Attualità
Covid-19. I cibi ultra-processati ci espongono al Virus
La riduzione dell'Indice di Adeguatezza Mediterranea, con l'aumento dell'obesità, aumenta la suscettibilità ad una esposizione al Covid-19 perchè il tessuto adiposo porta uno stress ossidativo ai processi infiammatori.
La pandemia ha cambiato il nostro modo di vivere, anche per quelle che sono le abitudini alimentari. La riscoperta forzata dell’habitat domestico ha contribuito a modificare la dieta e l’attitudine a fare attività sportiva. Quasi 1 italiano su 2 ha alleviato l’ansia con cibi ricchi di zuccheri. Poco alla volta, però, è stata riscoperta la dieta mediterranea. La prima fotografia delle abitudini degli italiani durante il lockdown emerge dai risultati preliminari di un’indagine coordinata da un gruppo di ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma. Noi abbiamo intervistato la coordinatrice dell’indagine, la dottoressa Laura Di Renzo, professore associato del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica dell’ateneo capitolino diretto del prof. Antonio De Lorenzo, direttore del Dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’ateneo capitolino.
Dottoressa, come è cambiata la nostra alimentazione con la convivenza di questa terribile pandemia?
Dobbiamo partire da lontano, perché le nostre abitudini alimentari sono cambiate drammaticamente negli ultimi anni.Abbiamo la migliore dieta salutare che è quella Mediterranea italiana di riferimento che è stata studiata nel 1970 a Nicotera, in Calabria. La dieta mediterranea italiana di riferimento prevedeva un consumo abbondante di verdure e ortaggi, alla base di questa dieta c’era un bilancio tra assunzione di alimenti e pesa in pareggio. Alla base c’era anche un consumo esclusivo di condimento da olio extravergine di oliva, una bevuta con moderazione di buon vino rosso (1-2 bicchieri al giorno), un’abbondanza di verdura, ortaggi e frutta mediamente intorno ai 700/800 grammi al giorno, frutta secca, legumi anche abbinati alla pasta. C’era un’associazione tra cereali e legumi, pesce e con moderazione (nelle feste o la domenica) si poteva consumare della carne, dei formaggi o le uova (prodotti di origine animale). Questo ha portato a definire un Indice di Adeguatezza Mediterranea (MAI) che negli anni per lo studio di Nicotera aveva un valore superiore a 15. Più questo indice è alto più la dieta è attinente alla dieta Mediterranea. Si era dato un valore accettabile in correlazione con le malattie per un valore pari a 5, oggi l’Italia registra un valore superiore o inferiore ad 1. Questo vuol dire che abbiamo aumentato in modo esponenziale intorno al 1981 con l’apertura dei primi fast food, siamo di fronte ad un’inversione di tendenza che noi chiamiamo “transizione nutrizionale”. Prima di allora le malattie croniche degenerative non trasmissibili come obesità, diabete, malattie cardiovascolari fino al cancro, erano quasi assenti, riducendo i cibi poveri c’è stato un incremento di queste malattie proporzionalmente alla variazione della dieta e ad una riduzione soprattutto del consumo di verdura, frutta ed ortaggi e contemporaneamente con l’introduzione di cibi che noi chiamiamo “ultra processati”, cioè prodotti industriali dove c’è un’eccessiva lavorazione e manipolazione del prodotto.
Che correlazione c’è con il Covid-19?
