Autonomia differenziata e Sud, i Vescovi sono stati lungimiranti

L’Europa deve agire per sollevare il Meridione e occuparsi delle migrazioni

Ha diretto il quotidiano di ispirazione cattolica “Avvenire” per 14 anni ed ora è Parlamentare Europeo, eletto nell’ultima consultazione elettorale. Con Marco Tarquinio, che conosce bene le diocesi italiane e anche i settimanali delle chiese locali, abbiamo chiacchierato su alcuni argomenti che interessano i nostri territori e non solo, a partire dalla recente riforma sull’autonomia differenziata che ha suscitato, nel nostro Paese – e soprattutto nel Sud Italia – un dibattito che sta infiammando il panorama politico italiano. Da più parti si sono alzate polemiche… “Ho contribuito anch’io a questo dibattito. E in modo molto critico su intenzioni e modalità di quello che, a ragione, è stato ribattezzato come un regionalismo all’insegna dell’‘egoismo de ricchi’”, ci dice Tarquinio in questa intervista: “L’ho fatto sin dal principio, ai tempi della riforma del Titolo V della Costituzione, il cosiddetto semi-federalismo. Una revisione della Carta approvata, nel 2001, per pochi voti da una maggioranza di centrosinistra che era agli sgoccioli e appariva più preoccupata di togliere argomenti alla Lega secessionista che di migliorare funzionamento delle Istituzioni e servizi ai cittadini. Una critica che ho accentuato da più da tre anni a questa parte quando, nonostante la lezione del Covid sull’urgenza di riunire l’Italia dei servizi alla persona, prima Gelmini e poi Calderoli per conto dei governi Draghi e Meloni hanno avviato e concluso la negoziazione e la progettazione legislativa sulla autonomia differenziata. Pur da sostenitore delle Istituzioni di prossimità, considero questo passo, nella condizione attuale del nostro regionalismo, una bomba antiunitaria. L’ho spiegato da giornalista sulle pagine di ‘Avvenire’, nelle diverse responsabilità che ho ricoperto in quel quotidiano di cui sono stato a lungo anche direttore. L’ho argomentato aderendo alla campagna ‘L’Italia non si taglia’ e a un appello di intellettuali di sinistra, centro e destra lanciato dal filosofo Eugenio Mazzarella. Lo faccio, ora, da parlamentare europeo eletto come ‘civico’ nel Pd, sostenendo la raccolta di firme per il referendum abrogativo”.

La preoccupazione di tanti vescovi su questa riforma è sostenibile?

“Non è solo fondata e sostenibile, è stata anticipatrice e lungimirante! I vescovi delle aree interne italiane sono stati tra i primi a indicare i problemi dei disservizi, dell’abbandono, e dello spopolamento! Si tratta, lo sottolineo di vescovi del Sud, del Centro e del Nord del Paese, coordinati dal padre della Chiesa di Benevento, l’arcivescovo Felice Accrocca, e sostenuti dal presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi e poi da tutti i confratelli. Hanno visto i problemi delle loro comunità dalla parte delle persone, senza calcoli di parte, e hanno segnalato il nodo dell’autonomia differenziata come aggravante di una grande e irrisolta questione nazionale”. Una delle maggiori preoccupazioni di oggi per la Calabria è appunto lo spopolamento.

Che cosa si potrebbe fare per valorizzare questi territori? Quali politiche mettere in campo? E che cosa può fare l’Europa per valorizzarli impedendo la “morte” di intere zone?

“Ricordo quando Romano Prodi nel 1996 lanciò l’idea di investire sulla Calabria per farne, si disse allora, la ‘Florida d’Italia e d’Europa’. Il primo governo dell’Ulivo venne autoaffonda[1]to nel 1998, come poi anche il secondo dieci anni dopo. Credo anch’io che quell’intuizione abbia un cuore attuale e rappresenti una strada maestra: si tratta di coniugare la principale doppia vocazione della regione – tra straordinaria bellezza naturale e potente e coinvolgente capacita agroalimentare – con l’azione di un’imprenditoria efficace, ed esemplare, che ha saputo e sa sanamente resistere assieme a tanta parte della società civile e della comunità ecclesiale anche agli svantaggi strutturali, soprattutto nelle reti comunicative, e all’incalzare della ‘ndrangheta, malavita arrogante e mortificante. L’Europa deve continuare a sostenere le politiche per la coesione sociale e territoriale e dotarle dei fondi necessari”. Sono contento che questa sia una delle priorità del gruppo S&D di cui faccio parte e che sostiene la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen”.

Molte le polemiche in questi giorni per le immagini dell’inaugurazione delle Olimpiadi di Parigi. Qual è il tuo pensiero?

