Cartellino rosso sui social per chi insulta od offende

La disinvoltura e la distorsione che accompagna oggi l’uso dei social in cui ognuno si sente autorizzato a dire ciò che vuole come se le frasi scritte rimanessero nel segreto di un cassetto.

La senatrice Liliana Segre è da tempo bersaglio di attacchi pesanti da parte del movimento che si oppone alle vaccinazioni e alla richiesta di certificato verde per il lavoro e le attività ricreative. Ultimamente aveva detto che l’unica risposta ai No Vax che accostano la Shoah alle leggi sul Green Pass è solo il silenzio, ma le polemiche contro di lei, invece di placarsi, sono continuate al punto di sfociare nell’intervento sui social di un esponente leghista lombardo, consigliere provinciale ed ex deputato, dichiaratamente No Vax, che l’ha aggredita in un post sui social, peraltro poi rimosso per le reazioni veementi anche dei vertici del suo stesso partito. Nel post l’energumeno da tastiera scriveva: “Mancava lei… 75190”, dove lei è Liliana Segre, deportata ad Auschwitz a 13 anni e marchiata con quel numero dai nazisti sul braccio. Poi sono arrivate le scuse quasi obbligate più che convinte, se pure in un primo momento il politico si era rifiutato, rivolgendosi a chi gliele chiedeva: “Imparino a guardare a casa loro, non sul mio profilo Facebook, dove scrivo quello che voglio”.

E se il contenuto del post si commenta da solo, ed ha ragione la Segre a dire che risponde col silenzio che vale più di mille parole, ciò che turba e merita una riflessione è proprio la convinzione di poter scrivere ciò che si vuole. Indipendentemente se si offenda, se si ferisca, se si colpisce in maniera vergognosa la storia altrui. In quella erronea convinzione è racchiusa tutta la disinvoltura e la distorsione che accompagna oggi l’uso dei social in cui ognuno si sente autorizzato a dire ciò che vuole come se le frasi scritte rimanessero nel segreto di un cassetto. Dire ciò che si vuole ha un limite: il rispetto della dignità e dei diritti altrui.

E se purtroppo alle innumerevoli sciocchezze ed imbecillità che si leggono non si può porre argine in nome del diritto di espressione di opinione, quando si varca questo limite, denigrando e calunniando gli altri, ritengo che sia arrivato il tempo di punire non solo penalmente chi offende così gravemente, ma ricorrendo anche al cartellino rosso e prevedendo una definitiva espulsione dal circo mediatico che dà diritto di parola anche a chi non lo merita.