Giornalisti e vaccini anti-Covid: bisogna velocizzare i tempi
Anche i giornalisti sono tra le categorie ad alto rischio di contrarre il Covid-19 e avrebbero bisogno di immunizzarsi al più presto contro il virus.
Gli assembramenti davanti ai palazzi di governo per strappare qualche dichiarazione ai leader di partito impegnati nelle consultazioni, i microfoni sistemati uno sopra l’altro perché l’audio sia buono, le interviste condotte sulle ambulanze, negli ospedali e nelle case di chi ha contratto il virus: ogni volta che un giornalista cerca la notizia in strada, rischia di trovare piuttosto il Covid-19. Ma comunque, che lasci ogni speranza chi si sta sforzando di informare la comunità: specialmente se under 55, non avrà accesso al vaccino in tempi brevi.
Noi giornalisti non pretendiamo di saltare la fila, scavalcando insegnanti, autisti di mezzi pubblici o dipendenti di supermercati. Però vogliamo che ci venga riconosciuto il servizio che, con umiltà, abnegazione e spirito di sacrificio, ma soprattutto senza mai fermarci, abbiamo fornito nei lunghi e difficili mesi in cui abbiamo raccontato un mondo che ha spento il motore e che non ha ancora capito come riaccenderlo. Abbiamo studiato i Dpcm parola dopo parola per capire cosa era o non era concesso in lockdown, abbiamo cercato di sfatare le fake-news, abbiamo ripetuto fino alla nausea quanto fossero importanti distanziamento e mascherine e abbiamo riempito pagine su pagine di giornali con testimonianze di chi era guarito dal virus. E chissà che non siamo riusciti a convincere qualche scettico che l’emergenza sanitaria va affrontata seriamente.
Rimarremo in prima linea, racconteremo storie che ci strazieranno il cuore e saremo sul campo (fin troppo) fianco a fianco sperando che il collega al nostro fianco non abbia il Covid-19. Però siamo “lavoratori essenziali” anche noi. Forse i più essenziali di tutti. Perché il coronavirus vince anche se vince l’ignoranza – intesa con il significato latino di questa parola.
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