Cultura
Come don Giussani parlerebbe oggi al cuore dei giovani di oggi?
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Il 22 febbraio 2005 moriva don Luigi Giussani. “Cristo come avvenimento” per la migliore paideia
Come don Luigi Giussani avrebbe intercettato il “senso religioso” nell’oggi? A venti anni dalla sua morte (22 febbraio 2005), si può dire che il mondo è notevolmente cambiato, anzi che – come è da tutti riconosciuto – ci troviamo in un’altra epoca, alla quale, come ha recentemente affermato su Avvenire il teologo Lorizio, ancora non è stato stabilito un nome oltre il solito “post”. Ma, e ritorno alla domanda iniziale, come don Luigi Giussani avrebbe affrontato il post-umano e il post-moderno, ovvero il trans-umano che fa i conti con intelligenze artificiali e ritrovati tecnici?
Rileggere Giussani a venti anni dalla sua morte significa ricuperare i preambula theologiae che egli ha fatto cardine della propria fides quae. Lo sguardo di Giussani al sensus fidei è quello di un teologo fondamentale e di un cristologo pratico che riconosce l’evento Incarnazione come il grande dato da trasmettere al cuore dell’uomo. Oggi la teologia che guarda al contesto è liberante se, fedele al suo fondamento, sa cogliere il fenomeno e purificarlo alla luce dell’evento Cristo, da declinare come un incontro con una persona, come notoriamente inteso, fra gli altri, da Ratzinger.
In questo senso potrebbe leggersi la stessa spinta alla paideia che ha mosso il Nostro portandolo a direzionare i suoi sforzi verso l’educazione delle giovani generazioni, quegli stessi incipientes a cui Tommaso d’Aquino volle rivolgersi nella sua Summa (secundum quod congruit
ad eruditionem incipientium). In un contesto di atarassia e ignoranza religiosa, più che celebrare il dolore dei i cocci rotti delle nostre confezioni, occorre raccogliere le esperienze dell’umano e innestarvi, come da paolina immagine dell’agricoltore, il modello di Gesù cristo, non come memoria di un passato lontano, ma come un experiri. È un’impresa possibile, se si ha il coraggio di riconoscere il buon terreno del cuore di tanti giovani, spesso solo da sollecitare, ma certamente pronto a cogliere le possibilità della fede non come salto in assurdo – per parafrasare Kierkegaard – ma come conoscenza vitale.
Don Giussani avrebbe nuovamente sentito forte l’esigenza di riversare le sue fatiche di testimone credibile verso la proposta educativa di Cristo come avvenimento valido oltre ogni tempo e ogni spazio ma capace di parlare all’uomo di ogni spazio e di ogni tempo. Peraltro, sembra ancora oggi l’unica strada percorribile per esprimersi nei termini di una “logica dell’incarnazione”.