Avviata una “rivoluzione gentile” per costruire comunità profetiche, capaci di ascolto

Con monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo della diocesi di Reggio-Bova e presidente della Conferenza episcopale Calabra la delegazione regionale dei giornali iscritti alla Fisc ha voluto fare il punto sul cammino sinodale in regione. Un piccolo contributo informativo in vista dell’assemblea nazionale della Chiesa italiana che si terrà a Roma dal 15 al 17 novembre prossimi. Dalla Calabria i circa 30 delegati (tra sacerdoti, religiosi e laici) saranno accompagnati dai rispettivi vescovi.

Ci avviciniamo alla prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, una delle tappe della “fase profetica”, ultimo tratto del Cammino sinodale nazionale. Possiamo fare un primo bilancio a livello regionale?

In generale il Cammino Sinodale, la cui promozione in Calabria è stata affidata dai vescovi calabresi a mons. Maurizio Aloise, vescovo di Rossano-Cariati, ha inoculato nella Chiesa Calabra il germe di una “rivoluzione gentile”, l’inizio di un processo i cui frutti si vedranno sicuramente a lungo termine. I tre anni trascorsi sono stati un tentativo di recupero del primato di Dio che parla e chiede accoglienza, prima che proposta.

A livello regionale non è possibile realizzare un vero e proprio bilancio. In questa prima fase del cammino si è faticato a realizzare una reale mobilitazione di tutte Diocesi che desse vita ad un dialogo fraterno anche fra i referenti diocesani. Nonostante vari momenti di incontri, forse non sufficienti per crescere in ascolto reciproco con scambi di esperienze, non si è ancora giunti ad un momento di condivisione dei frutti.

Tuttavia siamo grati al Comitato Nazionale che in più occasioni ha favorito alcune riunioni in modalità online per aiutarci innanzitutto a conoscerci e a conoscere i passi che ogni diocesi ha messo in atto per avviare l’itinerario sinodale proposto dalla Chiesa Italiana. Ultimamente, durante la fase sapienziale, delegati regionali e gli incaricati del sinodo in ciascuna diocesi hanno realizzato incontri online con il vescovo referente, Mons. Maurizio Aloise. Ad ogni modo ogni diocesi ha realizzato un suo percorso con tempi, tappe e modalità diverse in risposta alle realtà territoriali ed ecclesiali diverse. Se da una parte questo può essere anche visto come un vantaggio in quanto ha permesso a tutte le diocesi di camminare con un proprio ritmo e un proprio stile, dall’altra ha affievolito la possibilità di realizzare cammini comuni, orizzonti e mete condivisi.

 

Come è stato vissuto il Sinodo in questi anni in Calabria?

Dopo un primo timido avvio della “Fase Narrativa e dell’ascolto” che ha visto le diocesi impegnate in modo diverso, ad intra e ad extra nel rispondere alla domanda iniziale proposta dal Comitato Nazionale del Cammino Sinodale, si è visto maggiore impegno nella realizzazione del secondo anno con la realizzazione dei Cantieri di Betania per approdare, lo scorso anno, ad una più modesta accoglienza della Fase Sapienziale. La categoria di cammino comune per scoprire “insieme” la strada e la pratica dell’ascolto reciproco nella conversazione spirituale hanno costituito una novità sorprendente, che ha da subito dato frutto. Se da una parte, oggi, le attese sulla Fase Profetica sono tante, dall’altra si registra ancora scetticismo tra alcuni presbiteri circa la possibilità di reale cambiamento nelle nostre comunità, non solo per mancanza di creatività, ma anche per paura del nuovo, paura di inoltrarsi in percorsi sconosciuti, paura di perdere, di perdersi rispetto all’acquisito.

Così ogni diocesi ha avviato itinerari propri, ma con il rischio, sempre latente, che il percorso iniziato e non sempre avviato in modo capillare, si areni nei passaggi dal centro alle vicarie, da queste alle parrocchie e poi ai gruppi, al territorio e viceversa.

