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Quel difficile rapporto tra società e fede

L'ultimo libro di Roberta Sala, "Il silenzio di Dio".

Quel difficile rapporto tra società e fede

“Credo che la risposta alla sfida del post-secolarismo stia nel ribadire il nucleo morale della secolarità come il dovere di accogliere le convinzioni religiose di ciascuno, senza alcun pregiudizio né alcun privilegio”.
Roberta Sala, docente di Filosofia politica ed Etica pubblica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, affronta il problema di cosa significhino oggi pluralismo, laicità, rispetto, in una società, quella chiamata post-secolare, che sta riscoprendo la religiosità e di conseguenza il difficile rapporto tra legge dello stato e fede.
A leggere l’ultima fatica della Sala, “Il silenzio di Dio. Religione, credenze e rispetto” (San Paolo, 172 pagine) si ha l’idea che essa riassuma, con uno sforzo notevole, le difficoltà di una società che ha le sue radici più prossime nel laicismo post-illuministico, ma che nel contempo, soprattutto a causa della globalizzazione e dei flussi migratori, sta conoscendo una nuova stagione religiosa. E questo comporta dei prezzi da pagare, soprattutto quando – come è accaduto per le polemiche sul velo in Francia, sul Crocifisso nelle scuole in Italia e sull’aborto – il dibattito diviene lacerante o perché legato a concezioni che vengono da molto lontano o perché è in gioco la nozione stessa di vita umana.
L’autrice si mostra ottimista: l’uomo è ragionevole, deve esserlo in una società dove in ballo c’è il bene di tutti. Tuttavia, anche se il libro coglie gli elementi che creano la drammatica realtà del confronto tra le leggi dello stato e le convinzioni religiose, si ha l’idea che le cose siano molto più complesse. Che la ragione di base, “l’impegno per una convivenza fondata sulla fede più ragionevole di tutte: che le idee del bene (…) possano venire considerate con eguale attenzione, in un reciproco universale rispetto” di questo libro rimanga nell’empireo delle giuste e belle idee, ma non tenga sufficiente conto di come alcune spinte radicali, sia nel campo religioso, sia in quello iper-laico, siano più temibili di quanto si pensi. Se le cose stanno così, è evidente che il richiamo alla ragionevolezza è giustissimo, ma nel contempo si deve tener conto di situazioni estreme, in cui ad esempio la legislazione sull’aborto va a sollevare riserve, quando non opposizione, in diverse realtà, religiose e non.
Senza dimenticare le spinte integralistiche in tutte le direzioni, che da una parte vorrebbero eliminare, come è successo per la costituzione europea, qualsiasi riferimento al cristianesimo (che pure è stato fondamentale per la storia del continente), dall’altra vorrebbero conservare i segni tangibili della loro fede anche in pubblico.
Certamente Roberta Sala mostra la consapevolezza che alcuni problemi rimangono insoluti, come quello della tolleranza verso religioni o costumi che impongono una privazione di libertà alle donne. Da una parte si va incontro ad una minoranza con una sua visione del mondo, dall’altra, evidenzia l’autrice, c’è il problema del ruolo e della condizione della donna –che non sono in linea con i canoni del laicismo- all’interno di quella comunità.
Si tocca con mano la difficoltà del pensiero post-moderno a comprendere pienamente segnali che vengono dall’incrociarsi, più o meno improvviso, di visioni del mondo secolari in un contesto civile che invece è relativamente giovane. Per questo si parla di post-secolarismo: una società in cui l’elemento religioso è talvolta conculcato e ghettizzato (e in alcuni casi perseguitato), si sta avviando verso una rapida rimessa in discussione, perché, non solo nel caso dell’Islam, ma anche di altre credenze e visioni della vita, l’elemento religioso dà chiari segni di risveglio. Ponendo però domande nello stesso tempo vecchie e nuove, che affondano le radici nella ricerca di valori non materiali, in una diversa concezione della vita.
Si ha l’impressione che le società occidentali non siano preparate ad affrontare discorsi che vanno oltre il semplice dibattito teorico. Occorrerebbe ad esempio che chi fa politica partendo da radici religiose, recuperasse gli elementi fondamentali della sua fede, ponendosi come segno costruttivo ed efficace di una radicale rivisitazione del fare politica oggi. Altrimenti anche quel fare politica diviene insensato e a sua volta privo di valori.

Fonte: Sir
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