Nel frattempo abbiamo visto che è aumentato il peso della popolazione, siamo diventati tra i Paesi al mondo più obesi, purtroppo la Calabria detiene un triste primato in particolare riguardo l’obesità della popolazione infantile. Anche culturalmente credo che abbiamo voluto imbottire questi ragazzini perché la “ciccia” faceva bellezza, invece essere obesi o avere una percentuale elevata di massa grassa che supera il 30% nella donna e del 5 % del peso nell’uomo, vuol dire avere una serie di patologie correlate. Questa riduzione dell’Indice di Adeguatezza Mediterranea, con l’aumento dell’obesità aumenta anche la suscettibilità alle infezioni virali, non solo nelle malattie neurodegenerative, col diabete, nelle malattie cardiovascolari, nel cancro, nell’osteoporosi, ma aumenta la suscettibilità ad una esposizione al virus perché il tessuto adiposo, che è un organo che infiamma, porta uno stress ossidativo ai processi infiammatori molto forti, conseguentemente si verifica un’alterazione dell’attivazione del sistema immunitario. Se il virus, che in questo momento è il Covid-19, incontra una popolazione malnutrita per difetto perché è carente di energie (sottopeso) ma anche malnutrita per eccesso (una popolazione di obesi che segue una dieta occidentale e non una dieta mediterranea) perché mancano i micronutrienti essenziali, la popolazione è più suscettibile all’infezione virale. Abbiamo visto dagli studi di nutrizione clinica e ospedalieri che i malati di Covid-19 obesi hanno una prognosi meno favorevole. La nostra alimentazione non è cambiata oggi perché siamo in lockdown chiusi in casa, ma è cambiata molto prima e ci rende molto suscettibili alle infezioni virali e quindi anche al Covid.
Com’è cambiata dunque la nostra alimentazione durante la Fase 1?
Nello studio riguardante il lockdown Fase 1 abbiamo suddiviso la popolazione in tre zone: Nord, Centro e Sud con le Isole. Ci siamo posti la domanda se le abitudini alimentari e lo stile di vita e lo stato d’animo delle persone fossero diversi in funzione di quanto erano interessate dall’infezione del virus e dalle morti a causa del Covid. Abbiamo lanciato questo primo questionario, il dato è stato che le persone al Sud avevano un indicatore di popolazione dello stato di normopeso e di obesità più alto rispetto al Centro e al Nord. Abbiamo chiesto se ci fosse stato un aumento di peso e in generale la popolazione in Italia ha risposto di si, pari al 48%. Però guardando l’Indice di Adeguatezza Mediterranea era alto nelle popolazione del Centro-Nord, mentre basso nel Sud e nelle Isole in quanto non hanno seguito le indicazioni della dieta mediterranea. Un dato contrario rispetto a quello che storicamente dovrebbe essere. Laddove nasce la dieta mediterranea e laddove c’è una qualità di prodotti alimentari più genuini, queste regioni del Sud hanno il più basso MA;, nonostante tutto quando abbiamo posto la domanda “dove fai la spesa?” un 14-15% della popolazione ha dichiarato di farla al mercato locale di prossimità o al negozio biologico, mentre la popolazione del Sud si è rivolta al supermercato.
Come si può fare prevenzione a tavola se i dati sono questi?
Con la nutrizione possiamo prevenire l’insorgenza di una serie di patologie. Oggi possiamo aiutarci sia per le patologie cronico-degenerative ma possiamo anche aiutarci nel tentare di star meglio, prevenire l’infezione da Covid-19, o comunque nel far si che una volta che siamo infettati l’organismo risponda al meglio delle sue possibilità. Qui facciamo riferimento all’immunonutrizione. Oggi in previsione di questa situazione emergenziale della pandemia ed in vista dell’inverno che è alle porte dobbiamo prenderci cura di noi a cominciare dalla tavola. Questi stati di allerta come il raffreddore, l’influenza, un’esposizione ai vari virus, ci costringono a dover star meglio per rispondere ad una eventuale infezione da Covid a partire dalla nutrizione mangiando degli alimenti che siano in grado di aiutarci a modulare la risposta immunitaria. Non è una cosa impossibile, ma si può fare.
Quali sono gli alimenti da portare in tavola che svolgono un’azione stimolante e protettiva del sistema immunitario?
