I cattolici pakistani sperano nella canonizzazione di Bhatti

Intervista al presidente della Conferenza episcopale del Pakistan monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in questi giorni in Italia su invito di Aiuto alla Chiesa che soffre, per ricordare la difficile situazione dei cristiani nel suo Paese e commemorare i cinque anni dall'uccisione del ministro per le minoranze religiose Shahbaz Bhatti, ucciso dagli estremisti il 2 marzo del 2011 per aver tentato di modificare la legge sulla blasfemia

I cattolici pakistani sperano che Papa Francesco interceda per l’avvio di un processo di canonizzazione di Shahbaz Bhatti, il ministro per le minoranze religiose ucciso dai fanatici il 2 marzo del 2011 per aver chiesto al parlamento del Pakistan di modificare la legge sulla blasfemia, che punisce con la morte o il carcere a vita chi insulta il profeta Maometto o chi profana il Corano. Una legge usata come pretesto per vendette e ritorsioni personali, che colpisce indiscriminatemente sia le minoranze religiose (i cristiani sono il 2% di 180 milioni di abitanti, il 95% sono musulmani, il restante 3% indù, buddisti o fedeli di altre religioni), sia i musulmani. Secondo dati che risalgono al 2010, delle 38 persone uccise per blasfemia, 14 erano cristiane. Dall’entrata in vigore della discussa norma, nel 1986, fino alla fine del 2014, si contano 1438 casi di vittime. A cinque anni dall’assassinio di Bhatti, il presidente della Conferenza episcopale del Pakistan monsignor Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, è in questi giorni in Italia su invito di Aiuto alla Chiesa che soffre, per ricordare la difficile situazione dei cristiani nel suo Paese. Domattina sarà con Papa Francesco alla messa a Santa Marta, dove alloggia. Poi si sposterà nelle arcidiocesi di Genova, Milano e Torino.

Come ricordare il ministro Shahbaz Bhatti, a cinque anni dall’assassinio?

Per noi Shabaz Bhatti non era solo un ministro. Era anche un cattolico, un uomo buono e onesto che cercava di creare rapporti tra i musulmani e non musulmani per una società di uguaglianza ed armonia, multireligiosa. Lui voleva cambiare la legge anti-blasfemia, che causa molti problemi non solo tra i cristiani, anche tra i musulmani. I fanatici hanno interpretato questa sua azione come se fosse contro l’islam.  Anche se aveva ricevuto minacce e sapeva che la sua vita era in pericolo ha continuato ad agire in nome della verità. Per noi il suo omicidio è stata una grande tragedia: aveva davanti a sé una visione molto chiara: sognava un Pakistan dove regna la pace e l’armonia. Tocca ora a noi continuare nello stesso modo, anche protestando pacificamente, per far conoscere i problemi dei cristiani.

C’è qualche possibilità di cancellare o almeno modificare la legge sulla blasfemia?

Non è ancora il momento di cancellarla o modificarla. Ma sono stati fatti alcuni passi in avanti positivi: la Corte suprema pakistana, nel novembre 2015, ha affermato che criticare la legge anti-blasfemia non significa commettere blasfemia. Prima, per i fanatici, anche parlare contro la legge era un grande peccato. Questo è un primo passo, che apre la strada a un discorso pubblico su come modificare la legge ed impedirne un uso improprio. Un altro passo in avanti è stato il provvedimento governativo che ha dichiarato che i discorsi intolleranti e offensivi contro un’altra religione – che incitano alla violenza -, sono illegali e puniti dalla legge. Questo è importante perché molti omicidi sono stati commessi dopo che leader fanatici musulmani avevano incitato i propri fedeli dagli altoparlanti delle moschee, invitandoli a punire e uccidere i blasfemi o gli infedeli. Ora tanti giudici e tanti musulmani capiscono che questa legge, nata con il motivo buono di proteggere l’onore del Profeta, nella realtà viene usata in senso negativo. Dobbiamo continuare questa lotta per far sapere come la legge sia per noi causa di sofferenza.

Si parla di un processo di canonizzazione per Shahbaz Bhatti? La Chiesa pakistana sarebbe contenta di avere un beato o un santo?

Bhatti avrebbe potuto scappare dal Pakistan, invece ha detto: “No. Sono un cristiano, non ho detto o fatto nulla di male, vorrei creare una situazione migliore per tutti i pakistani, perché fuggire?”. Certo sarebbe un fatto positivo. Era un uomo buono e tutti lo sanno.

A che punto è il caso di Asia Bibi, la madre di cinque figli condannata a morte per blasfemia, in carcere dal 2009?

Il caso di Asia Bibi è stato molto politicizzato. Non è l’unica persona accusata di blasfemia in Pakistan. Il suo caso è diventato di alto profilo a causa dei media, ma ha suscitato reazioni negative e positive. I fanatici che credono che chiunque commetta blasfemia debba essere ucciso, reagiranno in maniera molto forte anche se la Corte riconoscesse che Asia Bibi è innocente. Quindi bisogna essere molto cauti, perché è diventato un argomento troppo emotivo e la situazione è molto difficile. Ma ci sono tante altri casi come questo.

Rispetto a cinque anni fa, quando è stato ucciso Bhatti, la situazione è migliorata per i cristiani?

La battaglia del terrorismo di matrice fondamentalista che predica e promuove la jihad non è contro i cristiani ma contro un governo democratico. Non credono nella democrazia, che è vista come concetto occidentale. Loro vogliono uno Stato puramente islamico governato dalla sharia, la legge islamica. Questa forma estremista è un prodotto dell’islam wahabita appartenente all’Arabia Saudita e all’Afghanistan e ha guadagnato forza anche in Pakistan. Gruppi estremisti, alcuni dei quali collegati ad Al Qaeda, e ora anche Isis e altri gruppi jihadisti internazionali, sono diventati molto forti e sono una minaccia per il governo e la democrazia in Pakistan. Così anche i cristiani sono percepiti come infedeli che condividono la stessa fede delle forze che occuparono l’Afghanistan, un Paese puramente musulmano.