione cristiana.

Diceva il grande teologo gesuita Karl Rahner che l’unica parola che il cristiano ha da consegnare al mondo è la parola della Croce. Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce. Da tutto ciò comprendiamo che le opere di Dio, dunque, nascono e crescono ai piedi della croce. L’originalità del Dio cristiano si dice perciò nella sua forma più alta e completa, nella figura del crocifisso che viene a rappresentare il culmine dell’estasi del Dio trinitario come colui che si china sulle sofferenze dell’uomo. Non si capirà la vita e la vocazione di Gesù senza la croce, come peraltro non si capirà la croce senza il cammino verso di essa. Secondo la felice intuizione del grande esegeta tedesco M. Kahler: «i vangeli non sono altro che la storia della passione preceduta da una lunga introduzione».

Nel nostro mondo attuale dove sembrano dominare le forze che dividono e distruggono, il Cristo non cessa di proporre a tutti il suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il proprio egoismo e porti con me la Croce. Il Signore, infatti, continua ad associare a sé e alla sua missione uomini e donne disposti a prendere la Croce e a seguirlo.

Chi l’abbraccia insieme con Cristo, secondo il dualismo del IV vangelo, partecipa alla sua vittoria e riesce a vincere il male con il bene, l’odio con l’amore, la violenza con il perdono. È la memoria della Croce, secondoil teologo Metz, che riaccende le ragioni della speranza, e ci riabilita a vivere il cristianesimo nella gioia della testimonianza. Si potrebbe dire, parafrasando un’espressione di Kant, che la croce senza la Testimonianza è cieca, non ha orientamento e approdo.

Scrive il santo Padre Francesco nella Gaudete et exsultate al n. 3 «Nella Lettera agli Ebrei si menzionano diversi testimoni che ci incoraggiano a «[correre] con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1). Lì si parla di Abramo, di Sara, di Mosè, di Gedeone e di altri ancora (cfr 11,1-12,3) e soprattutto siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12,1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta». 

Da Paolo VI fino a papa Francesco, transitando attraverso la singolare testimonianza di vita di Giovanni Paolo II, la Chiesa ha maturato, tra il secondo e il terzo millennio della sua storia, una vera e propria teologia della testimonianza. Al centro di questa nuova prospettiva c’è Gesù Cristo, “il testimone fedele” (Ap 1,5. 3,14), venuto a rendere testimonianza alla verità.

Sono i testimoni, infatti, la sponda cui bisogna ispirarsi per rendere contemporanea la “memoria passionis”.  Questa memoria costringe nei processi storico sociali a parteggiare in modo determinato e disinteressato per i non-rappresentati, per i sottorappresentati e soprattutto per i trapassati (Aparecida, Medellin,Puebla).

Non a caso le brevi, ma profonde meditazioni di don Michele Munno sulle singole stazioni della Passione, agganciate ai passi del Vangelo che le spiegano, sono ispirate alla testimonianza di vita del giovane Carlo Acutis, per cogliere la peculiarità di un vissuto, che seppur breve, si è mostrato epifania dei tratti singolari del volto di Dio. L’analisi del suo vissuto è molto importante, se si pensa che, attraverso questa via si può raccogliere un messaggio su Dio che va ben oltre ciò che è possibile attraverso la sola via concettuale.

Lo studio delle sfaccettature esperienziali della vita di Carlo è fonte di un vero arricchimento nella conoscenza della legge ascensionale della comunione con Dio.

La croce nella breve vita di Carlo non ha mai corso il rischio di essere depersonalizzarla o interpretata semplicemente come un simbolo. Alla scuola della Croce, la sua vita si è rivelata come una finestra aperta sul Mistero, che pian piano è stato, per dirla con san Paolo, si è lasciata ghermire da Cristo.  

 Lo scopo, infatti, del presente volumetto non è di mettere in evidenza un semplice ricordo quanto piuttosto rendere attuale l’opera di una presenza testimoniale di fede per realizzare nell’oggi, l’esperienza di un progetto che Dio, attraverso la testimonianza di Carlo Acutis, ha voluto e portato avanti nel tempo.

Adesso Carlo ha raggiunto la sponda della Vita e siamo convinti che la tempesta che l’ha rapito è passata perché il sole del mattino di Pasqua l’ho sta già illuminando con la luce della Risurrezione. I disegni del Signore sono realmente misteriosi, ma non resta che rispettare le Sue vie, che non sono le nostre.

Voglia il Signore che la lettura di queste brevi ma significative meditazioni ci aiutino a evangelizzare la parola della crocecome lieta notizia e a interiorizzare che la via del dono di sé, ap­parentemente perdente, è oltremodo via vittoriosa perrinnovare la Chiesa e il mondo.

Ed è questo l’itinerario che la teologia spirituale è chiamata a percorrere per far sì che il messaggio cristiano non sia solo “informativo”, ma “performativo”, cioè, capace di parlare al cuore dell’uomo mediante una comunicazione, che ne illumini il senso e ne cambi la vita.