Primo Piano
Covid-19, una ghiotta occasione per le mafie
Intervista al dott. Antonio Nicaso autore del libro “Ossigeno illegale” scritto assieme al Procuratore Nicola Gratteri. "I reati di usura stanno aumentando sia in Italia che in Europa".
Come le mafie approfitteranno dell’emergenza? Il Covid-19 sarà un’occasione per radicarsi nel territorio italiano? Ebbene sì, ce lo insegna la storia. “È il «new normal», la storia che si ripete e che rammenta a tutti come le mafie e le cricche a esse collegate siano sempre riuscite a trarre benefici dall’inefficienza e dalla lentezza dello Stato, ma anche dalle incognite legate al sistema bancario, spesso inefficace in situazioni come quella attuale”. E’ quanto scrivono Nicola Gratteri e Antonio Nicaso nel libro “Ossigeno illegale”, appena uscito edito dalla Mondadori. Noi abbiamo intervistato il dottor Nicaso, di origini calabresi, uno dei massimi esperti di criminalità organizzata a livello internazionale.
Dott. Nicaso “Ossigeno Illegale” è un libro fatto di esempi concreti, scritto di getto e motivato dalla rabbia. Perché questa rabbia?
Perché è un film già visto. Racconta l’afflato delle mafie e i contributi erogati per fronteggiare pandemie e terremoti. È qualcosa che dimostra un dato incontrovertibile, cioè che finora siamo riusciti ad imparare poco dal passato e dalla storia. Le mafie hanno sempre tratto vantaggi, trasformato le crisi, le pandemia, le carestie, le calamità naturali, in opportunità ed è quello che purtroppo sta succedendo oggi. In questo momento le mafie stanno facendo di tutto per dare fiato, da questo il titolo del libro “Ossigeno illegale”, ad una economia in affanno. L’obiettivo è sempre quello di lavare i soldi sporchi accumulati occultandone la provenienza.
Ossigeno dunque equivale a corruzione. Possiamo dire che mafia e corruzione sono due facce della stessa medaglia?
L’ossigeno avvelenato è illegale e quando si parla di investimenti, di opportunità, per trarre vantaggio da pandemie e da crisi economiche e calamità naturali ,si pensa sempre ad un concetto che va oltre le mafie che è appunto quello delle cricche, di queste conventicole, di queste cointeressenze, cui spesso vengono messe a frutto competenze ed esperienze criminali diverse. Il collante è quello della corruzione. Spesso per ottenere appalti bisogna fare accordi sottobanco con politici; per riciclare denaro c’è bisogno della competenza e consulenza di professionisti; è tutto un mondo che potremmo in qualche modo catalogare sotto una immagine purtroppo preoccupante che è quella delle alleanze nell’ombra.
L’asso nella manica per le mafie è di arrivare prima dello Stato con molta rapidità e con una grossa liquidità di denaro. Cosa comporta questa tempestività?
Esatto, questi sono due aspetti importanti legati alla tempestività. I ritardi finiscono sempre per avvantaggiare chi non deve fare i conti con la burocrazia che spesso è farraginosa, ma soprattutto aiutano chi in questo momento ha grande liquidità, perché ha la possibilità di acquistare tutto ciò che è in vendita. È già successo dopo la caduta del muro di Berlino, durante la crisi finanziaria del 2008, così come allora oggi ci sono già delle avvisaglie. I reati di usura che stanno aumentando, il fatto che negli ultimi cinque mesi più di 40mila imprese hanno cambiato proprietà, questi sono indicatori che oltre alle indagini che hanno già portato all’emissione di ordinanze di misure cautelari nella prima fase della pandemia dimostrano una sorta di attivismo, che però va oltre l’Italia e l’Europa. Non so se ricordate la polemica di un giornale tedesco in cui si diceva “non date soldi all’Italia perché rischiano di finire nelle mani delle mafie”. Questi sono allarmi ridicoli perché oggi le mafie hanno grosse e potenti ramificazioni all’estero. Il rischio non è che le mafie possano mettere le mani sui sussidi in Italia ma il rischio è che le mafie possano mettere le mani sui sussidi in Europa. Questa è la grande sfida.
