Vietato ammalarsi in Calabria
L'istituto Demoskopica ha realizzato l'Indice di performance sanitaria, rivelando che la nostra è la regione più "malata d'Italia". Tanti calabresi rinunciano proprio a curarsi, e le liste d'attesa sono lunghe.
Vietato ammalarsi in Calabria. Dall’IPS (Indice di Performance Sanitaria), realizzato dall’Istituto Demoskopika sulla base di sette indicatori (soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, liste d’attesa, spesa sanitaria, spese catastrofiche e famiglie impoverite a causa di spese sanitarie), emerge chiaramente che è la nostra regione la più “malata” d’Italia. Il primato negativo è determinato dalla rinuncia a curarsi per le lunghe liste d’attesa, dalle famiglie impoverite a causa delle spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) e dalla quota di famiglie soggette a spese sanitarie che superano la disponibilità al netto delle spese di sussistenza.
Nel 2013, in Calabria oltre 50 mila famiglie sono state costrette ad affrontare spese socio-sanitarie catastrofiche, pari al 6,3% delle famiglie residenti a fronte di una media italiana del 3,2%. Inoltre, sono stati circa 15 mila i nuclei familiari che sono piombati al di sotto della soglia di povertà a causa delle spese sanitarie out of pocket. Ma il dato allarmante è il seguente: ben 227 mila calabresi hanno rinunciato a curarsi, 170 mila per motivi economici, 37 mila a causa delle lunghe liste d’attesa per l’accesso alle prestazioni, 6 mila per l’impossibilità di assentarsi dal lavoro, 4 mila per paura delle cure, 6 mila in attesa di risoluzione spontanea del problema e 4 mila per altri motivi. I dati mostrano l’urgenza di un intervento nel settore della sanità pubblica. E’ evidente, infatti, la palese violazione del diritto, costituzionalmente garantito, alla tutela della salute nelle regioni del Sud e, in particolare, in Calabria.
L’indicatore ideato da Demoskopika, che ha l’obiettivo di delineare il livello di efficienza e competitività dell’offerta sanitaria delle regioni italiane, con un’attenzione più marcata verso il sistema dell’assistenza ospedaliera. In questa direzione, è stato individuato un set di indicatori che non riguardano soltanto grandezze strettamente economiche e gestionali ma anche altre relative al concetto di efficienza, alla capacità di una regione di attrarre o meno utenza proveniente da altre aree territoriali, ai costi sociali della salute, mostra un divario significativo tra le diverse realtà regionali d’Italia. Ad esempio per quanto concerne la mobilità sanitaria attiva, in valori assoluti, sono principalmente le regioni del Nord a ricevere il maggior numero di pazienti non residenti. In questa direzione le realtà più attrattive sono la Lombardia (144 mila ricoveri extraregionali), l’Emilia Romagna (109 mila ricoveri extraregionali), il Lazio (83 mila ricoveri extraregionali), la Toscana (67 mila ricoveri extraregionali) ed il Veneto (55 mila ricoveri extraregionali). Il dato sulla mobilità sanitaria passiva indica che sono i lucani a spostarsi di più per motivi di salute ed a optare, in maniera più rilevante rispetto agli altri, di ricoverarsi e curarsi in strutture sanitarie fuori dai confini regionali.
Per quanto riguarda le liste d’attesa ancora il triste primato è della Calabria insieme alla Puglia dove si registrano i tempi più lunghi. Accedere alle prestazioni sanitarie presenta i tempi di attesa più rilevanti in Calabria che con l’1,9% di tasso di rinuncia rilevato e 37 mila residenti rinunciatari, ottiene il punteggio più basso (5,3 punti). A seguire la Puglia (5,8 punti) con ben 69 mila soggetti che hanno rinunciato a curarsi, pari all’1,7% e la Sardegna (7,4 punti) con circa 21 mila rinunciatari pari ad una quota dell’1,3%. Tempi d’attesa significativamente minori in Trentino Alto Adige (100 punti), Lombardia (69 punti), Umbria (54,8 punti) e Liguria (45,6 punti).
Le famiglie con spese catastrofiche fanno parte del set di indicatori individuati dai ricercatori di Demoskopika per la costruzione dell’indice di perfomance sanitaria. L’indicatore, secondo la definizione del consorzio Crea Sanità, esprime, in termini percentuali, la quota di famiglie residenti soggette a spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) catastrofiche, ovvero a spese che superano il 40% della loro capacity to pay, ossia la disponibilità al netto delle spese di sussistenza. Nella top five delle regioni che registrano quote minori di famiglie soggette a spese catastrofiche compaiono il Lazio (100 punti), la Liguria (87,7 punti), il Trentino Alto Adige (62,4 punti), il Friuli Venezia Giulia (56,9 punti) e il Piemonte (56,6 punti). La quota maggiore, in direzione opposta, è presente in Calabria (20,5 punti), Abruzzo (21,6 punti), Sicilia (22,9 punti), Basilicata (23,9 punti) e il Molise (24,2 punti).
Il dato sull’Impoverimento sanitario vede le famiglie meno colpite nel Lazio, Piemonte, Umbria e Marche. L’indicatore “famiglie impoverite” esprime, in termini percentuali, le famiglie residenti che a causa delle spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) si sono impoverite scendendo al di sotto della soglia di povertà. A finire al di sotto della soglia di povertà a causa delle spese sanitarie out of pocket sono soprattutto le famiglie in Calabria (7,2 punti) con una quota dell’1,9% quantificabile in circa 15 mila nuclei familiari. Seguono la Campania (9,3 punti) con una quota dell’1,5% pari a oltre 32 mila famiglie, la Sardegna (10,1 punti) e la Puglia (10,2 punti) entrambe con una quota che si aggira all’1,4% coinvolgendo nel processo di impoverimento rispettivamente 10 mila e 22 mila nuclei familiari.
Oltre i numeri, i dati e le classifiche, però, ci sono persone, cittadini che attendono una risposta concreta dallo Stato. L’auspicio è che questi dati possano portare le forze politiche ad un dinamismo costruttivo, affinché il settore della sanità pubblica possa ricevere cure adeguate.
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