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Riscrivere Dublino, garantire Schengen

I leader di Germania e Francia intervengono al parlamento europeo. Prima emergenza: l’immigrazione. Convergenza sostanziale sulla politica estera (''l’Europa parli con una voce sola'') e sul rafforzamento della moneta unica. Ma fa capolino l’ipotesi di un’Europa a ''geometrie variabili'' che da tempo invocano coloro che non rinunciano a un disegno federalista.

Riscrivere Dublino, garantire Schengen

Non saranno probabilmente discorsi destinati a passare alla storia quelli pronunciati mercoledì 7 ottobre nell’emiciclo dell’Europarlamento dal presidente francese François Hollande e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Eppure il tandem franco-tedesco lascia un segno a Strasburgo e, a suo modo, ribadisce che l’Europa c’è, che il progetto europeo non è superato dagli eventi, e anzi l’integrazione comunitaria costituisce una premessa necessaria per rispondere alle sfide globali. Si tratti di migrazioni, di Isis, di crisi del debito sovrano o di cambiamenti climatici.
Merkel e Hollande arrivano nella sede del Parlamento Ue a 25 anni dalla riunificazione tedesca e a 26 dalla caduta del Muro di Berlino. In quel novembre 1989 furono Helmut Kohl e François Mitterrand a intervenire, fianco a fianco, davanti agli eurodeputati dell’allora Cee. Era un’altra Europa: appena emersa dall’incubo della divisione in due blocchi, liberatasi dai regimi comunisti, con le porte spalancate verso i popoli e gli Stati dell’est, sognando un mercato senza confini e una moneta unica. Oggi il Vecchio continente fatica ad aprire le frontiere ai profughi che, disperati, scappano da Africa e Medio Oriente e non di rado guarda all’euro come a un errore piuttosto che a uno strumento per facilitare la coesione economica e la competitività europea sui mercati mondiali.
François Hollande, solenne, linguaggio aulico, richiama la necessità di “un’Europa forte”, “solidale”, “responsabile” per affrontare il problema delle migrazioni, il salvataggio della Grecia, l’emergenza siriana e quella ucraina. Non passa giorno - sostiene - che non presenti il conto all’Europa e a ogni difficoltà insorgente “registriamo la tentazione di chiuderci, di rifugiarci in noi stessi”. Ma per Hollande l’Europa “non può condannarsi all’impotenza”. Ecco perché bisogna fare un passo avanti rispetto alla mera tutela delle sovranità nazionali (detto da un Presidente francese è una sorpresa), per costruire risposte comuni. Hollande va oltre: questa nuova Europa, determinata, efficace, deve procedere, se occorre, con una integrazione “differenziata”. È il disegno dell’Europa a “geometrie variabili” che da tempo invocano coloro che non rinunciano a un disegno federalista.
Merkel dal canto suo appare più concreta, tanto da soffermarsi - in un discorso peraltro non privo di riferimenti alla storia e ai “valori comuni” - sull’agenda digitale, il Trattato commerciale con gli Stati Uniti (Ttip), la questione energetica. Per la cancelliera i profughi rappresentano “la prova della verità per l’Europa unita”, la quale richiede di “agire insieme”, in spirito di solidarietà.
Fra i due relatori, che raccolgono applausi convinti da buona parte dell’aula e critiche sguaiate dagli euroscettici, c’è quindi accordo sostanziale su migrazioni (riscrivere l’accordo di Dublino; salvaguardare Schengen), politica estera (“l’Europa parli con una voce sola”), moneta unica. Non si comprende, invece, quali siano le rispettive posizioni su Siria e Libia: intervenire in armi oppure no? D’altro canto sia il Capo dello Stato francese che la leader del governo tedesco appaiono evasivi su due aspetti: la politica sociale (che fine hanno fatto la disoccupazione dilagante e le tante famiglie che non arrivano alla fine del mese?) e il ruolo dei cittadini all’interno del progetto europeo.
In una Ue in cerca di leadership e di una nuova vocazione, il doppio discorso Merkel-Hollande non convince del tutto, mentre conferma, nei detrattori, l’opinione di una presunta diarchia alla testa della “casa comune”. Non di meno, cancelliera e presidente hanno il merito di aver posto sul tavolo temi dirimenti sui quali l’Ue va ripensata, rimodulata, per restare - o tornare a essere - protagonista sulla scena mondiale. Kohl e Mitterrand non ci sono più, così come Schuman, De Gasperi e Adenauer sono consegnati alla storia. Non è però con le nostalgie che si costruisce il futuro, ma prendendo esempio dal passato per individuare strade nuove da percorrere. Forse Hollande e Merkel intendono trasmettere questo messaggio. Minimale, ma essenziale.

Fonte: Sir
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