Famiglia e parrocchia, grembo di vocazioni

Quali sono le paure, le preoccupazioni e le difficoltà che ostacolano un giovane a fare una scelta radicale come quella di intraprendere un cammino vocazionale e spirituale?Ne abbiamo parlato con monsignor Nico Dal Molin, direttore della  Pastorale delle Vocazioni della Conferenza Episcopale Italiana

L’incontro degli uffici diocesani vocazionali regionali ci ha dato l’occasione di intervistare monsignor Nico Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni della Conferenza Episcopale Italiana.Don Nico cosa l’ha portata in Calabria?La possibilità di trovarci con i direttori e responsabili della pastorale vocazionale delle diocesi, tessere una rete di rapporto e scambio che per noi a livello nazionale è molto importante per tastare il polso della situazione delle realtà della regione e delle diocesi e poter capire quello che può essere utile per lavorare insieme.La formazione che si fa in seminario quanto influisce nel vita del futuro sacerdote? Influisce molto, anche perché gli anni di formazione stanno diventando una tappa consistente della vita del futuro sacerdote, anche a livello di quantità di tempo. E’ però tempo di fare anche scelte coraggiose, è tempo di parlare di una riforma nella formazione del prete; di questo si occuperanno i nostri Vescovi nella prossima assemblea Cei a maggio. Intanto, con la Commissione episcopale abbiamo preparato una griglia di lavoro per recepire alcune istanze e ottenere delle linee di lavoro per cavviare una sorta di continuità soprattutto tra la formazione dei seminari e la formazione permanente, che è difficile da curare in proprio. Però ci vuole anche qualche scelta che aiuti a sgravare la vita di un prete, ad esempio da tutta la parte amministrativa di una parrocchia. Castità, solitudine, amore che si fa silenzio, potrebbero essere alcune delle paure che bloccano un giovane propenso ad un cammino vocazionale nel fare una scelta radicale? Il senso di paura e di smarrimento talvolta c’è perché questo tipo di scelta è anche affettiva. Oggi tutte le scelte fanno paura. Però è altrettanto vero che questo tipo di scelta ha bisogno di una consapevolezza; è da non sottovalutare la scelta di un celibato, di una vita di castità, di un amore fatto silenzio, che comunque è un atto di amore. Tutto ciò è oggetto di una profonda consapevolezza. La solitudine è una compagna di vita, talvolta crea qualche difficoltà ma è anche una risorsa preziosa. Quella che fa più paura però è la solitudine di carattere pastorale. Renderci conto che dopo aver dato tanto del nostro tempo o tutta la giornata alle persone, la sera ci troviamo a dire “ed ora chi si prende cura di me?”. Questa consapevolezza delle volte crea un po’ di smarrimento, allora lì è importante avere anche un rapporto di amicizia, un rapporto con le famiglie che permette di recuperare questa dimensione affettiva da cui nessuno può prescindere perché è una dimensione profondamente umana, è una delle forze più dirompenti del nostro cuore. È una paura ma talvolta può essere anche un tabù da affrontare già in un cammino di discernimento e accompagnamento vocazionale. Cogliere il bisogno di un affetto non è una realtà di tabù o di peccato, ma è uno dei desideri più importanti della vita. Essere amati è indispensabile per voler bene, “se no come faccio a dare quello che io non ho?”, ma è altrettanto importante mediarlo in questo cammino di relazioni. La parrocchia come la famiglia, grembo fecondo di vocazioni, quanto incide nella vita di un seminarista o di una novizia?Una comunità cristiana misura un po’ la sua vitalità nella capacità di pregare innanzitutto per le vocazioni, e non è detto che poi in quella comunità crescano delle vocazioni, però crea una sensibilità. Oggi quello che è venuto un po’ meno è questa sensibilità vocazionale o la cultura vocazionale che in passato era molto presente nel tessuto della vita di parrocchia. Lì nascono le vocazioni più belle, più autentiche, non perché ce ne siano alcune di serie a altre di serie b, ma il cammino che uno vive in una comunità cristiana è un cammino più naturale. Bisognerebbe essere capaci di ridare alle nostre comunità parrocchiali quella soffiata sulla cenere per ravvivare un fuoco che già c’è e che ha bisogno del soffio dello Spirito. Il nostro Arcivescovo, mons. Nolè, ha chiesto alle parrocchie e ai parroci di riprendere la pratica della preghiera: la famosa ora delle vocazioni…In passato l’adorazione settimanale era un’opportunità straordinaria anche per assimilare una buona pratica e allo stesso tempo era uno stile mettersi davanti al Signore con semplicità. Come pastorale delle vocazioni stiamo lavorando già per il prossimo anno per quanto riguarda il triennio di proposta vocazionale. Il primo anno è stato dedicato allo stupore e alla bellezza, cioè contemplare la bellezza della vita ma anche di qualsiasi chiamata; questo anno in corso è dedicato al tema della gratitudine; il prossimo anno sarà dedicato al tema dell’adorazione, proprio perchè vorremmo lanciare in maniera forte questa modalità che era molto presente nella nostra realtà di tessuto parrocchiale e che pian piano è venuta meno sfilacciandosi e perdendo il suo significato. Poi papa Francesco propone in maniera esplicita il suo significato nella Evangelii Gaudium. Sono convinto