Cosa chiedono i mafiosi a chi cade nella loro rete?
Quando si lascia un territorio in uno stato di perenne necessità il rischio è sempre quello di dover pagare il conto e quindi quando si ottiene qualcosa c’è il rischio che nel tempo quel qualcosa te lo facciano pagare. Il favore fatto va in qualche modo restituito. L’idea di poter utilizzare i soldi della droga, che è una di quelle attività che non ha subito un rallentamento nella prima fase del lockdown, dimostra come è possibile investire e rilevare delle aziende. Oggi le aziende non vengono rilevate del tutto quantomeno vengono rilevate in modo sostanziale ma non in modo formale. Per esempio, rispetto ad un’azienda in crisi possono garantire delle garanzie bancarie, non necessariamente devono investire dei soldi; quindi se c’è un’azienda in difficoltà possono rivolgersi alla banca per concedere il prestito perché garantisco loro, chiaramente quella garanzia significa entrare nell’azienda anche se non formalmente. E così si possono fare tante cose per sostenere un’azienda in difficoltà con l’obiettivo di rilevarla o di controllarla o con l’obiettivo poi di poterla acquisire. Nella zona di Rimini, ad esempio, ci sono centinaia di alberghi in vendita, tantissime piccole e medie imprese che fanno fatica ad andare avanti o che sono in ginocchio, ed in questo momento si può acquistare a prezzo di saldo. È chiaro che i mafiosi, che non dobbiamo immaginare come delle persone super competenti ma delle persone che hanno dei soldi e che grazie ai soldi riescono a poter assumere dei consulenti, grazie a quest’ultimi si muovono e riescono a fare delle operazioni finanziarie anche sofisticate. Chi in questo momento di crisi ha liquidità parte da una posizione di vantaggio ed è quello che sta succedendo in Europa.
A proposito dei consulenti di cui si avvalgono le mafie, qual è il profilo di questi specialisti dell’economia canaglia delle mafie?
È gente che mette i propri neuroni a servizio di chi offre di più, di chi li paga profumatamente. I consulenti sono delle persone che non si preoccupano della provenienza del denaro ma sono più interessati a come farlo fruttare. E’ quello che sta succedendo oggi nel mondo, dove non è importante la provenienza del denaro ma far fruttare quell’investimento. C’è gente che lo fa e c’è un vero e proprio tariffario, ci sono stati momenti dal 1990 ad oggi in cui alcuni avvocati, alcuni professionisti, hanno chiesto addirittura il 20-22% come compenso per il denaro investito. Adesso i prezzi si sono abbassati per ottenere questo servizio anche perché c’è molta gente disoccupata. Nel libro c’è una conversazione intercettata in cui un boss dice “noi in questo momento con un centinaio di migliaia di euro possiamo permetterci fior di professionisti”, architetti, ingegneri, “teste di paglia” come li definiscono nella conversazione; l’idea che si coglie ascoltando questa conversazione al di là del possibile millantato credito è quello di persone che in questo momento possono permettersi di fare shopping di neuroni e di andare a cercarsi dei consulenti che poi serviranno per fare delle operazioni commerciali, imprenditoriali, finanziarie. Oggi c’è molta gente sul mercato facile da acquistare, ovvero teste di paglia se ne trovano con semplicità.
Oggi assistiamo sempre più ad una mafia silente, che uccide meno, ma che ottiene sempre grandi risultati. Il ruolo dei mafiosi nella pubblica amministrazione e nella politica favorisce questa condizione silente e non di allarmismo sociale?
