Cultura
Alla scoperta della pedagogia quale luogo d’amore
Il libro di Luca Muglia indaga i sistemi educativi tradizionali fino ad arrivare alla pedagogia dell'anima. Un'opera che origina dall'esperienza dell'autore e percorre anche i valori evangelici.
Devianza minorile, crisi educativa, disagio affettivo relazionale: molteplici i temi trattati dall’avv. Luca Muglia nel libro, di recente pubblicazione, intitolato “Educazione e fede: alle sorgenti dell’anima”. Un testo che dall’analisi dei limiti dei sistemi educativi tradizionali conduce alla pedagogia dell’anima quale processo indispensabile affinché ogni giovane possa riscoprire il proprio valore. Un progetto educativo che l’autore, past-president dell’Unione Nazionale Camere Minorili, ha avviato, in via sperimentale, con i giovani di un Istituto Penale Minorile. Abbiamo rivolto all’avv. Muglia qualche domanda.
Educazione e fede. Come nasce in lei l’idea di occuparsi di questi due temi e quanto la sua esperienza di avvocato minorile ha inciso nella stesura delle pagine del libro?
Tutto ha inizio con la mia conversione. Mi riferisco, in particolare, a quel momento di trasformazione iniziato dieci anni addietro e caratterizzato dall’incontro con Maria. Per motivi professionali mi sono occupato di disagio minorile fin dalla fine degli anni ’90, ma ho dovuto prendere atto ad un certo punto che sui miei occhi si era posato un velo. Sebbene fossi fortemente attratto dalla pedagogia della devianza, comprendevo infatti che circoscrivere l’approccio educativo all’io della persona era errato. Iniziavo, pertanto, a guardare con uno sguardo nuovo e diverso ai giovani, alle loro difficoltà, focalizzando l’attenzione sulla loro anima. Già allora ero consapevole che elaborare un percorso cristiano, che coinvolgesse i ragazzi devianti o a rischio, poteva apparire ai più come una follia, ma Dio mi chiedeva espressamente di loro, di queste anime paralitiche e prigioniere. Del resto, le categorie sociali cui Gesù ama rivolgersi sono proprio i piccoli, i sofferenti, gli esclusi, i peccatori.
Nel testo fa riferimento alla pedagogia come “luogo d’amore”. Quali sono le sfide che deve saper cogliere un educatore contemporaneo?
L’obiettivo del libro è di trasferire il discorso educativo sul piano spirituale attraverso un viaggio interiore che conduce fino alla pedagogia dell’anima. L’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio soprattutto per quanto riguarda l’anima, scrive Agostino. Il centro dell’anima è Dio; l’amore è l’inclinazione, la forza e la virtù che l’anima possiede per andare a Dio, soggiunge Giovanni della Croce. Ecco, allora, che il centro dell’anima diventa il “luogo d’amore” in cui è possibile incontrare Dio. L’educatore di oggi e di domani è destinato ad incontrare difficoltà sempre più grandi, divorato dall’ansia di rincorrere l’evoluzione dei costumi e dei modelli di vita. Piuttosto che inseguire i ritmi frenetici del cambiamento, che introducono modalità d’interazione sempre più innovative, dovremmo forse prestare maggiore attenzione all’incontro con l’altro, cercando di diventare “mediatori di misericordia”, come ci chiede Papa Francesco.
In che modo un educatore, confrontandosi con i ragazzi c.d. “difficili”, può testimoniare i valori evangelici?
I ragazzi in difficoltà risentono, inevitabilmente, delle ferite affettive e dei disagi psichici nel rapporto con Dio. Invero, la casistica dei giovani che nutrono sentimenti ostili nei confronti di Dio a causa della loro sofferenza è molto ampia; essi devono misurarsi con l’amarezza ingenerata da eventi dolorosi e traumatici quali la morte, la malattia di una persona cara o la separazione dei genitori. L’educatore ha il compito di facilitare, in questi ragazzi, quella operazione interiore che consente loro di svuotarsi delle negatività e di riempirsi di Dio. Educare l’anima significa, dunque, aiutare il giovane a ricercare Dio dentro di sé e ad instaurare una relazione d’amore con Lui. E’ questo il valore evangelico che siamo chiamati ad annunciare.
Nel libro cita esempi autorevoli di pedagogia cristiana da Sant’Agostino a Santa Teresa d’Avila, da Don Bosco a Maria Montessori. La testimonianza dei santi può concretamente aiutare il viaggio interiore dall’io all’anima?
La testimonianza dei santi, specie di quelli che nella prima parte della vita hanno avuto un percorso accidentato, si rivela preziosa. Attraverso il loro esempio i ragazzi cosiddetti “difficili”, condannati a convivere con situazioni di marginalità affettiva, di disagio sociale o di sofferenza esistenziale, ritrovano la speranza perduta. Essi comprendono, infatti, che se cercano l’amore di Dio possono diventare «ciò che sono veramente», possono scovare, cioè, il progetto che Dio ha voluto fin dall’eternità appositamente per loro.