Chiese di Calabria
Crotone. La protesta dei familiari delle vittime del naufragio
Davanti al PalaMilone i parenti delle vittime del naufragio invocano l'aiuto delle istituzioni per evitare il trasferimento delle salme a Bologna.
Questa mattina, appena arrivati dinanzi al PalaMilone, ci hanno purtroppo accolto le grida e le lacrime di Torpekai, la giornalista collaboratrice Onu che ha perso la vita durante il naufragio. Dolore lampante, evidente, come quello di chi continua a raggiungere il Palazzetto per pregare e piangere. Pezzi di storia personale, locale, nazionale, europea. Perché i familiari delle vittime che protestano per la mancanza di decisioni politiche intorno alla tragedia di Cutro invocano l’aiuto di tutte le istituzioni.”Dove sono i diritti umani?”, “è questa l’Italia? È questa l’Europa? Si può morire in mare?”, “sono dieci giorni che stiamo aspettando, ma cosa dobbiamo aspettare?, le espressioni più ricorrenti. Da dieci giorni le salme giacciono in un palazzetto, dove dovrebbe celebrarsi la bellezza dello sport in quella che è una città, Crotone, che si fregia di essere “Città dello sport”. E se i crotonesi continuano a domandarsi il perché di tutto questo, dalle alte sfere nicchiano sulla gestione dei deceduti. I familiari sono sulle spine. Di questa mattina la decisione del Viminale di trasferire le salme a Bologna. Una scelta che ha sollevato la protesta e generato ancora più domande tra i cari, che hanno esposto cartelloni e foto dei loro cari defunti. Un trasferimento giunto improvviso, mentre la Prefettura di Crotone stava interloquendo con loro. Le richieste: rimpatrio in Afghanistan, e possibilmente chiarezza sui soggetti che avranno l’onere di riportare a casa i corpi dei migranti.