La coincidenza della Fase Profetica con il concludersi dell’Anno della Preghiera, le provocazioni provenienti dalla Settimana Sociale di Trieste e la prospettiva prossima del Giubileo 2025 hanno permesso alle diocesi di organizzarsi e di programmarsi, per questo anno pastorale (2024-‘25), su temi ad essi connessi, quali la spiritualità, l’impegno nel sociale, l’anno della speranza ecc.

Nell’attesa degli orientamenti che la Chiesa Italiana elaborerà, si condividono sul territorio, proposte concrete, buone pratiche per un concreto cambiamento della prassi pastorale per intraprendere una reale conversione missionaria della pastorale.

 

Il Sinodo quali ripercussioni ha avuto e può avere nel territorio calabrese ed in particolare come si radica?

Pur nella diversità dei singoli cammini diocesani, è comune in alcuni ambiti: penso alla presa di coscienza che il cambiamento nella Chiesa si potrà realizzare sia a livello personale che comunitario mediante una reciproca conversione ed anche alla consapevolezza della vocazione battesimale che tutti accomuna e nell’opportunità offerta ai laici di riscoprire la propria fede come testimonianza, divenendo strumento di evangelizzazione nel concreto vissuto quotidiano.

Tra gli aspetti di cui tenere conto vi è il necessario processo di costruzione di comunità capaci di ascolto e di armonizzare le differenze, nella fraternità e nella comunione, di fronte ai processi di disgregazione in atto e di fronte alla riproposizione di visioni polarizzate e individualiste socio-politiche della convivenza umana. Altro tema da attenzionare è l’importanza della corresponsabilità e della riscoperta dei carismi di tutti, messi a servizio della comunità e soprattutto degli ultimi e nella valorizzazione del ruolo delle donne come protagoniste nell’evangelizzazione e insieme ai presbiteri chiamati a immettere più energie nella dinamica della chiesa in uscita. Infine, si è riscontrata una valorizzazione del metodo della Conversazione nello Spirito, utile anche in altri luoghi di incontro quali: piazze, quartieri, rioni, ma anche sui Social, al fine di favorire una maggiore libertà di espressione, di ascolto rispettoso e di dialogo costruttivo.

Quale sono stati le principali proposte?

Ogni Diocesi si è avvalsa degli strumenti utili alla formazione e alla presa di coscienza della necessità di assumere il sogno di una Chiesa sinodale, voluto da papa Francesco, aderendo al cammino della Chiesa Italiana. Nelle diverse diocesi non sono mancate assemblee, incontri, lettere e programmi pastorali, riflessioni e opportunità di formazione a partire dai documenti della Chiesa, sono stati ripresi in particolare i documenti del Concilio, riletti alla luce dell’Evangelii Gaudium.

Opportune anche le iniziative che hanno visto riflettere insieme tutti i membri del Popolo di Dio, con la loro diversità e specificità, come anche gli itinerari che hanno permesso una nuova comprensione e il rinnovo degli organismi di Partecipazione a più livelli nelle diocesi. Significativi gli incontri, i sondaggi e le riunioni realizzate all’interno degli istituti scolastici come opportunità di ascolto del mondo della scuola e dei giovani, del mondo politico e amministrativo

Non sono mancate anche iniziative di riflessione e di collaborazione a livello ecumenico, con il mondo del lavoro e della cultura, come anche del servizio e della carità in un contesto – come quello calabrese – segnato da povertà evidenti, come ritorno all’emigrazione di giovani lavoratori o studenti, disoccupazione e la pressione dei migranti sulle nostre coste ioniche gestite con forte senso di accoglienza ben organizzata dalle Caritas diocesane che in non pochi casi hanno sopperito lacune istituzionali.

Ma occorrerà certamente passare da una pastorale incentrata su eventi saltuari di impegno a favore degli ultimi, anche se forti, a una pastorale sempre più inserita nel mondo che la circonda, meno sacramentale e più connessa con la vita della gente, meno rivolta a se stessa e più decentrata e presente sul territorio dove sono presenti le nostre comunità.

