Papa Francesco: la speranza è in Dio, non negli idoli
Sulla speranza cristiana la catechesi del mercoledì del pontefice. Il rischio di cedere alle tentazioni di mondanizzazione degli idoli e la fiducia nel Signore, secondo il salmo 115. Poi una chiosa: "in udienza si entra gratis, questa è la casa di tutti. Attenti ai furboni che vogliono farvi pagare il biglietto".
Ancora una volta la speranza cristiana al centro della catechesi odierna di papa Francesco. “Le false speranze degli idoli”, secondo la lettera del salmo 115, il testo di riferimento commentato da Francesco davanti a ventimila fedeli, nell'aula Paolo VI, nonostante le temperature rigide di Roma. “Nello scorso mese di dicembre e nella prima parte di gennaio abbiamo celebrato il tempo di Avvento e poi quello di Natale: un periodo dell’anno liturgico che risveglia nel popolo di Dio la speranza” – l’incipit del Papa. “Sperare è un bisogno primario dell’uomo: sperare nel futuro, credere nella vita, il cosiddetto ‘pensare positivo. Ma è importante che tale speranza sia riposta in ciò che veramente può aiutare a vivere e a dare senso alla nostra esistenza. È per questo che la Sacra Scrittura ci mette in guardia contro le false speranze che il mondo ci presenta, smascherando la loro inutilità e mostrandone l’insensatezza. E lo fa in vari modi, ma soprattutto denunciando la falsità degli idoli in cui l’uomo è continuamente tentato di riporre la sua fiducia, facendone l’oggetto della sua speranza”. Nella storia della salvezza – la riflessione del Santo Padre – tanti sono stati i profeti che hanno rappresentato la speranza che proviene dal “fidarsi di Dio”, anche se “viene il momento in cui, scontrandosi con le difficoltà della vita, l’uomo sperimenta la fragilità di quella fiducia e sente il bisogno di certezze diverse, di sicurezze tangibili, concrete”. Il “pericolo” è “io mi affido a Dio, ma la situazione è un po’ brutta e io ho bisogno di una certezza un po’ più concreta”. “Allora – dice il Papa - siamo tentati di cercare consolazioni anche effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere. E pensiamo di poterle trovare nella sicurezza che può dare il denaro, nelle alleanze con i potenti, nella mondanità, nelle false ideologie. A volte le cerchiamo in un dio che possa piegarsi alle nostre richieste e magicamente intervenire per cambiare la realtà e renderla come noi la vogliamo; un idolo, appunto, che in quanto tale non può fare nulla, impotente e menzognero. Ma a noi piacciono gli idoli, ci piacciono tanto!” Come già fatto in altre circostanze, Francesco richiama come esempi di idoli l’ “andare dal veggente o dalla veggente che leggono le carte. Compriamo false speranze. Mentre di quella che è la speranza della gratuità, che ci ha portato Gesù Cristo, gratuitamente dando la vita per noi, di quella a volte non ci fidiamo tanto”.
Il rischio, prosegue Bergoglio, è che “l’uomo, immagine di Dio, si fabbrica un dio a sua propria immagine, ed è anche un’immagine mal riuscita: non sente, non agisce, e soprattutto non può parlare. Ma, noi siamo più contenti di andare dagli idoli che andare dal Signore. Siamo tante volte più contenti dell’effimera speranza che ti dà questo falso idolo, che la grande speranza sicura che ci dà il Signore”. Una tentazione che hanno avuto “le ideologie con la loro pretesa di assoluto, le ricchezze – e questo è un grande idolo – , il potere e il successo, la vanità, con la loro illusione di eternità e di onnipotenza, valori come la bellezza fisica e la salute”. Questi “sono gli idoli, e ti portano sulla strada sbagliata e non ti danno felicità”. Una strada che rischiano di percorrere anche “noi uomini di Chiesa quando ci mondanizziamo”. Ma è lo stesso salmo 115 a fornire la giusta chiave di lettura. “Il Signore si ricorda di noi, ci benedice» (vv. 9.10.11.12). Sempre il Signore si ricorda. Anche nei momenti brutti lui si ricorda di noi. E questa è la nostra speranza. E la speranza non delude. Mai. Mai. Gli idoli deludono sempre: sono fantasie, non sono realtà. Ecco la stupenda realtà della speranza: confidando nel Signore si diventa come lui, la sua benedizione ci trasforma in suoi figli, che condividono la sua vita. La speranza in Dio ci fa entrare, per così dire, nel raggio d’azione del suo ricordo, della sua memoria che ci benedice e ci salva”.
“Adesso devo dirvi una cosa che non vorrei dirvi, ma devo dirvela”. Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha concluso l’udienza di oggi. Dopo i saluti ai fedeli di lingua italiana, che come di consueto chiudono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, il Papa ha tirato fuori da una busta un biglietto rosso e ha ricordato, nella sua ultima parentesi a braccio: “Per entrare all’udienza, sia in Aula che in piazza, non si deve pagare: è gratuita, è una visita gratuita che si fa al Papa per parlare col Papa, col vescovo di Roma”. “Ho saputo – ha proseguito Francesco – che ci sono dei furboni che fanno pagare i biglietti. Se qualcuno vi dice che per andare in udienza dal Papa c’è bisogno di pagare qualcosa, ti stanno truffando. Stati attento, stai attenta!”. “Questo è gratis”, ha concluso il Papa: “Qui si viene senza pagare perché questa è la casa di tutti. E chi dice questo e ti fa pagare, è un reato: quell’uomo, quella donna, è un delinquente. Questo non si fa!”.
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