Portiamo speranza a chi vive nel deserto

Intervista all'Arcivescovo Francesco Nolè: il vero Natale è riconoscere nell’altro il volto di Dio

Come ogni anno, in vista del Santo Natale, abbiamo incontrato il nostro  Arcivescovo, Mons. Francesco Nolè, per il consueto messaggio di Natale e per tracciare una sorta di bilancio sull’anno che sta per finire e sulle prospettive sulle quali la nostra diocesi intende puntare nel 2019. 

Eccellenza qual è il messaggio che quest’anno indirizza  ai fedeli di tutta la diocesi di Cosenza-Bisignano?

Il Natale è la nascita del Signore. Lui ha scelto la natura umana per venire da noi, ha scelto una famiglia, ha scelto la fragilità umana, il dolore, la sofferenza, la morte e ha dato il significato con la resurrezione che va oltre ogni nostro merito. Questo è il Natale! 

Va bene raccontare le tradizioni, le feste, i momenti di gioia che ci sono nel mondo ma senza trascurare il messaggio principale: Dio si è fatto uomo per dare all’uomo stesso la possibilità di risalire a Dio, cioè di ritrovare l’origine della sua felicità che è stare con il Signore. Natale è riconoscere il Signore ogni giorno che nasce quando incontriamo una persona che ha bisogno di noi. Il vero Natale è proprio questo: riconoscere nell’altro il volto di Dio. 

In quanto cristiani come dobbiamo approcciarci a vivere il Santo Natale per esserne veri testimoni?

In questi giorni abbiamo ascoltato più volte Giovanni Battista che nel deserto gridava e dava voce di speranza. Il deserto per definizione è il luogo di non vita, dove non c’è speranza. Oggi molte persone vivono questo deserto morale, di valori, di incomunicabilità: penso ai tanti giovani che hanno tante speranze ma che si ritrovano senza qualcuno che dica loro una parola, che li faccia sentire protagonisti della loro vita, perchè poi quando si impegnano sono davvero meravigliosi, straordinari. 

Nella nostra diocesi abbiamo fatto un’inchiesta in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università della Calabria, e con sorpresa abbiamo scoperto che il problema non sono i giovani, siamo noi adulti che non sappiamo e non riusciamo, forse per timore di disturbarli o forse perchè non siamo nemmeno capaci di dare loro speranza, di coinvolgerli, di farli sentire protagonisti. 

In questo periodo le iniziative di solidarietà sono sempre in crescita…

In merito alle situazioni di povertà e di disagio, dei tanti bisognosi che vengono a bussare alle nostre case, questo è un problema di tutti i giorni, e non solo del Natale. Ci sono luci di speranza con l’accoglienza nei centri e nelle parrocchie che fanno tanta solidarietà e scuotono anche le menti e i cuori delle persone normalmente assenti. Questa speranza la dobbiamo moltiplicare, dobbiamo dire che la rassegnazione a questa realtà negativa va vinta, dobbiamo portare avanti un discorso personale o di famiglia  di quello che è il bene che il Signore ci ha portato: nel mondo c’è pane per tutti però alcuni mangiano troppo, altri muoiono di fame.  Il problema allora è scuotere le coscienze e dire che quello che si fa per il Natale bisognerebbe farlo ogni giorno. 

Il Natale molto spesso viene mascherato dal luccichio, dalla corsa allo shopping, dai cenoni, sottovalutando il vero messaggio di questa festa…

Purtroppo oggi bisogna constatare che la commercializzazione ha contribuito molto alla costruzione del deserto accennato prima. Ormai si fa tutto per interesse, l’aspetto commerciale prevale su tutto, invece dovrebbe prevalere il rapporto personale, la relazione, la capacità  di sentirsi uniti; la festa del Natale è la festa della famiglia. Dio viene a vivere e ad impiantare la sua famiglia sulla terra. Riusciamo ad immaginare che grande dono ci ha fatto! Lui è venuto dal Cielo a portare la realtà della famiglia  sulla terra, questa famiglia l’ha voluta, perciò se la famiglia è il centro forse bisogna lavorare di più perchè nella famiglia ci sia quel calore, quell’affetto, quella capacità di donarsi gli uni agli altri. La famiglia, insieme ai giovani, sono la realtà di oggi ma anche la speranza del futuro.

Su cosa punterà la nostra diocesi nel nuovo anno che sta per iniziare?

Innanzitutto non smettiamo di ringraziare il Signore per il dono delle vocazioni, in particolare per il dono delle tre ordinazioni sacerdotali di sabato scorso, ne avremo un’altra a maggio e altri otto diaconi a giugno. Vuol dire che il Signore nonostante le nostre debolezze, le nostre fragilità ed inconsistenze, ci benedice, ci vuole bene. La nostra è una terra benedetta da santi  e da vocazioni, questo crea speranza e quella capacità di guardare avanti. Come pastorale, invece, cercheremo di dare un’idea e una possibilità ai giovani sacerdoti di vivere insieme. Insisto molto su questa realtà, perchè avendo tanti paesi piccoli un sacerdote giovane si trova solo ed isolato. Un altro obiettivo è quello di continuare la pastorale con i giovani. C’è una risposta bella alle iniziative proposte e ci impegneremo di più per una strada ancora più agevole verso il futuro. 

Che anno è stato il 2018 per la nostra Arcidiocesi?

E’ stato un anno sicuramente con eventi di grazia e qualche episodio che ha lasciato un po’ di sofferenza creando disagio, qualche difficoltà, qualche volta anche scandalo. Siamo uomini e nell’umanità se non ci aggrappiamo alla grazia di Colui che ci ha scelti per essere suoi servi, è facile cadere. Abbiamo avuto dei momenti difficili, ne avremo ancora, perchè la natura umana è fragile. Oggi è veramente importante discernere colui che è chiamato e chi invece non lo è, chi è capace di portare avanti questa fedeltà per sempre, cosa non da tutti, affidandosi alla grazia di Dio che ci ha chiamati per essere suoi. Nei prossimi tre anni ci aspetta la peregrinatio della Madonna del Pilerio, la Madre di Dio, speriamo che sia Lei a poter dare speranza e coraggio, di cui abbiamo bisogno, così come fa una mamma in famiglia, nei momenti di difficoltà e di gioia.