I Giubilei raccontati dai mass media

Il primo Anno di Grazia mediatico nella storia della Chiesa fu indetto da Leone XIII nel 1900

Giubilei mediatici è il titolo della nuova docuserie in quattro episodi, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Memorie Audiovisive del Cattolicesimo (Mac), l’Università Telematica Uninettuno e la Biblioteca Apostolica Vaticana. È stata realizzata da Officina della Comunicazione e co-prodotta da Archivio Luce, per la regia di Omar Pesenti. La presentazione si è tenuta lo scorso 12 dicembre nella sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, nell’ambito del convegno dal titolo “I Giubilei del ‘900 e la cultura visuale”. Presenti all’evento mons. Dario Edoardo Viganò, vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali e presidente Mac, S.E.R. mons. Vincenzo Zani, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Francesco Giorgino, giornalista e docente, Mimmo Calopresti, regista, e Cecilia Seppia di Vatican News in qualità di moderatrice. Il risultato raggiunto è stato possibile grazie alla mappatura di quasi 400 documenti audiovisivi sui Giubilei del novecento, conservati negli archivi e nelle cineteche presenti in Italia e all’estero, accuratamente recuperati, digitalizzati e sottratti all’oblio. Lo scopo è stato quello di indagare il profondo e incisivo, oltre che rivoluzionario, impatto culturale che i Giubilei del XX secolo hanno avuto a livello mediatico. Gli Anni Santi del novecento sono stati seguiti e raccontati dai mezzi di comunicazione di massa, partendo dalla radio, dal cinema e dalla tv per finire ai moderni supporti digitali. Queste tecnologie hanno consentito una rappresentazione visiva di questi eventi religiosi permettendo, non solo ai pellegrini presenti a Roma ma anche a tutti i cattolici sparsi per il mondo, di riflettere sull’immagine pubblica della Chiesa, come ha sostenuto anche Giorgino. “Il Giubileo è l’anno di grazia perché tutto ciò che è legame viene liberato perché si ricorda l’esperienza liberatrice di Dio nel suo popolo” sostiene Viganò nel primo episodio della docuserie, dedicato agli anni dal 1900 al 1925. L’Anno di Grazia del 1900 vide il pontefice Leone XIII letteralmente “prigioniero in Vaticano”, dopo la Breccia di Porta Pia del 1870 che aveva portato alla fine del potere temporale della Chiesa e all’annessione di Roma allo Stato italiano. I cristiani osservarono il pontefice attraverso le sue prime immagini filmate, che furono ampiamente diffuse durante quel Giubileo conosciuto come il “Primo Anno Santo mediatico nella storia della Chiesa”. Vi sono anche preziose foto e interessanti contenuti audiovisivi relativi al Giubileo del 1925 indetto da Pio XI, il quale emanò l’enciclica “Vigilanti cura” (1936) dedicata ai mezzi di comunicazione sociale e, in particolare, al cinema. Nel documento si legge che le pellicole “possono e debbono illuminare gli spettatori e positivamente indirizzarli al bene”. Nel Giubileo del 1925 Ratti diede una disposizione precisa e drastica: non era assolutamente possibile riprendere il papa durante le cerimonie religiose. Questo perché egli associava al cinema, specialmente quello hollywoodiano, contenuti immorali e lontani dall’etica cristiana. Tale disposizione creò non pochi problemi alle case cinematografiche, il cui intento era quello di recarsi a Roma per riprendere le tappe di apertura della Porta Santa. Questo grande anno giubilare, che attirò molti pellegrini nella Città Eterna, fu immortalato da operatori amatoriali e dall’Istituto Luce, che realizzarono solo immagini di quelle cerimonie in cui non si vedeva il papa. I contenuti audiovisivi prodotti mostrarono una Roma che si stava riprendendo, anche sotto l’aspetto urbanistico, dopo la questione romana, ma anche eventi come l’ “Esposizione universale missionaria” allestita nei Giardini Vaticani e il “Grande Congresso Eucaristico”. Il secondo episodio abbraccia il periodo dal 1933 al 1950. Dopo il Giubileo