Decoder: la Chiesa e la cultura pop

Ci sono alcune domande che, nella Chiesa, dobbiamo avere il coraggio di farci, sporcandoci le mani e andando a fondo del variopinto ciarpame della cultura pop, nella speranzosa certezza di dialogare con più giovani.

Almeno ogni tanto, se si vuole davvero parlare CON gli altri, e non solo A gli altri, sarebbe bene interloquire con loro, mettendosi in ascolto di quanto interessa loro, di quello a cui pensano, che seguono, che vogliono.

La Chiesa è maestra di ascolto… in qualche modo, almeno in certe forme che a noi oggi sembrano ovvie, ma che non lo erano prima che essa nascesse, l’ascolto lo ha proprio inventato lei: l’accompagnamento spirituale, i colloqui, le condivisioni del sentire, la confessione, i dialoghi terapeutici… tutta roba nata nella Chiesa ancora giovane, in ambiente monastico o comunitario che fosse. Il tramonto degli dei “falsi e bugiardi”, che emettevano sentenze oracolari indiscutibili (e incomprensibili ai più) ha lasciato sempre più il posto al Dio che si rivela all’uomo per parlarci, anzi che lo crea proprio per avere un interlocutore degno e adeguato.

Quindi è normale che negli ambienti cristiani si parli molto e si ascolti molto, come sanno bene tutti gli inascoltati del globo, che nei nostri ambienti trovano sempre qualcuno che, pazientemente, li stia a sentire.

Va detto però che questo ascolto sembra incepparsi quando riguarda non tanto le persone, quanto quello che maggiormente le occupa nel quotidiano a livello di fruizioni, intrattenimento, evasioni, consumi, scoperte, letture, visioni, ecc. La Chiesa, forse risentendo ancora oggi di un certo elitarismo culturale, sembra essere sempre un passo indietro quanto alla consapevolezza di quello che la gente vede, legge, mangia, usa.

Quali sono le serie streaming che i giovani stanno vedendo di più? Perché? Che messaggio trasmettono? Cosa possiamo valorizzarne? Cosa ci dicono della distanza tra le nuove generazioni e l’insegnamento del Vangelo? Ci sono punti di vicinanza?

Ecco alcuni esempi di domande che, nella Chiesa, dobbiamo avere il coraggio di farci, sporcandoci le mani e andando a fondo del variopinto ciarpame della cultura pop, nella speranzosa certezza di trovare delle perle preziose che ci permettano di dialogare con la gente, specialmente con le generazioni più giovani, a partire da loro, sul loro livello, con un linguaggio loro comprensibile, così da poter davvero decodificare anche per loro l’annuncio di un Vangelo che altrimenti rischia di riversare la sua luce sempre sui soliti, che peraltro sono sempre di meno.

Di questo si occuperà d’ora innanzi la rubrica Decoder, e se a qualcuno questa sembra un’opera troppo compromissoria, provi a pensare se non è almeno altrettanto compromissorio che Dio diventi un uomo, pur di salvare l’uomo.