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9 maggio, l'Ue in festa. Ma la sfida è sentirsi citttadini europei

In vari Paesi membri della "casa comune" oggi si svolgono dibattiti, concerti, momenti formativi per i più giovani. Sventolano i vessilli con le 12 stelle su sfondo blu, risuona l'"Inno alla gioia" di Beethoven. Altrove il ricordo della Dichiarazione Schuman passa sotto silenzio. Con i nazionalismi che rialzano la testa è difficile immedesimarsi nell'Ue. Il richiamo del Papa.

9 maggio, l'Ue in festa. Ma la sfida è sentirsi citttadini europei

Ci sono feste rituali eppure sempre gioiose, altre feste reiterate ma spente, che hanno smarrito il senso, lo slancio, le radici dalle quale sono sorte. Il 9 maggio è la “Festa d’Europa”: ricorda la Dichiarazione resa il 9 maggio 1950 da Robert Schuman, allora ministro degli Esteri francese, che proponeva – dopo la tragedia della seconda guerra mondiale – una nuova forma di cooperazione economica e politica agli altri Paesi dell’Europa (allora divisa dalla Cortina di ferro) con lo scopo di costruire pace e benessere. Tale Dichiarazione, alla quale si fa risalire l’inizio del processo di integrazione, porterà da lì a un anno alla nascita della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio, Trattato di Parigi, 1951), mettendo al contempo le basi per la Cee (Comunità economica europea, Trattato di Roma, 1957) e ai successivi sviluppi comunitari, fino all’attuale Unione europea.

Inno e bandiera. Ebbene questa Festa del 9 maggio è molto sentita in diversi Stati aderenti all’Unione europea e celebrata anche in alcuni aderenti al Consiglio d’Europa, altra istituzione di livello continentale, cui aderiscono però 47 Stati, anziché i 28 dell’Ue. In varie città oggi le scuole dedicano momenti specifici alla storia dell’integrazione comunitaria, ricordano le figure dei “padri fondatori”, fra cui ovviamente Robert Schuman, propongono concerti in cui risuona l’“Inno europeo”, ossia l’Inno alla gioia di Beethoven. In taluni casi si procede all’alzabandiera, con il vessillo con 12 stelle su sfondo blu. In altri si assiste a gare sportive, giochi di ruolo, dibattiti, proiezioni di film. Le istituzioni comunitarie – Europarlamento, Commissione, Consiglio, le agenzie Ue, le sedi locali Ue presenti in tutti gli Stati membri – aprono le porte, per favorire, almeno nelle intenzioni, un avvicinamento tra cittadini e Unione europea.

Intenti educativi. Succede anche che in certi Stati la Festa d’Europa passi sotto silenzio: talvolta per pigrizia, in altri casi venendo meno a un minimo di intento educativo e pedagogico che una festa può rappresentare specialmente per le giovani generazioni. Non di rado la festa viene negata, perché è l’Europa stessa ad essere osteggiata, additata come la causa di ogni male presente: dalla recessione economica alla crisi dei migranti, dalla scarsa capacità di rispondere al terrorismo fino alle accuse di “invasione di campo” da parte dell’Ue rispetto ai poteri nazionali. Insomma, non si “brinda” all’Europa perché non si crede al processo di unità tra popoli e Stati del continente. Su questi aspetti ci si potrebbe soffermare a lungo. A partire da una riflessione sulla responsabilità di scuole, mass media e leader politici a “spiegare” ai cittadini i vantaggi, oltre che i limiti oggettivi, dell’Ue. Ne deriverebbe una riflessione su quanto i 500 milioni di cittadini Ue siano realmente consapevoli di cosa significa, oggi, far parte dell’Unione, quali diritti essa garantisce, quale eventuale valore aggiunto porta alla vita quotidiana.

Le parole di Schuman. Appare però significativo come, nel ricevere il prestigioso Premio europeo “Carlo Magno”, dalla omonima Fondazione di Aquisgrana, venerdì 6 maggio, alla vigilia della Festa d’Europa, Papa Francesco abbia citato ampiamente la Dichiarazione Schuman, quasi a indicarne il ruolo di pietra miliare per la storia, così pure per il presente e il futuro dell’Europa. Bergoglio ha affermato: “Robert Schuman, in quello che molti riconoscono come l’atto di nascita della prima comunità europea, disse: ‘L’Europa non si farà in un colpo solo, né attraverso una costruzione d’insieme; essa si farà attraverso realizzazioni concrete, creanti anzitutto una solidarietà di fatto’. Proprio ora, in questo nostro mondo dilaniato e ferito, occorre ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa generosità concreta – ha detto il Papa – che seguì il secondo conflitto mondiale, perché, proseguiva Schuman, ‘la pace mondiale non potrà essere salvaguardata senza sforzi creatori che siano all’altezza dei pericoli che la minacciano’”. Secondo il Pontefice, “i progetti dei padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati” perché “ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri. Sembrano esprimere un accorato invito a non accontentarsi di ritocchi cosmetici o di compromessi tortuosi per correggere qualche trattato, ma a porre coraggiosamente basi nuove, fortemente radicate”.

Le figure di Adenauer e De Gasperi. Per evitare sottovalutazioni o equivoci sul suo sostegno all’Ue, nello stesso discorso Francesco ha citato anche gli altri due principali “padri” dell’integrazione, anch’essi cattolici come Schuman: il cancelliere tedesco Konrad Adenauer e il presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi. La festa di oggi può conservare, se ben intesa, tutto il valore di un grande appuntamento che invita a riscoprire le radici e a guardare contemporaneamente in avanti, al futuro comune che – nel bene o nel male – attende il continente. Un’occasione in più per “sentirsi” europei e per rilanciare l’edificazione della “casa comune”, che ha le sue fondamenta in quel 9 maggio 1950.

Fonte: Sir
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