Betlemme, ricostruita in 3D la santa Grotta della Natività

L'illustratrice, Raffaella Zardoni, che collabora con lo Studium Biblicum Franciscanum, ci accompagna in questo straordinario viaggio riportandoci alle origini del luogo dove nacque Gesù.

Grazie ad un progetto della Custodia di Terra Santa curato da Raffaella Zardoni, si è riusciti a ricostruire in 3D la Grotta di Betlemme ai tempi di Gesù. Attraverso questa intervista (in esclusiva per PdV) ripercorriamo con l’illustratrice Zardoni questo straordinario viaggio che ci riporta alle origini del luogo dove venne al mondo Gesù. Potrete leggere anche sul prossimo numero di Fides Quaerens una relazione che ci ha gentilmente concesso.

Come si è arrivati alla ricostruzione della Santa Grotta della Natività?

Il progetto di ATS è in collaborazione con lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme; questo mi ha permesso di accedere alla loro biblioteca e soprattutto di incontrare regolarmente padre Eugenio Alliata, archeologo della Custodia, per formulare e verificare le ipotesi che man mano prendevano forma.

Come è noto, nella Grotta Santa non è stata sinora permessa alcuna indagine, ma un importante restauro negli anni ’60 è stato effettuato nelle grotte limitrofe a nord; la documentazione di questi scavi e il materiale edito, dopo il recente restauro della basilica ad opera della ditta italiana Piacenti, hanno permesso di individuare i punti sui quale basare l’ipotesi del sito al tempo di Gesù.

In base a questi studi, può dirci se Gesù è nato in una grotta o in una capanna?

In realtà su questo tema non sussistono dubbi. Per un artista medievale italiano, penso a Giotto, un riparo provvisorio è identificabile con una capanna di legno, ma a Betlemme il legno è un bene raro; qui sono le grotte che da sempre offrono rifugio per i pastori e spazi per magazzini o abitazioni.

Molto spesso sentiamo dire che Gesù non ha trovato “alloggio”. Cosa significa?

La Tradizione ininterrotta situa la nascita di Gesù al di fuori del villaggio basandosi sull’interpretazione del vangelo dell’infanzia di Luca che dice che “non c’era posto per loro”. Il rifiuto dell’ospitalità dei betlemiti trova la sua origine nel versetto del primo capitolo di Giovanni “i suoi non l’hanno accolto”. Poiché i Vangeli non parlano però di grotta, anzi Matteo cita espressamente una “casa”; il dibattito sul tema è sempre rimasto aperto. Negli scorsi anni ‘70 una diversa interpretazione del versetto di Luca evidenzia che Maria e Giuseppe abbiano trovato ospitalità e Maria si sia ritirata successivamente in una parte separata della casa al momento del parto. Questa ipotesi ha avuto una grande diffusione, ma non ha trovato conferma negli scavi degli anni ’60, che non hanno evidenziato tracce riconducibili ad abitazioni risalenti al primo secolo.

Nel nostro modello, con padre Alliata abbiamo perciò deciso di rappresentare la Grotta come un semplice rifugio di pastori senza alcuna sistemazione di soglie, divisori e gradini. Riguardo alla mancanza di ospitalità dei betlemiti, resta ancora aperta la domanda circa la strada che Maria e Giuseppe hanno percorsa: è plausibile che non siano passati da Gerusalemme per giungere a Betlemme, e quindi potrebbero non aver dovuto attraversare tutto il villaggio passando di rifiuto in rifiuto come raccontano le poesie di Natale.

Le icone spesso ci dicono cose che a noi sembrano fantastiche o lontane da noi, invece sono molto vicine alla realtà…

Come illustratrice so che un’artista non crea mai dal nulla, ma parte sempre avendo in mente o copiando qualcosa.

L’archeologia e le fonti letterarie e artistiche non concordano spesso, ma con un po’ di pazienza e fortuna a volte indicano nuovi percorsi.

Ad esempio, abbiamo delle piccole ampolle, del V e VI secolo, che i pellegrini portavano in Europa dalla Palestina come ricordo, decorate con le immagini dei siti venerati. Grazie a questi piccoli “souvenir” ci sono pervenute delle riproduzioni della perduta edicola costantiniana del Santo Sepolcro e del mosaico sull’abside della Chiesa della Natività. Così mi chiedo: a cosa faceva riferimento chi ha realizzato le prime rappresentazioni della Natività? Personalmente mi ha sempre incuriosito la frammentarietà dell’icona, ma dopo aver visto il reticolo di grotte sotto la basilica di Betlemme, mi piace pensare che all’origine del prototipo c’era una conoscenza del luogo.

I pellegrini che visitano per la prima volta Betlemme, arrivano con l’idea di trovare nella Basilica della Natività una grotta vera, in realtà non è così…

Una delle prime cose che insegna padre Alliata al corso per le guide di Terrasanta è che più un posto appare “romanticamente” come ce lo aspetteremmo meno è documentata la sua storicità. Ciò è comprensibile: non è possibile che rimanga inalterato un sito oggetto per secoli di venerazione, conquiste e protezioni varie. E ancora di più ciò vale per Betlemme, cittadina di confine situata al margine del deserto, perennemente esposta alle scorrerie e alle invasioni. San Giustino, palestinese di Nablus, scrive nel II secolo che la gente del villaggio si tramanda di padre in figlio il luogo preciso della nascita di Cristo. Come potrebbe questo via vai che attraversa 20 secoli non lasciare tracce?  Però una certa delusione è comprensibile: nella Grotta Santa vediamo la parete rocciosa solo nella nicchia a sud che la tradizione identifica con la mangiatoia dove Maria pose il Figlio. Le altre pareti sono coperte da pesanti tendaggi e lastre di marmo. E la doppia scala, voluta da Giustiniano per permettere il passaggio di un maggior numero di pellegrini, ha fatto perdere la forma primitiva della Grotta e della sua unitarietà. Ma poiché non è possibile togliere questi 2000 anni di storia, consiglio di visitare il vicino Campo dei Pastori di Beit Sahur, un posto che per il suo “romanticismo” è sicuramente poco attendibile come punto preciso dell’annuncio degli Angeli ai pastori, ma è utile per avere un’idea di come potesse essere la collina con le sue grotte di roccia chiara.

Come si presenta oggi la Basilica della Natività?

Grazie al recente restauro, la basilica, che risale al VI secolo ed è una delle più antiche sussistenti, ha un aspetto magnifico! In particolare, sono stati per me una sorpresa i colori dei mosaici, frutto di un raro momento di collaborazione tra il regno latino e l’imperatore di Bisanzio. Splendidi sono i grandi angeli dalla caratteristica posizione delle ali in atto di “atterrare” sulla Grotta.