Ritorno a ribadire: noi non abbiamo imparato nulla dalla storia, i mafiosi invece hanno tratto degli insegnamenti dalle loro esperienze passate. La strage di Duisburg ha fatto capire alla ‘ndrangheta l’errore commesso in Germania, l’errore di creare allarme sociale e di attrarre l’attenzione del mondo su una organizzazione che prima non era molto conosciuta a livello internazionale. Hanno sicuramente capito che quando si muovono sotto traccia, quando non sparano non danno fastidio, quindi passano quasi inosservati perché le mafie finora quando hanno centellinato la violenza, sono state considerate una sorta di opportunità dai tanti Paesi europei che non si sono mai fatto il problema dei soldi che i mafiosi investivano nei loro territori. Questa è una strategia vincente, perché la mafia secondo alcuni esiste solo quando spara, quando non spara non fa notizia e se non fa notizia non esiste. L’idea di una mafia silente, che non fa a meno della violenza, perché la violenza è una componente costitutiva delle mafie, ha una sua economicità. Per questa ragione le mafie oggi sono molto più efficaci nella loro strategia di espansione proprio perché non hanno bisogno di utilizzare la violenza. Ricordo una conversazione in cui il rampollo di una famiglia di ‘ndrangheta diceva “se vogliono sapere di che pasta siamo fatti devono fare una ricerca su Google e ricercare il nostro cognome”. Queste cose fanno capire che anche la violenza è cambiata. Oggi si parla di violenza strategica perché la violenza percepita è più efficace della violenza praticata, quindi non serve praticarla. La forza di intimidazione dell’organizzazione criminale è già sufficiente per mettere in guardia chiunque.
Nelle mafie abbiamo visto che è cambiato il linguaggio, sono cambiati i sistemi di spaccio e sta cambiando anche la rotta. Perché le organizzazioni criminali si stanno spostando in Asia e nei Paesi dell’Est Europa?
Stanno investendo molto nell’Europa dell’Est, in Asia, così come hanno fatto negli anni passati in Australia. Se pensiamo alla Cina dobbiamo pensare ad un Paese che sta cambiando e ad un Paese che tra qualche anno avrà quasi 20 milioni di tossicodipendenti di cocaina. Sono mercati che offrono delle opportunità straordinarie. Ormai il mondo sta diventando una sorta di risiko con le mafie o quantomeno con le cricche che aprono squarci nell’economia legale pronti a mettere delle bandierine sui Paesi dove è molto più efficace investire. Ecco perché spesso parliamo di paradisi normativi, perché si va alla ricerca di quei Paesi dove è molto più facile delinquere, dove le leggi sono meno afflittive. Questo è quello che sta succedendo, le mafie stanno cercando di andare ad investire soldi dove l’attenzione del legislatore è meno occhiuta, meno attenta.
Perché l’Italia appare così debole e fragile dinanzi agli occhi dell’Europa nonostante sia l’unico Paese ad avere una struttura investigativa e normativa ben consolidata?
Perché è chiaro che la forza delle mafie è direttamente proporzionale alla debolezza della politica. Noi dal punto di vista politico siamo molto deboli soprattutto a livello europeo. Ci sono delle grandi difficoltà oggi a farsi sentire, ad imporre una strategia a livello europeo, penso all’esperienza accumulata alla lotta alle mafie, l’Italia è leader nel mondo. È vero ha le mafie ma ha anche una forte antimafia; antimafia che è nata in Italia per certi aspetti, eppure facciamo fatica ad imporre la nostra impostazione perché l’idea del mondo così come dell’Europa è che le mafie siano un problema italiano, un problema che riguarda l’Italia con delle leggi che riguardano l’aspetto italiano del fenomeno. Purtroppo non hanno capito che le mafie più che un modo di essere sono un modo di fare. Hanno un modello che è esportabile, replicabile, proprio perché si fonda sulla capacità di relazioni e di adattamento. Ecco perché oggi le mafie sono vincenti: perché riescono a riprodurre il modello anche lontano dai territorio di origini.
