Chiesa
A 10 anni dalla morte di Giovanni Paolo II
Il Papa chiamato da un paese lontano.
Un Papa “chiamato di un paese lontano” con queste prime parole, in un italiano stentato, varcava il soglio pontificio Giovanni Paolo II, oggi Santo. Uomo innamorato della vita, come testimonia l’enciclicaEvangelium Vitae, perché innamorato di Cristo. A dieci anni dalla sua nascita al cielo, celebrare il ricordo del Papa “Santo subito” significa immergersi nel mistero di una esistenza radicata nell’Amore. Totus tuus ripeteva instancabilmente, riconoscendo in Maria la nitida stella che lo avrebbe guidato sulla strada della vera conoscenza di Gesù. Una personalità eclettica quella del giovane Karol: filosofo, poeta, artista, sacerdote, impegnato continuamente nel mondo e per il mondo. Lasciarsi ferire dalla Bellezza del creato, passeggiando in montagna, significava, per lui, pregare. Sapeva abbracciare Papa Wojtyla, come un padre premuroso, riconducendo i fedeli, sin dai primi giorni del suo lungo pontificato, al cuore pulsante del cristianesimo: “Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna”[1]. L’uomo con la sua libertà, Cristo con le braccia spalancate sulla croce, tra l’uno e l’altro l’incontro: quell’incontro decisivo che il Papa Santo ha sempre desiderato accadesse nella vita di ogni persona. Presiedendo la veglia di preghiera della XV GMG a Tor Vergata, nell’ agosto del 2000, così si rivolgeva ai suoi amati giovani: “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.[2] Amico dei giovani perché pronto a lasciarsi coinvolgere dal loro entusiasmo, ha utilizzato come corsia preferenziale per evangelizzare il mondo le GMG, nate da una sua felice intuizione. San Giovanni Paolo II era tutto questo e molto di più. Indimenticabile la sofferenza dell’ultimo periodo, vissuta nel totale dono di sé alla Chiesa. La croce della malattia portata con la serenità e la consapevolezza di avvicinarsi sempre di più al Signore. In un testo teatrale giovanile, intitolato La Bottega dell’Orefice, scriveva: “Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte invece no – l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione una esistenza e un amore – come farne un insieme che abbia senso? “ La risposta a questa domanda si trova negli ultimi istanti della sua vita terrena. Giovanni Paolo II ha testimoniato al mondo che per fare di esistenza e amore un insieme coerente l’unica strada è amare illimitatamente, oltre e più della propria esistenza, abbandonandosi completamente all’abbraccio di Cristo, che “non toglie nulla ma dona tutto”. Devoto a Maria, a lei affidato da sempre, Santo.