Duckwitz, il politico nazista proclamato “Giusto tra le Nazioni”
Negli anni del secondo conflitto mondiale la popolazione di Copenaghen, la Chiesa cristiano-luterana, il re Cristiano X e le istituzioni danesi aiutarono il diplomatico tedesco a salvare quasi 7000 ebrei dalla deportazione nei campi di concentramento.
Georg Ferdinand Duckwitz è il nome del politico nazista che, ottant’anni fa, collaborò con le istituzioni danesi per salvare la vita a quasi 7000 ebrei, perseguitati dai militari di Hitler e a rischio di deportazione nei lager. La sua storia, fatta di coraggio ed eroismo, è stata taciuta per troppo tempo ma è l’esempio lampante di una luce che rifulge in mezzo alle tenebre, di una speranza che non cessa di venir meno, nonostante il buio dei tempi e l’eco di una guerra insensata e barbara. Originario di Brema, Georg nacque in una famiglia cosmopolita di mercanti e compì studi economici e giurisprudenziali. Iscrittosi al partito nazista nel 1932 comprese subito l’insensatezza che stava dietro l’ideologia hitleriana, specialmente dopo i fatti truculenti che si consumarono nella notte dei lunghi coltelli, tra il 30 giugno e il 1 luglio 1934. Scoppiata la guerra fu impiegato come addetto marittimo a Copenhagen, dove sposò la svizzera Annemarie Rynert e dove si avvicinò al partito Social-democratico danese. La Danimarca godeva di una certa autonomia gestionale, nonostante l’invasione tedesca del 9 aprile 1940. Questo privilegio gli era stata concesso, per il fatto di essere un importante fornitore di risorse belliche per il Terzo Reich. Nel settembre 1943 Duckwitz venne a sapere che i nazisti avevano optato per la deportazione degli ebrei danesi. Si recò allora nella neutrale Svezia dove cercò di convincere il Primo Ministro, Albin Hansson, ad accogliere e salvare i poveri ebrei. Nella notte tra l’1 e il 2 ottobre 1943, quando la Gestapo e le SS iniziarono i rastrellamenti, Duckwitz mise in fuga gli ebrei danesi fornendogli perfino i documenti necessari per rifugiarsi in Svezia. Fu aiutato in questa eroica azione di salvataggio di vite umane dal re Cristiano X, dagli ufficiali dell’esercito di Copenhagen, dalla Chiesa cristiano-luterana, dall’ospedale, dal governo, dai suoi ministri e dall’intera popolazione danese. 7000 è il numero dei giudei che riuscì a scampare alla follia nazista: la maggior parte raggiunse la Svezia, altri trovarono rifugio nelle case di Copenhagen accolti dalla generosità dei residenti. Solo 200 furono gli ebrei deportati nei campi di concentramento. Finita la guerra, Duckwitz ricoprì una serie di incarichi diplomatici per la Germania occidentale. Nella primavera del 1970 ricevette il premio “Heinrich Stahl Prize” dalla comunità ebraica di Berlino, in occasione del ventisettesimo anniversario della rivolta di Varsavia. Lo Yad Vashem, l’ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, lo insignì del titolo di “Giusto tra le Nazioni” nell’aprile del 1971. Quando gli fu chiesto il motivo di questo suo atto coraggioso rispose: <<Non ho mai considerato la mia vita più importante di quella di settemila ebrei. Bisogna avere la capacità di metterci come uomini al posto degli altri>>. La sua figura, tuttavia rimase nell’ombra nell’immediato dopoguerra, quando invece venne esaltato il comportamento esemplare delle autorità danesi e della popolazione di Copenhagen. È possibile aggiornarsi sulla vita di questo diplomatico, che rischiò la vita per salvare quella degli altri e che fu costretto ad entrare in clandestinità, per non cadere nelle mani delle SS, leggendo il testo “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca” del giovane storico italiano Andrea Vitello (Le Lettere, 2022).
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