Gli effetti miracolosi delle erbe curative usate dal Patrono della Calabria

Il noto taumaturgo sapeva coniugare bene la sapienza scientifica con le necessità religiose e spirituali

Le erbe di San Francesco di Paola (Rubbettino) è il libro da poco pubblicato da Giancarlo Statti, docente di Biologia Farmaceutica all’Unical, e da Carmine Lupia, etnobotanico e direttore dei Conservatori etnobotanici di Castelluccio Superiore e Sersale. In quest’opera i due studiosi si concentrano sulle conoscenze erboristiche e farmaceutiche del grande santo, nato a Paola nel 1416, all’epoca della dominazione aragonese del Sud, morto in Francia nel 1507, fondatore dell’Ordine dei Minimi, eremita e  taumaturgo. Il frate è riuscito a portare al massimo grado la pietà popolare, offrendo un modello di vita austero, semplice, sereno e gioioso, ispirato completamente alla Parola di Dio. Per questo viene ricordato oggi come il Santo popolare Patrono della Calabria e delle gente di mare, un “fulgido esempio di santità” – come è stato definito da Papa Bergoglio in occasione del I° centenario dell’elevazione della chiesa conventuale e del santuario di Paola a Basilica Minore nel 2022 – che rappresenta un riferimento caritatevole e umano, non solo per la nostra terra ma per tutta la Chiesa cattolica. I saperi del santo, tuttavia, non si limitavano all’ambito religioso ma spaziavano in altri settori tra cui quello curativo. Il francescano, infatti, è considerato il precursore della moderna nutraceutica, la disciplina che indaga tutti i componenti o i principi attivi degli alimenti aventi ricadute positive sulla salute, sorta dall’incrocio fra la nutrizione e la farmaceutica. Il minimo era anche un uomo di scienze e un filosofo e guariva gli ammalati con le erbe, là dove i medici fallivano. Tanti bambini moribondi, infermi e affamati si recavano in pellegrinaggio da lui, chiedendo grazie e miracoli. Ricorreva a vari oggetti, tra cui l’acqua santa e le candele benedette, e maneggiava diversi tipi di erbe tra cui il sambuco, le ortiche, il pepe pestato, ma anche i garofani, lo zenzero, la cannella, i fichi, il vino, il castagno, le fragole, i ceci, l’olio, le uova e il sale. Questo materiale riusciva a produrre effetti miracolosi solo mediante l’intervento di Dio, a cui il Santo si rivolgeva con incessanti preghiere. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che ogni cosa è in perfetta armonia a chi serve Dio, e ogni cosa è da ricondurre a lui. Molti in quel periodo lo consideravano addirittura uno stregone e l’accusavano di essere un “erbarolo”. Qualche anno fa alcuni studiosi, tra cui Pietro De Leo e Pietro Addante, hanno cercato di identificare le erbe usate da San Francesco di Paola, basandosi sulle testimonianze fornite da chi prese parte al processo di canonizzazione tenutosi in Calabria. De Leo nell’opera Le erbe del santo. L’orto di frate Francesco (Rubbettino 2004) riferisce che il Santo “pigliava una fronda de omne erba che trovava et ce la mettia et subito diciamo che erano guariti”.

Il nuovo volume di Statti e Lupia raccoglie la ricca eredità delle ricerche passate, finalizzate a conferire una certa veridicità alle intuizioni erboristiche e naturalistiche del Santo calabrese, senza tralasciare le prove empiriche. Il religioso conosceva i segreti di tutte le piante e ne sapeva dosare le quantità, in base alle necessità del singolo paziente sofferente. Quasi certamente le sue non erano pozioni magiche – come molti suoi detrattori ebbero a dire – ma dei medicinali efficaci di enorme importanza. Non abbiamo tracce certe degli studi scientifici che il Santo può aver fatto, ma tutti gli indizi ci portano a tale conclusione. Sapeva coniugare il benessere fisico con quello spirituale e aveva rispetto del corpo e dell’anima. Visse in salute fino a 92 anni, conducendo una vita sobria grazie anche alla pratica vegetariana e ad una dieta salutare. Mettere in evidenza il modo in cui scienza e fede si intrecciano fra loro, nella figura storica di questo personaggio del Sud, e come la sapienza antica possa trovare applicazioni pratiche, è stato l’intento dei due autori. Il loro testo presenta una raccolta completa di 102 schede botaniche che descrivono le piante, citate più volte nei processi per la canonizzazione del frate. Vengono identificate le diverse specie sulla base dei criteri della sistematica vegetale, compresa la compatibilità con l’habitat vegetativo; di ognuna viene fornita la nomenclatura scientifica, vengono riportate le menzioni fatte dai testimoni dell’epoca, corredate da foto e dalla descrizione degli usi tradizionali e moderni. In questo modo si offre ai lettori una classificazione organica delle essenze vegetali, sotto i profili etnobotanico e fitochimico, e viene enfatizzato l’aspetto curativo, medico e terapeutico delle piante. Gli esperti hanno approfondito la loro indagine, con un excursus sullo stato dell’erboristeria nei monasteri e nelle abbazie, nei quali era fondamentale la cura degli orti e dei giardini. Vi sono piante, ad esempio, come il coriandolo che faceva abbassare la febbre, l’assenzio e la menta che lenivano il mal di stomaco e la lavanda che era un toccasana per l’emicrania. Queste ed altre, quindi, possedevano proprietà mediche ma erano fondamentali anche per la vita in monastero. “Il lavoro di Statti e Lupia apre una breccia nel muro che impedisce di vedere con chiarezza l’infinito paesaggio, come la siepe leopardiana, che sta al di là dell’immagine che di Francesco ci è stata trasmessa da una certa agiografia e ci conduce a fare un passo in avanti affinché possiamo restituire alla storia di oggi una testimonianza che, forse, è una delle più utili con cui confrontarsi per ritrovare i valori fondamentali della nostra società, e che ci invita alla riflessione sul rapporto tra la bellezza della natura e l’azione di Dio in essa, tra l’intelletto umano e la sapienza di Dio” ha riferito Padre Gregorio Colatorti, generale dell’Ordine dei Minimi. Claudia Crina Toma, docente della Facoltà di Farmacia dell’Università “Vasile Goldis” di Arad in Romania, che ha curato la prefazione del libro, sostiene che San Francesco di Paola, antesignano dell’odierna fitoterapia, “fu assiso agli altari per il suo potere taumaturgico che riguardò soprattutto l’assistenza agli infermi, per i quali operò guarigioni”. La scienza oggi ha confermato che le ipotesi e gli intuiti di San Francesco, sull’importanza del sapere erboristico, erano fondati.