Questo volume edito da Mondadori, scritto a quattro mani da due calabresi, lei e il Procuratore Gratteri, riporta un pezzo di Calabria malato a causa della ‘ndrangheta. Cosa sta succedendo in questo momento di crisi legata alla pandemia nella nostra terra?
Sì, chiaramente l’obiettivo è di sfruttare i sussidi e di mettere le mani sui fondi destinati alla sanità. La ‘ndrangheta da tempo investe nella sanità privata che è spesso convenzionata con quella pubblica. Chiaramente c’è un attivismo sul territorio per cercare di trovare un consenso con una sorta di welfare, che arriva molto spesso prima rispetto a quello dello Stato. L’idea che il Recovery fund sconta ritardi significa che chi soffre, chi ha difficoltà economiche, si rivolge a chi sul territorio è in grado di dare delle risposte seppure parziali e avvelenate, questo è il rischio. I tentennamenti e i ritardi possono avvantaggiare chi sul territorio è più attrezzato, chi ha più liquidità e gode di maggiore consenso sociale.
La Chiesa calabrese è attenta al fenomeno mafioso della ‘ndrangheta che attanaglia la nostra Regione. Oltre ad aver raccolto diversi documenti e pronunciamenti della Chiesa in materia di contrasto alla criminalità organizzata (a partire dal 1916) in un libro “La ‘ndrangheta è l’antievangelo” ha introdotto nei seminari un corso accademico su questo fenomeno della ‘ndrangheta e dei connessi problemi sotto il profilo religioso ed ecclesiale. Lei, che è uno dei maggiori esperti a livello internazionale sulla criminalità organizzata, come valuta questa iniziativa?
È fondamentale. La Chiesa ha un prestigio straordinario sul territorio. L’idea di fare dei corsi di formazione e di affrontare gli argomenti è sicuramente una strategia importante che garantirà risultati. In passato la Chiesa è stata silenziosa, ci sono stati tantissimi casi di colpevoli silenzi, ma da quando Papa Francesco ha dato la svolta straordinaria da Sibari scomunicando i mafiosi c’è maggiore coraggio da parte di tanti uomini di Chiesa. Sono state introdotte delle novità apprezzabili, una di queste è di creare corsi di formazione per far capire che è non possibile coniugare il Vangelo con quelli che sono i disvalori dei mafiosi. I mafiosi hanno sfruttato i simboli religiosi, hanno sacralizzato la violenza facendola passare come qualcosa di utile per tutelare un’organizzazione, si sono appropriati dei simboli religiosi. La Chiesa deve avere il coraggio e la forza di far capire che non è possibile fare il mafioso e allo stesso tempo l’uomo di Chiesa, e che c’è una giustizia che non può tenere conto della giustizia terrena e della giustizia divina. L’idea di chi prima diceva per giustificarsi “io posso pentirmi davanti a Dio e non davanti al giudice e davanti agli uomini”, era un alibi che spesso veniva utilizzato per dire “io non collaboro con nessuna magistratura, con nessuna Forza dell’ordine di polizia, perché credo nella giustizia divina e non in quella terrena”. L’idea che ci debba essere maggiore coerenza tra chi ammazza, chi estorce denaro, chi presta soldi a strozzo, non può trovare nessuna forma di legittimità. Ecco perché queste iniziative di far capire l’essenza delle mafie, di condividere queste esperienze con i nuovi sacerdoti, non può che essere salutare e positiva.
Da Ossigeno illegale il grido di allarme di Gratteri: è l’ora del fare perché il tempo delle parole è finito…
Io e Gratteri condividiamo questo percorso da quando eravamo giovani e sognavamo di fare qualcosa per cambiare la nostra terra, parliamo con un linguaggio comune, nel momento in cui afferma che c’è urgenza del fare, è quello che penso anch’io, tutto quello che diciamo è condiviso. È vero il tempo delle parole è finito, quindi è ora di fare perché il non fare, il ritardo, avvantaggia soltanto gli speculatori o quelli che hanno sempre lucrato sulle sofferenze delle popolazioni.