A sorpresa spunta l’eutanasia nel calendario della Camera

La conferenza dei capigruppo alla Camera ha calendarizzato - per la prima volta nel nostro Paese - la discussione in aula sulle proposte di legge circa il testamento biologico e l'eutanasia. Poiché l'inizio del dibattito parlamentare è previsto per il prossimo marzo, le Commissioni parlamentari (Affari Sociali e Giustizia) dovranno sicuramente preparare il terreno, provando magari a redigere un testo unico che compendi gli aspetti salienti delle proposte sul fine vita finora depositate da vari partiti.

C’è sempre una prima volta. Anche per l’eutanasia. La conferenza dei capigruppo alla Camera, martedì scorso, ha infatti calendarizzato – per la prima volta nel nostro Paese – la discussione in aula sulle proposte di legge circa il testamento biologico e l’eutanasia. È stato Arturo Scotto, di Sinistra Italiana, a sostenere e ottenere l’inserimento del tema nell’agenda dei provvedimenti in esame nei prossimi tre mesi. Poiché l’inizio del dibattito parlamentare è previsto per il prossimo marzo, le Commissioni parlamentari (Affari Sociali e Giustizia) dovranno sicuramente preparare il terreno, provando magari a redigere un testo unico che compendi gli aspetti salienti delle proposte sul fine vita finora depositate da vari partiti. A cominciare dalla proposta di legge d’iniziativa popolare n. 1582, “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”, depositata il 13 settembre 2013 dai Radicali e dall’Associazione “Luca Coscioni”, sottoscritta da oltre 100mila cittadini.

Si tratta di un disegno di legge alquanto semplificato, già frutto – così pare – di una mediazione politica, strutturato in soli 4 articoli. In sostanza, esso prevede che ogni cittadino possa “rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o di terapia nutrizionale”, a fronte del quale rifiuto “il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente”, laddove si verifichino precise condizioni esplicitate nel testo. Non è invece prevista alcuna possibilità di obiezione di coscienza in merito. Anzi, “il personale medico e sanitario che non rispetta la volontà manifestata dai soggetti e nei modi indicati nell’articolo 1 è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile ravvisabile nei fatti, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal suo comportamento”.

Circa la messa in opera di trattamenti eutanasici, poi, la proposta di legge prevede una sostanziale “depenalizzazione” per chi li attua, se ricorrono le condizioni esplicitamente previste, come sancisce l’art. 3: “Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del Codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario che hanno praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, qualora ricorrano le seguenti condizioni”. Tra queste, risulta qualificante “che il paziente sia affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi”. Infine, si stabilisce che “ogni persona può redigere un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia, nell’ipotesi in cui egli successivamente venga a trovarsi nelle condizioni previste dall’articolo 3, comma 1, lettera e), e sia incapace di intendere e di volere ovvero di manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente, nel modo indicato dall’articolo 1, un fiduciario perché confermi la richiesta, ricorrendone le condizioni”. Viene inoltre precisato che “la richiesta di applicazione dell’eutanasia deve essere chiara e inequivoca e non può essere soggetta a condizioni. Essa deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da un’autodichiarazione, con la quale il richiedente attesta di essersi adeguatamente documentato in ordine ai profili sanitari, etici e umani ad essa relativi”.

Di fronte una tematica così sensibile e delicata, a prescindere dalla formulazione del testo, c’è da immaginarsi lo sviluppo di un dialogo – a livello parlamentare, ma anche pubblico – decisamente acceso e dagli esiti imprevedibili, che potrebbe scadere nell’ennesimo scontro tra ideologie contrapposte. Viene da chiedersi: ma è proprio questo di cui ha bisogno l’Italia in questo difficile momento della sua storia?