Mettiamo al primo posto le persone
La storia del cosentino Fiore Manzo di etnia rom
Fiore Manzo è un ragazzo di 25 anni con una vita come tutti i suoi coetanei. Vive a Cosenza dalla nascita, precisamente dal 1992, oggi studia all’Università della Calabria dove sta per conseguire la sua seconda laurea. Fiore è un ragazzo del quartiere di San Vito Alto, è una persona normale, anche se la sua storia in questi ultimi giorni è stata più volte ripresa dalla stampa per le sue origini. Fiore Manzo è rom. “Nella mia vita – dice - spicca una straordinarietà che non esiste, noi rom siamo persone, ognuno con i suoi pregi e con i suoi difetti. La cosa più mortificante è dover sempre mettere in chiaro che siamo appunto delle persone”. Fiore oggi è un attivista, è coordinatore della Fondazione romanì Italia, nella sua quotidianità si batte per difendere le proprie origini, per far conoscere la storia dei suoi antenati e per abbattere tutti quei pregiudizi che ancora oggi vengono espressi nei confronti della comunità rom.
“Siamo un popolo dell’India nord-occidentale - racconta il giovane rom. Nell’anno 1018 un condottiero persiano invase quei territori deportando in Persia le popolazioni rom. È così che inizia in maniera forzata questa diaspora sui rom creando uno stereotipo assurdo: rom uguale a nomade. "Il nomadismo non è altro che un fatto dovuto o a casi di espulsioni, deportazioni, schiavitù, oppure ai mestieri quali commercianti di cavalli e asini e costruttori di oggetti” afferma il giovane cosentino. Fiore ci tiene a precisare che non si tratta di un nomadismo culturale ma di "un nomadismo legato ai mestieri quando non è forzato".
Lui conosce molto bene la vita nei campi rom, non perché ci sia nato, ma perché conosce la storia della sua comunità. “Su 200mila rom presenti in Italia - afferma Fiore -soltanto 20mila vivono nei campi, sono le comunità dell’ex Jugoslavia che hanno trovato come accoglienza il sistema campi. Gli altri 500mila viviamo in alloggi normali, paghiamo le tasse, studiamo, lavoriamo. Ovviamente non sono a favore dei campi, ma per lo sgombero, non con le ruspe come dice qualche Ministro, ma creando alloggi popolari. Non servono politiche differenziate, come quelle finora attuate, perché il problema è sociale non culturale – aggiunge. Noi non siamo nomadi per cultura”.
Tornando alle origini del suo popolo ribadisce che bisogna capire che "dall’India alla Persia, passando per l’Armenia fino all’impero bizantino, le comunità si chiamavano dom, che significa “essere umano, uomo”. Nell’Impero bizantino invece da dom verranno chiamati rom" tiene a precisare Manzo. "In Grecia, invece, vennero chiamati Atzinganoi (dal greco) che significa “intoccabili”, e che successivamente si trasformerà in zingaro. “È sbagliato utilizzare questi appellativi perché sono nomi che altre popolazioni ci hanno dato, sono dispregiativi. È giusto chiamarci rom, che non ha a che fare con romeno”. “È aberrante sentire i politici che sfruttano il nostro popolo per le proprie campagne elettorali, per prendere voti, - aggiunge Fiore - perché nei campi, ad esempio, vivono anche persone che non portano i figli a mendicare, che non rubano”.
Manzo è un grande studioso della storia delle comunità rom. “Nella mia comunità cosentina non tutti conoscono la storia dei rom. La maggior parte è introiettato nella visione di considerarsi zingaro, questo è la conseguenza della perdita della lingua originale. Di conseguenza succede che quando ci si riferisce ai rom alcuni di loro pensano che sono i rom romeni”.
Oggi Fiore Manzo, sogna in grande. Tra i valori più sani e importanti che ha ricevuto dai suoi familiari, ma ancor prima dalla sua cultura è il rispetto per l’altro. Pertanto sogna un mondo senza barriere, senza stereotipi e pregiudizi, si impegnerà con la sua Fondazione per riportare i sani valori nei confronti della sua etnia rom. Parlando della sua famiglia ci racconta che i suoi genitori hanno sempre lavorato, suo papà tra l’altro si è infortunato sul lavoro; "è grazie a loro che ha potuto intraprendere gli studi universitari", così come sua sorella di quattro anni più piccola.
A Fiore mancano solo due esami per terminare gli studi e conseguire la sua seconda laurea, dopodiché “mi piacerebbe insegnare nelle scuole superiori filosofia e scienze umane, ma il mio vero sogno è di fare il dottorato all’Università e diventare docente universitario”. Fiore si definisce una persona molto curiosa, ama leggere e studiare, di recente ha pubblicato anche un libro di poesie. Kant e Socrate sono i suoi filosofi preferiti, anche se apprezza tantissimo Massimo Recalcati.
La sua battaglia più grande è dimostrare che i rom sono delle persone assolutamente normali. E non si fermerà fino a quando i pregiudizi, acquisiti già dal basso medioevo creando un’identità falsa e stereotipata di un mondo misconosciuto, resteranno solo parte della storia”. Il 4 luglio alle ore 18 al Teatro dell’Acquario di Cosenza ci sarà una manifestazione sulla comunità rom e Mauro Fiore ne è l’organizzatore.
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