Territorio
Allarme slot. La salute non è un gioco
Prosegue il percorso avviato dall’Asp di Cosenza per il contrasto alla ludopatia e alle dipendenze
Attendere che venga estratto proprio quel numero che abbiamo giocato, gli occhi puntati sulla slot machine, in mano quella schedina giocata dal tabaccaio. Una volta, poi due, finché non si trasforma in dipendenza. È per contrastare la dipendenza da gioco che il 2017 è nato ‘La salute non è un gioco’, il progetto nato su iniziativa dell’ASP di Cosenza che ha preso vita grazie ad un finanziamento fatto dal Ministero della Salute alla Regione Calabria. “Il Ser.D di Cosenza lavora per il trattamento delle dipendenze da circa 10 anni, poi, con la legge n. 189 del 2012, la dipendenza da gioco d’azzardo è rientrata nei livelli essenziali di assistenza ed è stata equiparata alla dipendenza da sostanze da abuso”, spiega il dottor Roberto Calabria, direttore del Ser.D dell’ASP di Cosenza. “Il progetto- prosegue-è portato avanti in sinergia con le comunità terapeutiche presenti sul territorio, cioè ‘Il delfino’ a Castiglione Cosentino, ‘L’ulivo’ a Tortora, ‘Il mandorlo’ a Cassano allo Ionio e ‘Regina pacis’ a San Benedetto Ullano. Le figure professionali coinvolte interagiscono nella creazione di un progetto personalizzato che viene costantemente rimodulato”.
Non è frutto del caso il nome del progetto che “unisce le due componenti fondamentali, cioè il gioco e la salute. Associamo il gioco a sensazioni piacevoli e a momenti di spensieratezza; la salute è fondamentale. Se uniamo le due cose vuol dire che il gioco, superata la linea di confine, diventa un problema. Stabilire la linea di confine è fondamentale”, spiega Maria Rachelina De Simone, responsabile del progetto e assistente sociale che opera presso ‘Il delfino’. Il giocatore e la sua famiglia vengono accolti e sottoposti ad una serie di colloqui con le figure che compongono l’equipe, cioè lo psicologo, lo psichiatra, l’educatore, l’assistente sociale e il consulente legale, figure essenziali per affrontare la problematica; poi, al termine della valutazione, viene costruito un percorso terapeutico personalizzato di cui periodicamente viene valutata l’efficacia in collaborazione con il Ser.D. “A ‘Il delfino’ sono circa dieci i pazienti che hanno intrapreso il percorso, tra cui alcune donne; ciò che ci ha stupito è che nessuno ha interrotto il percorso riabilitativo, e questo fa pensare che dietro ci sia una forte motivazione ad uscire dalla dipendenza”, prosegue la De Simone. Come si diventa dipendenti dal gioco? “Si inizia sempre per gioco, poi, però, diventa una malattia in soggetti predisposti. Si parla soprattutto del gioco on line, ormai diventato inarrestabile; si è arrivati a sfiorare i 37 milioni di euro in giocate e il gioco on line rappresenta il 35% del totale”, dice Calabria. E aggiunge: “Si tratta di persone affette da disturbi, che vogliono sfidare la sorte per andare incontro alla fortuna; in gioco ci sono anche altri fattori, come l’accessibilità. Si arriva ad una alienazione dalla realtà, si punta ad accattivare illudendo che tutti possano vincere quando invece non è assolutamente così”. Rifugio della mente, il gioco d’azzardo permette di costruire una realtà parallela. “Si tratta di una dipendenza non chimica, che necessita di un approccio bio-psico-sociale e soprattutto un trattamento interrato e multimodale. Ci sono 3 categorie di giocatori: i non problematici, quelli a rischio e quelli patologici. In tutte e 3 le categorie abbiamo riscontrato fattori come i tratti di personalità, i disturbi psichici concomitanti; fattori familiari, sociali, condizioni economiche; in alcuni casi abbiamo riscontrato che il giocatore è affetto anche da altre dipendenze come l’abuso di alcol o di sostanze. Poi malattie come la depressione; ci sono anche i giocatori ossessivi, che hanno un esordio più tardivo e che tendono a giocare somme modeste; a volte è una risposta a traumi e delusioni”, sottolinea. La fascia di età maggiormente colpita è quella compresa tra i 25 e i 55 anni, “abbiamo notato però-spiegano Roberto Calabria e Maria Rachelina De Simone- che negli ultimi anni si è abbassata la soglia di età, sono tanti i giovanissimi dipendenti dal gioco”. I media non sono certo di aiuto, la tv ci inonda di spot su lotterie e forme di gioco, tutti espedienti per ottenere nell’immediato cospicue vincite, “un problema serio perché fanno intravedere una vincita che non c’è. Bisogna intervenire in maniera decisa sia sul controllo dei problemi finanziari che sul controllo del desiderio; è necessaria una ristrutturazione cognitiva, affettiva; ci vuole una equipe formata con interventi motivazionali, di prevenzione della ricaduta, interventi educativi, sulla famiglia”, conclude Calabri