Esiste una categoria di micronutrienti cioè le vitamine (A, B, C, D, E, K), i minerali (calcio e fosforo) e gli oligoelementi (ferro, zinco, selenio e manganese), che svolgono queste funzioni. Oltre alla giusta quantità, è importante mangiare la frutta e la verdura, sempre, soprattutto quella di stagione perchè è più ricca di antiossidanti che sono delle molecole micronutrienti che possono aiutarci a rispondere ai processi infiammatori dell’organismo in atto e allo stress ossidativo, ma anche quando abbiamo da combattere contro un agente patogeno. D’altra parte non dobbiamo aumentare di peso perché è correlato ad una maggiore suscettibilità alle infezioni virali. Abbiamo constatato che per alcune categorie di soggetti, soprattutto le donne si sono rifugiate nei comfort food, cioè in quegli alimenti che le davano piacere. Abbiamo cominciato ad impastare, fare il pane, i dolci, la pizza, come dato statistico abbiamo aumentato la produzione casalinga di questi prodotti da forno. Mettersi in cucina ha rappresentato un momento di cura di sè e di benessere. Il dato interessante è la fascia di età di chi ha mangiato meglio e mediterraneo ovvero i giovani tra i 20 e i 30 anni, tra l’altro era la fascia di età che faceva la spesa per conto proprio, perciò c’è stata una maggiore cura. Si è ridotto in piccola percentuale il numero di sigarette fumate, un dato in controtendenza, ma essendo il Covid una malattia respiratoria, si è fatta più attenzione. Si è dormito di più, anche se il numero di ore non corrisponde alla qualità del sonno, ma il numero di ore passate a letto sicuramente è aumentato.
Tornando all’alimentazione, cosa dobbiamo mangiare per allontanare questo potente virus?
Intanto dobbiamo recuperare l’Indice di Adeguatezza Mediterranea e farlo risalire da 1 a 5. Questo vuol dire mangiare verdura almeno 500 grammi al giorno (oggi siamo intorno ai 200 gr a porzione al giorno), perché contiene sia minerali che hanno la funzione per la nostra difesa immunitaria come lo zinco, il selenio, il calcio, il fosforo, insomma una serie di minerali che a noi occorrono; contengono le vitamine e se le mangiamo crude abbiamo una buona fonte di vitamina C; gli antiossidanti nella verdura più colorata che con le loro molecole fanno parte degli immunostimolanti ma contiene anche le fibre, cioè i prebiotici che hanno una funzione di stimolare il microbiota intestinale e di ripristinare un equilibrio, ovvero una eubiosi. La dieta mediterranea aiuta all’equilibrio, a mantenere uno stato di benessere e di salute dell’intestino; una dieta fatta di alimenti ultra-processati della dieta occidentale porta ad un processo infiammatorio intestinale che concorre ad aumentare il rischio da infezioni anche virali perché aumenta la permeabilità intestinale sia a molecole infiammatorie che a virus. Fibre, prebiotici e dieta mediterranea mantengono l’eubiosi intestinale. Dovremmo mangiare alimenti che in totale ci danno 25/30 grammi di fibre al giorno, le possiamo ricavare dai legumi, dai cereali, ovvero dai carboidrati complessi. È necessario ridurre i carboidrati semplici. Un’altra cosa che piace ai nostri batteri intestinali è la cioccolata fondente purché sopra il 70%. Impariamo perciò a fare il torrone a casa, con una stecca di cioccolata fondente al 70% e con all’interno le nocciole, perché nocciole, le noci, le mandorle hanno un’alta qualità nutrizionale antiossidante, sono alimenti del gruppo immunostimolanti. Se vogliamo possiamo anche prendere i probiotici come il bifidobacterium, il lactobacillus, che vanno ad integrare la nostra flora intestinale. In questo periodo non ci deve mancare la vitamina D. Quest’estate ci siamo esposti al sole ma potrebbe non essere sufficiente pertanto potremmo ricorrere all’integrazione di vitamina D e di acido folico perché quest’ultimo è un altro nutriente essenziale, un fattore medico ma implicato nella riduzione al rischio di osteoporosi, di malattie cardiovascolari e di sarcopenia; ed è anche un immunostimolante. Come alimenti che contengono un sacco di antiossidanti possiamo ricorrere alla cipolla rossa, ricca di quercetina e di altri antiossidanti polifenoli. Questo è il periodo anche della melagrana, delle meravigliose clementine, delle arance, è il periodo migliore per prendere un sacco di vitamina C, quindi spremute d’arancia, almeno 5-6 clementine al giorno, oppure anche i canditi che hanno olii essenziali. Esclusa la ‘ndujia che va eliminata dalla dieta, avete in Calabria un sacco di prodotti e di alimenti così buoni e benefici infiniti. Riguardo al maiale, visto che si avvicina il periodo della sagra, se è allevato a ghianda farebbe benissimo. Purtroppo non ce l’abbiamo più allevato a ghianda, perché aveva un contenuto di omega3 pari al pesce.
