Attualità
I giovani italiani preferiscono l’Australia. E non sono bamboccioni…
Un volume-ricerca della Fondazione Migrantes “Giovani italiani in Australia. Un ‘viaggio’ da temporaneo a permanente” offre una lettura di un fenomeno per certi versi sorprendente. Insieme al volume un video-reportage dal titolo “88 giorni nelle farm australiane”. I flussi recenti degli italiani verso questo Paese superano lo storico esodo migratorio degli inizi degli anni Cinquanta, con più di 24mila nuove presenze annuali, suddivise in residenti temporanei, residenti permanenti e nuovi cittadini australiani.
Sono sempre più numerosi i giovani italiani che scelgono l’Australia. I flussi recenti degli italiani verso questo Paese superano lo storico esodo migratorio degli inizi degli anni Cinquanta, con più di 24mila nuove presenze annuali, suddivise in residenti temporanei, residenti permanenti e nuovi cittadini australiani. Nuovi migranti che hanno cercato di inserirsi non solo tra i gruppi della vecchia emigrazione ma ne hanno formati di nuovi, ben distinti e con esigenze e caratteristiche diverse.E’ uno spaccato della nuova emigrazione in una terra lontana quello che emerge sfogliando le pagine del volume-ricerca della Fondazione Migrantes “Giovani italiani in Australia. Un ‘viaggio’ da temporaneo a permanente” (editrice Tau) presentato a Roma. Una ricerca – come ha detto il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego – che “ci ricorda il cammino nuovo di molti giovani italiani oggi verso l’Australia, alla ricerca di un lavoro, ma soprattutto per conoscere una realtà economica e sociale diversa e per valutare la possibilità di mettere a frutto conoscenze e competenze”. Leggendo ed ascoltando le storie raccolte nella ricerca ed emerse durante il convegno si viene a conoscenza delle tante facce di questo fenomeno, tante le storie di successo e di integrazione contrapposte a vicende di sfruttamento e di solitudine, vere difficoltà d’integrazione che valgono per tutte le latitudini.
Partendo dai dati statistici che illustrano i flussi migratori, i due autori della ricerca, Michele Grigoletti e Silvia Pianelli, hanno analizzato la complessità che si cela dietro questo cammino. Quali sono i pensieri, i sogni, le speranze e le paure di questi giovani: anche se non partono con la valigia di cartone, nel loro cuore si annidano le stesse emozioni e preoccupazioni che si riscontrano in tutte le persone che costituiscono i flussi migratori di sempre. Il lavoro scandaglia in modo approfondito i vari aspetti della vicenda partendo dalla richiesta del permesso, come fare per poter soggiornare in Australia con la richiesta dei visti temporanei che possono essere a loro accessibili fra cui i visti vacanza-lavoro, i visti studenteschi e i visti di sponsorizzazione lavorativa. Analizzando i dati forniti dalle fonti ufficiali, fra cui il Dipartimento d’Immigrazione australiano, la ricerca traccia un percorso ben definito: gli italiani arrivano con l’idea di restarci per un breve periodo ma poi si attivano, affrontando compromessi e sacrifici, per ottenere la residenza permanente, anticamera alla possibilità di richiedere la cittadinanza australiana. L’Italia è la terza nazione europea che maggiormente utilizza il secondo visto vacanza-lavoro in Australia, preceduta solo dai cittadini estoni e irlandesi. Nel 2014-2015 sono il 26,2% gli italiani – tra i 18 e i 30 anni – che hanno rinnovano il visto per altri dodici mesi, rispetto al 13,6% dei coetanei francesi e al solo 7,0% dei giovani tedeschi. Dall’inizio dell’accordo bilaterale, 10.950 giovani italiani hanno completato gli 88 giorni di lavoro nelle fattorie. Contrariamente a quanto si dice dei ragazzi italiani, questi giovani non appaiono per niente dei “bamboccioni” amanti della buona cucina di mamma e delle mura domestiche. Insieme al volume un video-reportage dal titolo “88 giorni nelle farm australiane”, una testimonianza dell’esperienza di vita e di lavoro di quei giovani italiani (età compresa tra i 18 e i 30 anni) che si muovono sul suolo australiano seguendo il lavoro stagionale come la raccolta di frutta e verdura, lavorano la terra, vivono in zone rurali lontano dalle modernità delle metropoli. Immagini d’altri tempi tornate d’attualità. Il video-reportage dura circa 35 minuti ed è stato registrato nelle cittadine di Griffith, nel Nuovo Galles del Sud, durante la stagione della raccolta delle zucche e delle angurie, del riso e del cotone; e a Shepparton, Tatura e Murchison, nel Victoria, durante la stagione della raccolta delle mele, delle pere e dei pomodori. In queste zone c’è una forte presenza italiana, stabilitasi negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Negli ultimi anni, le cittadine di Griffith e Shepparton sono diventate una tappa quasi obbligatoria per molti dei giovani italiani alla ricerca di farms dove poter lavorare. Nel video-reportage, sulla base di centinaia di interviste raccolte, vengono evidenziati i concetti fondamentali raccontati in prima persona da 20 testimoni eccezionali.Tra le storie quella di Marco Ratti, oggi trentaduenne, che, pur avendo un lavoro sicuro in Italia ha deciso di partire nel 2010. Dopo un anno di permanenza in Australia, di cui sei mesi lavorando e altrettanto viaggiando, è ritornato in Italia: dopo tre mesi la ripartenza questa volta in modo definitivo in Nuova Zelanda. “L’esperienza australiana – dice – ha portato molti cambiamenti in me, aprendomi mille porte per il futuro. Infatti al rientro mi sembrava tutto troppo stretto, nessun cambiamento, tutto come prima, i soliti lamenti senza che nessuno reagisse. Non siamo decisamente famosi – conclude – per essere un popolo dinamico”. Papa Francesco sprona i giovani a non lasciarsi “rubare la speranza”, ha detto mons. Guerino Di Tora, presidente della Migrantes, e la ricerca è “di speranza e di entusiasmo, di giovani che amano l’Italia, ma che descrivono minuziosamente gli errori compiuti, le cose che non vanno”. “E’ da quegli errori – ha aggiunto – che bisogna ripartire mettendo al centro le loro esigenze, espresse anche con rabbia – è umano e naturale -, ma che dicono a noi cosa siamo chiamati a fare, ciascuno nella propria posizione; la direzione da prendere, da dove dobbiamo partire per fare e, soprattutto, per fare meglio”.