Primo Piano
Fratelli Pellegrino: Francesco il radiocronista dei papi, Eugenio il grande animatore missionario
Nati a Cosenza nel 1907, diedero grande lustro alla Compagnia di Gesù nella quale entrarono il 24 Marzo 1922 a Napoli per la loro formazione.
Cosenza ha dato alla Chiesa uomini illustri. Del clero bruzio abbiamo ricordato sulle pagine del nostro settimanale il contributo allo studio del Diritto Canonico dato da monsignor Luigi Chiappetta, all’esegesi di monsignor Francesco Spadafora. Abbiamo dedicato ampie pagine a monsignor Lanza e alle figure di altri sacerdoti e vescovi che nell’alternarsi delle vicende umane ed ecclesiali hanno speso la vita secondo i carismi che il Signore ha loro donato. Pagine sicuramente non esaustive, ma sicuramente pagine di ricordo e di gratitudine che proseguiamo ad arricchire con questi due medaglioni sui fratelli Pellegrino. Due gemelli che hanno vissuto la giovinezza a Cosenza e poi sono entrati nell’ordine dei gesuiti. Due percorsi paralleli, due vite che come un binario hanno camminato secondo la chiamata di Dio ed hanno servito l’evangelo e la missione della Chiesa. Eugenio e Francesco nacquero a Cosenza il 22 marzo 1907 da Vincenzo Pellegrino e Teresa Chiappetta, ebbero anche un altro fratello, Alberto, e una sorella, Emilia. Ricevettero il battesimo nella Cattedrale di Cosenza e poi la prima comunione e la cresima nella chiesa di San Nicola a Cosenza dall’Arcivescovo Tommaso Trussoni nel maggio del 1914. Il 9 agosto del 1917 entrarono nel Seminario cosentino con una prima esperienza al Seminario estivo di Cerisano per poi frequentare il Liceo della città.
I fratelli Eugenio e Francesco Pellegrino, nati oltre un secolo fa a Cosenza, nel 1907, diedero grande lustro alla Compagnia di Gesù nella quale entrarono il 24 Marzo 1922, a Napoli, per la normale trafila formativa nella famosa villa Melecrinis. Studiarono filosofia a Chieri, dove ottennero il magistero; poi i superiori pensarono per loro due un percorso separato fino a quando non si ricongiunsero nel collegio de L’Aquila e poi per la teologia a villa San Luigi a Posillipo. Ricevettero l’ordinazione sacerdotale il 29 luglio del 1934. Dopo l’ultimo anno di formazione a Firenze per loro cominciano le prime esperienze importanti. È lo stesso padre generale della compagnia padre Vlodimiro Ledòchowski a chiamarli a Roma. Il primo ad essere convocato fu Francesco che collaborò all’allestimento dell’esposizione della stampa cattolica in Vaticano; dopo pochi mesi anche Eugenio fu chiamato a Roma e destinato alla direzione del movimento e del bollettino mensile della Lega missionaria studenti. In questo incarico proprio Eugenio si distinse immediatamente e dette prova delle sue capacità straordinarie e organizzative. Nel bollettino dell’ordine “Societas” Giovanni Caprile riferisce che già il 18 gennaio 1937, a soli trent’anni, Francesco fu invece destinato al Russicum di Roma come redattore delle Lettres de Rome, organo informativo e formativo del segretariato per l’ateismo. In questa veste si adoperò molto con scritti e conferenze per evidenziare le problematiche dell’ideologia comunista in diverse città d’Italia e del mondo e dando alla luce anche alcune pubblicazioni sulla sanguinosa repressione comunista. Questo gli procurò, naturalmente, le antipatie circa la sua attività di ricerca e il suo nome fu inserito dalle autorità sovietiche nelle liste delle persone considerate pericolose per la causa comunista. “Un diplomatico americano rivelò che il ministro degli Esteri Molotov in una delle sue venute in Italia dopo la guerra chiese insistentemente al governo che fosse consegnata ai sovietici il prete gesuita Pellegrino”. Intanto padre Francesco venne aggregato al gruppo dei padri che si occupavano dalla Radio Vaticana e della trasmissione dei notiziari e dopo un breve periodo a La Civiltà Cattolica, fino a luglio del 1943, si trasferì definitivamente a Roma presso la residenza del Gesù nella casa degli Scrittori; comunità religiosa che ancora oggi si occupa della nota rivista e del lavoro culturale. Nel 1953 fu nominato direttore dei programmi di Radio vaticana e dal 1956 fino al 1975 gli fu affidato completamente tutta la programmazione italiana succedendo nell’incarico a padre Perez. Il futuro cardinale Fernando Bea di lui ebbe a dire: “Per padre Pellegrino la radio divenne un mezzo di apostolato, un pulpito da cui parlare ad un numero indecifrato di ascoltatori. E le radiocronache si successero al ritmo incalzante con il sempre più affermarsi della vitale importanza, per la Santa Sede la chiesa virgola di fare sentire la propria voce”. Fra le radiocronache più importanti, fu significativo il periodo della malattia e della scomparsa di Papa Pio XII e tutte le fasi dei pontificati di Giovanni XXIII e di Paolo VI. La sua prima