Certo che levare da tavola la carne di maiale ad un calabrese non è una cosa facile….
Non sono calabrese, ma di adozione si, perché lavoro con il prof. De Lorenzo, uno dei massimi esperti di nutrizione clinica che è di Acquappesa, nato a Paola, e per la Calabria facciamo un sacco di cose pertanto la conosco bene, quando sento dire che la dieta calabrese non è mediterranea perché c’è il maiale non condivido, perché anni passati si mangiava , c’era la possibilità di allevare il maiale, ed equivaleva al pesce, quindi anche se dieta contadina e non di pescatori, fino agli anni 70 era buona. In prospettiva alla sagra del maiale abbiamo una soluzione perché abbiamo pubblicato dei lavori sul panino del Mc Donald’s, che si potrebbe assimilare in termini di grassi ad una mangiata di maiale. Il panino americano contro un pasto mediterraneo è un panino che ha una serie di indicatori di qualità nutrizionale bassi, l’indice di trombogenicità, di aterogenicità, di colesterolo saturo, è dieci volte più alto rispetto a quelli del tasso mediterraneo, però se sopra ci si beve uno o due bicchieri di vino rosso il valore del colesterolo cattivo si riduce. Un pasto grasso abbinato ad un bicchiere di vino rosso è meglio di un pasto grasso da solo. Per i bambini e i giovani che consumano questi prodotti americani al posto del vino possono rimediare mangiando durante la giornata almeno 40 grammi di frutta a guscio come le nocciole, le noci, non quelle tostate ma sgusciate. Una frutta secca appena sgusciata può aiutare a ridurre lo stress ossidativo indotto dal pasto grasso. Quindi le pietanze con la carne di maiale si possono mangiare, anche un paio di volte a settimana, sempre con moderazione abbinando prima del consumo una bella insalata mista, una merenda con frutta fresca o una spremuta d’arancia. Per tenere alto questo MAI vuol dire assumere nella giornata una serie di nutrienti. In vista del Natale invece del panettone, suggerisco di mangiare la pitta ‘mpigliata, che è dolce oltre ad essere buona, ma il miele, le noci, i fichi secchi, i canditi e le scorze d’arancia, la rendono il dolce migliore in assoluto pensando al Natale.
La sedenteriatà, dovuta al lockdown e allo smart working, incide anche sul nostro stile di vita. Ha dei consigli da darci?
Dai dati acquisiti abbiamo visto che chi era sedentario prima della pandemia è rimasto sedentario. Chi di suo aveva una vita attiva tra palestra e altri sport si è attrezzato in casa ed ha fatto più movimento rispetto a quanto ne faceva prima della pandemia in palestra. Allo stile di vita alimentare dobbiamo anche abbinare l’attività fisica come terapia, non dobbiamo tutto al fatto che sia prescrivibile, ma deve diventare un’abitudine. In periodo i bambini li facciamo giocare liberamente togliendoli dalle playstation; per gli adulti si consigliano belle camminate ma camminare non basta. Per attivare il metabolismo bisogna fare un’attività airobica e anerobica alternata, quindi in assenza di palestra possiamo salire su e giù le scale di casa o del palazzo, saltare in corda, dotarci di elastici, da acquistare anche su internet, per fare movimenti contro peso, costano poco e sono molto efficienti. Camminare sì ma abbinando esercizi anerobici. Questa è la soluzione. È da aggiungere che fa molto bene alle ossa, e all’anima, il ballo.