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Francesco all'Onu keniota: tra tutela dell'uomo e cura del creato

Lungo discorso del pontefice alle Nazioni Unite del Paese africano. Al centro il tema dell'ambiente, la deforestazione e la desertificazione, ma anche il problema dell'urbanizzazione. Riguardo a Cop21, la speranza di un accordo condiviso. Un no ancora forte alla cultura dello scarto e alla globalizzazione dell'indifferenza.

Parole chiave: papa francesco (323), kenia (4), onu (5)
Francesco all'Onu keniota: tra tutela dell'uomo e cura del creato

Il problema ambientale, fra breve al centro di Cop 21, la cura dei più deboli e degli “scartati”, la situazione delle città, spesso “invivibili”. E ancora, la necessità che prevalgano interessi comuni in ambito civile, “scegliendo il bene”, cercando in ogni modo di realizzare i dettati della Populorum Progressio di Paolo VI. Un no forte ai traffici illeciti e a tutto quelle scelte, anche di carattere economico, che degradano l’uomo. Sono in sintesi questi i temi caldi affrontati papa Francesco, nel discorso che ha tenuto alla sede dell’Onu di Nairobi. Un lungo discorso, in un Continente che dà l’opportunità al pontefice di trovare spunti di riflessione seri, soprattutto in tema di ambiente. “Piantare un albero è, in primo luogo, un invito a continuare a lottare contro fenomeni come la deforestazione e la desertificazione” – ha detto il Papa iniziando la sua conferenza e spiegando il “gesto simbolico e semplice, pieno di significato in molte culture”, che ha accettato di fare poco prima di arrivare alla sede dell’Unon, l’Ufficio delle Nazioni Unite di Nairobi, dove all’interno del parco ha piantato un albero. Un impatto subito forte, su temi che saranno all’ordine del giorno e al centro della Conferenza sul clima di Parigi nei prossimi giorni. Piantare un albero, per il Papa, “ci ricorda l’importanza di tutelare e gestire in modo responsabile quei “polmoni del pianeta colmi di biodiversità”, come il bacino fluviale del Congo, “luoghi essenziali per l’insieme del pianeta e per il futuro dell’umanità”. Di qui l’apprezzamento del Papa, già contenuto nella Laudato si’, per “l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico”.  Francesco dà quasi il compito alla Cop21, che pone “di fronte al grande impegno politico ed economico di reimpostare e correggere le disfunzioni e le distorsioni del modello di sviluppo attuale”. “La Cop21 – ha detto – è un passo importante nel processo di sviluppo di un nuovo sistema energetico che dipenda al minimo da combustibili fossili, punti all’efficienza energetica e si basi sull’uso di energia a basso o nullo contenuto di carbonio”. La speranza, anche alla luce della Laudato Si’, è che il vertice parigino porti realmente “a concludere un accordo globale e ‘trasformatore’, basato sui principi di solidarietà, giustizia, equità e partecipazione, e orienti al raggiungimento di tre obiettivi, complessi e al tempo stesso interdipendenti: la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana”.

A livello sociale, invece, il Papa ha considerato come un vero e proprio “cambio di rotta di cui abbiamo bisogno non è possibile realizzarlo senza un impegno sostanziale nell’istruzione e nella formazione”. Un processo educativo, pertanto, che “richiede una formazione destinata a far crescere nei bambini e nelle bambine, nelle donne e negli uomini, nei giovani e negli adulti, l’assunzione di una cultura della cura: cura di sé, cura degli altri, cura dell’ambiente, al posto della cultura del degrado e dello scarto: scarto di sé, dell’altro, dell’ambiente”. Nuovi atteggiamenti per “nuovi stili di vita”, insomma.

In questi stili nuovi, non c’è spazio per la cultura dello scarto e del  degrado, che oggi ritorna in “volti, storie” e che “ha portato a sacrificare agli idoli del profitto e del consumo”. “Dobbiamo stare attenti a un triste segno della globalizzazione dell’indifferenza, che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro, quasi fosse normale, o peggio ancora, a rassegnarci alle forme estreme e scandalose di scarto e di esclusione sociale, come sono le nuove forme di schiavitù, il traffico delle persone, il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi”. Ritorna sulla tragedia dei migranti, il Papa, e usa ancora quell’espressione: ‘globalizzazione del’indifferenza’, che aveva pronunciato a Lampedusa e che è diventata uno dei segni del suo pontificato.

Tempo e spazio Bergoglio lo ha quindi voluto dedicare al “rapido processo di urbanizzazione, che purtroppo porta spesso a una smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili e inefficienti”. Le città diventano così “luoghi dove si diffondono preoccupanti sintomi di una tragica rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale, che porta all’aumento della violenza e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale”. Francesco ha auspicato la promozione di “iniziative di pianificazione urbana e cura degli spazi pubblici che prevedano la partecipazione della gente del luogo”.

Relativamente alle “relazioni commerciali tra gli Stati”, il Papa ha espresso l’auspicio “che le decisioni della prossima Conferenza di Nairobi non siano un mero equilibrio di interessi contrapposti, ma un vero servizio alla cura della casa comune e allo sviluppo integrale delle persone, soprattutto dei più abbandonati”.

Un pensiero poi Francesco lo ha voluto dedicare alle “relazioni economiche tra gli Stati e i popoli”, a quelle criticità come i traffici illeciti “che crescono in un contesto di povertà e che, a loro volta, alimentano la povertà e l’esclusione”. Infine, l’appello alla comunità cattolica: l’impegno a “continuare a pregare e collaborare perché i frutti della cooperazione regionale che si esprimono oggi in seno all’Unione Africana e nei molti accordi africani di commercio, di cooperazione e di sviluppo, siano vissuti con vigore e tenendo sempre conto del bene comune dei figli di questa terra”.

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