radiocronaca fu proprio l’incoronazione di papa Pio XII, il 12 marzo 1939, che lo ebbe carissimo e si servì largamente di lui specialmente nella preparazione dei suoi discorsi. Grande viaggiatore e scalatore di montagna infaticabile, ogni anno con alcuni confratelli organizzava una escursione sulle Alpi. Di non minore importanza fu l’attività intensa e parallela di padre Eugenio, che insieme alla attività redazionale del bollettino della Lega missionaria studenti, si adoperava concretamente per le missioni della Chiesa con settimane di studio, congressi in diverse città d’Italia e incontri di giovani a Roma, interessandosi dell’India e dell’Africa. Anche durante il periodo bellico organizzò a Mondragone un importante convegno sul mondo islamico nel 1939. Durante l’occupazione tedesca fu costretto a sospendere le pubblicazioni mensili ma si dedicò ad una serie di fascicoli sulla storia dell’attività missionaria della chiesa in Africa alla quale lavorò per oltre tre anni. Divenne la più aggiornata Enciclopedia missionaria; fu un vero e proprio scrittore della storia moderna delle Missioni. Dopo la guerra riprese le attività di sensibilizzazione missionaria ricominciando praticamente da zero e con grande fatica in una nazione che era, ovviamente, concentrata sulla ricostruzione del tessuto sociale. Instancabile operatore missionario, non si diede per vinto e volle lavorare sulle coscienze dei cattolici per tenere alta l’attenzione missionaria e sul bisogno di far conoscere Cristo agli uomini e alle popolazioni ancora più povere dell’Africa, dell’India e delle colonie. Il bollettino si trasformò nella rivista Gentes che offri anche ai Governi e alle sedi diplomatiche materiale per conoscere più da vicino le realtà dei territori oltre la cortina. Il gesuita, oltre che grande studioso, aveva infatti informazioni di prima mano dai suoi confratelli missionari soprattutto sulle problematiche della Cina e della Corea che definì “la Berlino d’Oriente”. Nel 1950 venne chiamato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri per fornire copia degli studi pubblicati a tutti i senatori e deputati della repubblica italiana. Resta famoso il suo lavoro di difesa, apologetica ma mai ingiuriosa, della Chiesa e del Santo Padre: “Mao cerca un papa” sulla situazione dei cristiani perseguitati in Cina. Fu lui, per oltre vent’anni, ad illustrare le intenzioni missionarie dell’Apostolato della preghiera. Non fu mai ripetitivo e studiava e ricercava con grande passione dati e documenti da fornire nelle sue pubblicazioni e nelle sue conferenze. Lavorò anche da malato correggendo le bozze su una poltrona posta accanto alla scrivania. Il suo ultimo lavoro fu su un missionario indiano del XVII secolo verso il quale aveva una speciale venerazione, il padre Giuseppe Vaz, al quale scrisse anche una preghiera tutta particolare per la sua guarigione. Avrebbe tanto desiderato vederlo all’onore degli altari ma ci vorrà papa Giovanni Paolo II che lo beatificherà il 21 gennaio 1995 a Colombo, nello Sri Lanka. Il papa gesuita Francesco il 17 settembre 2014 ha promulgato il Decreto per la Canonizzazione. Fra i due fratelli Pellegrino ci fu un legame fortissimo che non veniva non solo dalla carne ma anche dalla fede e dal cammino comune di consacrati nella Compagnia fondata da Sant’Ignazio. Vivevano in simbiosi non solo perché gemelli ma perché condividevano davvero tutte le scelte. La morte di Eugenio, il 16 settembre del 1957, che lui salutò dicendo “entrò nell’eternità” fu per Francesco un grande colpo che lo accompagnò fino al suo ingresso nella casa del padre il 12 Marzo del 1976. Nel necrologio apparso su l’Osservatore Romano per la morte di Francesco si legge: “un grave lutto ha colpito la Radio Vaticana: è deceduto padre Francesco Pellegrino, uno dei più validi e noti esponenti dell’emittente della Santa Sede, che per trent’anni ha speso le sue energie in un appassionato e intelligente servizio”. Lo stesso Benedetto Croce, che non ne condivideva le idee, ripeté più volte che padre Pellegrino assolveva alla sua missione con competenza, lealtà e vasta conoscenza degli uomini e delle cose. I suoi funerali si svolsero nella chiesa del Gesù, e il papa, attraverso il cardinale Villot, volle esprimere la gratitudine della Chiesa intera per il servizio prestato. Si rese presente anche il presidente della Repubblica Leone che conosceva personalmente il gesuita e ne apprezzava le qualità umani e spirituali. Nei giorni prima della sua ebbe a scrivere questo appunto che inviò ad un francescano che teneva una rubrica su radio vaticana: “Grazie del tuo pensiero di conforto del tuo affetto. Sono cascato anch’io nel quarto d’ora della serenità. Fiat voluntas Dei. La vita è al di là, non qua, dove tutto cambia e passa. Stammi bene e prega qualche volta per me”.