”Ho detto e ripeto che nel nome del sacrosanto rispetto per ogni essere umano non si può offendere, tra leggerezza infelice e pesantezza malamente dissimulata, la sensibilità religiosa di miliardi di persone. Si è poi sostenuto che quella parodia parigina che ha richiamato malamente l’Ultima Cena di Cristo, e che è stata inserita in uno spettacolo per altri versi interessante e apprezzabile, fosse in realtà la riedizione di un banchetto tra le divinità dell’Olimpo pagano. Ma la scelta di un linguaggio leonardesco e le dichiarazioni di protagonisti e politici francesi hanno affermato ben altro. Mi ha fatto piacere che a dolersene siano stati anche non credenti e fedeli di religioni diverse. E bene ha fatto il Comitato organizzatore di Parigi 2024 a scusarsi con i cattolici e ogni altro cristiano”.

La Calabria e l’intero Sud sono vittime di un sistema dove spesso a vincere non è la legalità ma la legge del più forte. Un problema antico che non si riesce a debellare. Quel ruolo concreto può avere la politica e le istituzioni in genere in tal senso? Cosa si dovrebbe fare e che non si è fatto?

“Alla politica spetta il compito di rappresentare e custodire attivamente la speranza e la vita buona della gente di Calabria, dell’intero Mezzogiorno e di un’Italia che ha ancora e sempre tante energie ma, purtroppo, sta perdendo spinta propulsiva morale, spirituale e demografica. Si tratta di una grave condizione di fragilità, che contagia vita e attività quotidiane e spinge ad andarsene. Impossibile sottovalutarla. Nonostante le linee di resistenza personale e comunitaria costruite grazie all’alleanza tra famiglia e scuola e al magistero coraggioso della Chiesa, si rischia di essere presi ancor più dallo scoramento e da quello che, da anni, il Censis segnala come ‘spaesamento’. E di ritrovarsi afferrati di nuovo da tentacoli e logiche malavitosi. Dico spesso che non c’è da gettare un ponte tra Calabria e Sicilia, che non è un’eresia ma neppure la priorità delle priorità! C’è da spalancare una strada che faccia perno sull’Italia, e la Calabria, come centro del Mediterraneo e cuore essenziale dell’ ‘Europa meridiana’. Non si può lastricarla di vecchie chiacchiere e di superficialità”.

Un’ultima domanda su un tema reso scottante da polemiche, narrazioni e scelte politico-mediatiche: le migrazioni. Che cosa può fare veramente l’Europa? E per un popolo che cosa vuol dire “accoglienza”?

“Nell’ultimo quarto di secolo ci hanno così ossessionato con la retorica dell’ ‘invasione’ di immigrati che tanti di noi, anche tra i politici, non si sono accorti e ancora non vedono dello spopolamento dell’Italia, dovuto al sommarsi della crisi demografica e di una nuova emigrazione di giovani e meno giovani. Un Paese povero di donne e uomini, che si dimostra incapace di essere sanamente generativo e accogliente, è per definizione un Paese in declino, segnato da autolesionismi e infragilimenti e persino dall’incattivimento. In molti casi, non tutti ovviamente, la nuova emigrazione italiana è anche il rovesciamento del senso dell’emigrazione dei nostri vecchi: non si va via per senso della famiglia e della comunità, per solidarietà insomma, si va via specialmente per ‘salvare’ o ‘realizzare’ sé stessi. E non si torna più. Il punto è che quando un popolo comincia ad aver paura dell’altro, quando si fa convincere che l’umanità con la sua sostanziale uguaglianza e la sua feconda diversità è ‘il’ problema, quel popolo ha perso l’anima. Il senso di fraternità e di ‘amicizia sociale’ – papa Francesco non smette di rammentarcelo – sono l’antidoto. Non rendono facili le cose difficili, ma consentono di resistere all’idea della ‘guerra all’umano’ e contro Dio, che si combatte sui campi di battaglia di mezzo mondo, Europa compresa, così come nei campi di concentramento dell’umanità migrante e ‘clandestinizzata’. Noi italiani per storia, per cultura umanistica e cristiana dovremmo essere i capifila di un impegno globale contro tale odiosa degenerazione. L’Europa ha avuto per decenni la forza di capovolgere questo paradigma bellico ed escludente. E ci ha dato oltre settant’anni di pace e di sviluppo. Oggi nella Ue troppi pensano a rialzare barriere interne e a esportare i confini comuni in chiave anti-immigrati. Così l’Europa perde ruolo-guida nel mondo e si ritrova con la guerra insediata terribilmente in casa. Siamo in tempo per cambiare rotta. Ma servono visione e coraggio, e servono adesso. Ecco perché, per la piccola parte che mi riguarda, ho deciso di “immischiarmi” – verbo ed esortazione del Papa – nella politica europea dopo una vita spesa nel giornalismo”.