Quale “profezia” dalla Calabria?

C’è una lenta ma sempre più convinta consapevolezza che il processo sinodale non è possibile bloccarlo, non sarà possibile né proponibile tornare indietro. Non sarà possibile tornare indietro dalla pratica dello stile sinodale, da una pastorale di corresponsabilità e di comunione, dalla valorizzazione del metodo della conversazione nello Spirito in ogni incontro e in ogni programmazione e verifica.

Per questo è utile e urgente recuperare il tempo perduto per condividere in maggior misura il Cammino Sinodale delle Chiese di Calabria, anche a livello regionale, mettendo in comune con maggior coraggio e generosità la ricchezza della vita di ogni Chiesa locale e attivando le forze e le risorse che non mancano, connettendo le diverse realtà in spirito di comunione e di profezia. Creare un tavolo di pensiero con i referenti sinodali insieme ai pastori per “osare un po’ di più”, connesso con laboratori diocesani che facciano da sentinelle sul territorio e favoriscano l’ascolto reciproco, lo scambio di esperienze e la progettazione comune su poche mete condivise per non disperdere le forze ed evitare la frammentazione.

È evidente che per tutto questo occorrerà ripensare anche la formazione continua di tutto il popolo di Dio, in primis dei presbiteri e degli operatori pastorali laici chiamati insieme alle loro comunità a ripensarsi, a “ricentrar-si decentrandosi” e a rinnovare il linguaggio e le azioni pastorali più attenti agli uomini e alle donne, specialmente alle nuove generazioni, di questo nostro tempo troppo accelerato, offrendo a tutti un’esperienza di fede gioiosa e generativa.

Segni profetici, già presenti, potranno ancora sorgere e in meglio a partire da una Chiesa più missionaria, più connessa al territorio, al mondo della scuola, della cultura e delle associazioni.

In sintesi…

Si va comprendendo che solo dall’ascolto della Parola di Dio e dall’ascolto reciproco nascono mille proposte, mille tentativi per rendere sempre più consapevole e grato il popolo di Dio della missione che ha ricevuto e lo pone come Chiesa in uscita. Nel Cammino sinodale, pur avvenuto in maniera diseguale, si è comunque registrata la centralità dell’ascolto della Parola di Dio nella lectio divina, condivisa secondo lo stile della conversazione spirituale.

Questo metodo è il primo e più interessante guadagno di tutto il Cammino.

L’ascolto di quanto lo Spirito dice nel fratello, l’esperienza del valore di ogni membro della Chiesa, ha prodotto un senso di corresponsabilità e di fedeltà creativa che ha immaginato nuove strade. Concretamente in tante comunità si è ridestato il senso e il valore della corresponsabilità nella riscoperta della vocazione dei laici, la passione per la cura dei giovani nel favorire la varietà del loro associarsi e l’educazione alla solidarietà e all’accoglienza, ma anche concreti percorsi per offrire loro possibilità di costruire impresa e lavoro (come Job in progress) unitamente allo studio dei nuovi linguaggi, all’uso educativo dell’Intelligenza artificiale e alla presenza nel mondo digitale, la formazione attraverso la costituzione di cammini di fede, il valore della comunione tra comunità (centralità delle zone pastorali o foranie in vista della collaborazione pastorale in un territorio frammentato e individualista), il senso del dialogo col mondo della scuola, attraverso l’opera degli Insegnanti di Religione, e col mondo della politica, con l’istituzione di laboratori di dialogo e confronto tra gli amministratori della cosa pubblica (in una diocesi denominato “cantiere della passione politica”), nati in alcune diocesi e accompagnati anche dal contributo dei vescovi.

È un inizio di speranza, che ha cambiato non tanto e non solo quanto già c’era, ma lentamente sta cambiando l’assetto dei credenti, inserendo anche nelle solite cose una novità di sguardo e di stile che è l’inizio della vera novità.