L'ora di religione una realtà solida sul territorio
Quarta indagine nazionale sull’Insegnamento della religione cattolica in Italia a trent’anni dalla revisione del Concordato”, presentata a Roma ed edita da Elledici.
No allo stereotipo dell’anziano curato che fa “catechismo” a scuola: gli insegnanti di religione sono per la stragrande maggioranza laici: il 96% nella scuola statale, il 65,7% in quella cattolica. E se i docenti lamentano, tra i punti di debolezza, la “persistente confusione con la catechesi” (46,3% degli intervistati), gli studenti invece hanno le idee ben chiare e in meno dell’1% dei casi fanno la medesima equazione. Lo rileva la ricerca “Una disciplina alla prova. Quarta indagine nazionale sull’Insegnamento della religione cattolica in Italia a trent’anni dalla revisione del Concordato”, presentata a Roma ed edita da Elledici. L’indagine ha interpellato 2.982 insegnanti (2.279 nelle scuole statali, 703 in quelle cattoliche), osservando che “più della metà valuta la propria esperienza professionale pienamente soddisfacente e l’86,9% non intende prendere in considerazione l’ipotesi di abbandonare questo insegnamento”. Tra i punti di forza dell’Insegnamento della religione cattolica (Irc) gli insegnanti di scuola statale individuano soprattutto la capacità di rispondere alle domande di senso degli studenti (67,4%), i rapporti che si creano tra insegnante e studenti (62,0%), la possibilità di affrontare problematiche morali ed esistenziali (61,5%), la promozione del dialogo interreligioso e del confronto interculturale (57,3%). Per quanto riguarda gli studenti, tra i motivi della scelta di avvalersi dell’Irc prevale l’appartenenza religiosa, “tuttavia il 91,7% degli insegnanti di scuola statale e il 56,8% di quelli di scuola cattolica dichiarano di avere in classe anche alunni non cattolici”. Tra gli studenti, si dichiara cattolico oltre il 90% nella primaria, mentre alle superiori percentuali oscillanti tra il 15 e il 30% sentono di non appartenere ad alcuna religione. L’indagine ha evidenziato come non è “l’ora dei cattolici” e neppure è rimasta confinata in un angolo, sebbene “all’epoca della firma del nuovo Concordato pochi avrebbero scommesso sulla tenuta di questo insegnamento, che oggi invece mostra di essere ancora vitale, con un tasso di adesione di poco inferiore al 90% nella media nazionale”. Nel corso degli anni il calo è stato contenuto, “con situazioni molto differenziate sul territorio nazionale: a fronte di un Sud che in venti anni è rimasto stabilmente intorno al 98%, c’è un Nord sceso ultimamente fino all’82%; inoltre, mentre le scuole dell’infanzia e del primo ciclo si mantengono ancora intorno al 90% di adesioni, le scuole secondarie di secondo grado scendono sotto l’82%; un ulteriore fattore di differenziazione è poi costituito dall’urbanizzazione, dato che nelle città capoluogo l’Irc è scelto in misura nettamente inferiore rispetto alle scuole di provincia”. Dati che mostrano, secondo lo studio, come ci si trovi di fronte a “un panorama variegato, che a seconda del punto di osservazione può suggerire valutazioni negative o rassicuranti”. “Se con il primo Concordato lo scopo dell’insegnamento religioso era la formazione cristiana degli alunni, oggi l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) mira alla formazione umana degli studenti - detto monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei - una formazione che non può dirsi completa senza essersi interrogata sulla dimensione religiosa della persona”. “Il Concordato del 1984 – ha precisato il Vescovo Galantino – dice espressamente che la cultura religiosa è un ‘valore’ e dunque non può essere trascurata dalla scuola, che ha il fine precipuo di trasmettere e alimentare la cultura in tutte le sue dimensioni”. D’altra parte, in quell’accordo “venne trovata una motivazione solida per attribuire alla religione cattolica il compito di rappresentare la cultura religiosa nella scuola. Solida perché affidata all’oggettività della storia e della cultura italiane”, ribadendo che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, ovvero “non è possibile comprendere la cultura e la società italiane senza riconoscere nella Chiesa un soggetto che ha segnato in maniera decisiva l’identità collettiva dell’intero Paese”. Una motivazione, ha rimarcato Galantino, che non può “essere messa da parte con superficialità e sotto i colpi di un ideologismo tanto cieco quanto arrogante”. Mons. Galantino ha definito “un abuso” la scelta di alcuni presidi di “mettere l’insegnamento della religione alla prima o all’ultima ora”.
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