che questa è un’esperienza da rilanciare in maniera forte. Da settembre ci impegneremo a spron battuto per far arrivare questa prassi nelle diverse realtà, già presenti nei monasteri. È qualcosa che abbiamo il bisogno di recuperare. Come bisogna accompagnare i giovani al sacerdozio e alla vita consacrata nella famiglia oggi?Oggi una delle difficoltà più evidenti nei seminaristi e anche in coloro che cominciano un cammino di accompagnamento vocazionale o spirituale, è legato al fatto di avere delle fragilità familiari e nei rapporti relazionali. La famiglia oggi è davvero in gravi difficoltà ed è esposta a tantissimi contraccolpi di carattere sociale e culturale, chiaramente risente della modalità di vita e di impostazione. Un primo aspetto di cui tener conto è quello di aiutare i nostri giovani a ricostruire la propria storia relazionale, a capire come è stata questa storia, quali sono state le figure importanti in un senso positivo o anche meno positivo. Un altro aspetto non derogabile è che le famiglie siano presenti, come pure le coppie, i nuclei familiari, con i quali poter interagire anche per affrontare tematiche come l’affettività, la capacità di inserirsi in un mondo lavorativo, culturale, che oggi è molto complesso. Credo che un’attenzione vada data sotto questo profilo proprio alla presenza educativa della famiglia e all’aiuto alla famiglia stessa. C’è il rischio che anche nei seminari i nostri giovani si affidino troppo ai social network?Talvolta l’uso dei social network e dei media in generale ci porta a essere frastornati perché abbiamo tante e tali opportunità che poi non riusciamo quasi più a viverne senza. Diventano delle protesi essenziali, di sopravvivenza. Un uso esasperato può portare a una forma di dipendenza o di anonimato dietro le quali si pensa di comunicare molto, ma con le quali non si incontra mai l’intimo delle persone.Quale impegno da parte della Chiesa?La Chiesa deve stare molto attenta a entrare nei social media. È un’opportunità positiva, ma allo stesso siamo chiamati a vivere il rapporto relazionale in manierapersonale, come ci sollecita il Santo Padre. In questo senso credo che la pastorale vocazionale debba qualificarsi in maniera tutta particolare. È la pastorale della vita quotidiana, dello stare accanto, perché un accompagnamento non lo fai attraverso whatsapp o facebook o twitter. La relazione vera è quella faccia a faccia, e poi quella dell’ascolto, che oggi è una dimensione fondamentale da recuperare. Non è facile, perché oggi la vita è molto frenetica.Tra le novità di papa Francesco la partecipazione delle donne alla lavanda dei piedi il giovedì santo. Spesso le donne sono tenute lontano dai seminari, un po’ meno dalle parrocchie, insomma dall’ambito ecclesiale. In quale ottica guardare questa novità del Papa?Già Giovanni Paolo II parlò del genio femminile, una presenza quella della donna che ha un modo specifico di affrontare la vita. Il messaggio del Papa è molto chiaro, vuole valorizzare questa presenza femminile nell’ambito ecclesiale. Molte volte nell’ambito della chiesa, delle parrocchia, nelle attività giovanili, vocazionali, abbiamo una forza d’urto femminile che è straordinaria, ed è anche un grande aiuto Quindi credo che è una presa di consapevolezza di una realtà che già esiste, a livello formativo bisogna fare un po’ di attente valutazioni anche nei seminari. Come pensare che ci si forma ad una affettività più matura, ad “pienezza di umanità”, senza una presenza maschile e femminile, insieme, che si compenetrino e nello stesso tempo offrendo il loro specifico contributo. Questo soprattutto in un ambiente dove si vive prevalentemente una dimensione maschile e che la presenza femminile credo adebba esserci con modalità educative. Negli anni 80 ci sono state delle esperienze avanguardiste nella Chiesa italiana con la presenza di alcune consacrate nei seminari, oppure con la presenza di persone qualificate come pedagogiste, psicologhe, allora sono state esperienze che entravano in una orbita probabilmente inesplorata, oggi mi sembra che i tempi siano maturi. Lo dice anche la ratio fondamentale per la formazione nei seminari; si parla con chiarezza della presenza femminile da valorizzare nel cammino educativo e poi nella vita. Credo che oggi più che mai si avverta la necessità di una conversione abbastanza profonda da fare nella stessa Chiesa. Quali impegni per l’ufficio vocazioni della CEI con l’Anno della Misericordia? Ci sono due eventi importanti, voluti personalmente dal Papa: il Giubileo mondiale dei sacerdoti, che si svolgerà il 3 giugno, in coincidenza con la giornata sacerdotale, e il Giubileo dei diaconi permanenti, che si svolgerà il 29 maggio. Nel Giubileo dei sacerdoti il Santo Padre terrà tre meditazioni da tre diverse basiliche maggiori, in collegamento mondiale. Rispetto all’incontro dei diaconi permanenti, una vocazione in crescita, aggiungo che c’è bisogno di creare percorsi di discernimento e modalità formative più precisi e coordinati. Con riferimento al cammino ordinario per l’Anno Santo, è esplicito lo slogan che abbiamo scelto: “Ricchi di misericordia, ricchi di grazie”, dove la parola “grazie” è una risposta alla parola Misericordia, ma anche la consapevolezza che questo è uno straordinario anno di grazia. Speriamo anche dal punto di vista vocazionale.