straordinario, indetto nel 1929 da Pio XI per commemorare l’anniversario della sua ordinazione sacerdotale, venne inaugurato il Giubileo della Redenzione nel 1933, per ricordare il sacrificio di redenzione di Cristo e per ribadire il potere della Chiesa romana, in un’epoca in cui si stavano affermando i totalitarismi in Europa. Raffaella Perin, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore, puntualizza nella docuserie che la cerimonia di apertura della Porta Santa fu trasmessa ai microfoni di Radio Vaticana sorta nel 1931, e ciò sancì un ulteriore svolta nell’ambito della comunicazione mediale ecclesiale. Pio XII inaugurò nel 1950 un nuovo Giubileo, dopo la fine della seconda guerra mondiale, concependolo come una grande e pacifica crociata per il ritorno degli agnostici e dei dissenzienti nell’ovile della Chiesa. Si evinse un grande entusiasmo nei confronti della settima arte, un entusiasmo governato e guidato dallo stesso vescovo di Roma. Superando le diffidenze del suo predecessore, Pacelli elogiò il cinema come ottimo mezzo di divulgazione anche evangelica. A partire dal 1959 si poté contare su un altro strumento, la Filmoteca Vaticana, sorta nei locali di Palazzo San Carlo nella Santa Sede, luogo adibito in passato da Pio XII per accogliere e curare i rifugiati di guerra.  Il terzo episodio si concentra sugli anni che vanno dal 1975 al 1983. Sono anni in cui la Chiesa visse un cambiamento e un’apertura per via del Concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII nel 1959 e concluso poi da Paolo VI nel 1965. La televisione svolse un compito fondamentale che fu quello di portare, nelle case degli italiani, la nuova immagine di una Chiesa aperta e di un pontefice vicino al popolo di Dio. Il Giubileo del 1975, indetto da Montini in un clima sociale difficile segnato dalla guerra in Vietnam, dalla crisi petrolifera, dalle rivolte a Cuba e dal referendum sul divorzio in Italia, fu un evento televisivo di massa che si adattò alle telecamere. Si assistette ad una fruizione intima e domestica dell’evento tramite la tv, quasi come se fosse un programma. La Rai esisteva già e fece da connettore rispetto a tutti gli altri circuiti radiotelevisivi. Arrivarono a Roma oltre 45 reti televisive e, grazie ai satelliti, le immagini del Giubileo vennero trasmesse in oltre 30 paesi extraeuropei. La Rai decise, per l’apertura della Porta Santa, di avvalersi delle competenze di Franco Zeffirelli che presentò quella cerimonia a mo’ di grande propaganda scenografica. Il regista italiano proiettò un racconto televisivo d’autore, in cui mostrò contemporaneamente l’apertura della Porta Santa a Roma e delle Porte delle altre basiliche. Il Giubileo della Redenzione del 1983 fu inaugurato da Giovanni Paolo II che, sempre nello stesso anno, fondò il Centro Televisivo Vaticano, consapevole del ruolo decisivo della tv per la sua immagine e per il mondo. Il CTV gestì le immagini della Chiesa mantenendo una stretta collaborazione con la Rai. Wojtyla usò i mass media e li piegò ad una teologia comunicativa vera e propria. L’ultima puntata abbraccia gli anni dal 2000 al 2015. L’evento del 2000 fu preparato a lungo da Giovanni Paolo II, il quale voleva consentire un transito felice della Chiesa nel terzo millennio. Si parlò di “Giubileo telematico” perché ci fu un’attenzione mediatica senza precedenti. Si celebrò in diretta, sotto le telecamere attente di tutto il mondo. Ci fu a Roma una presenza di migliaia di network per seguire l’apertura della Porta Santa. Iniziò a farsi strada internet e fu creata una prima pagina web dedicata proprio all’evento, per consentire una comunicazione multimediale sui contenuti dell’Anno di Grazia. Nel 2000 venne chiamato il regista Ermanno Olmi e si parlò di “regia teologica” sui giornali, proprio perché fu evidente l’impronta registica che Olmi lasciò alla costruzione della cerimonia di apertura della porta santa. Una regia totalmente cinematografica che introdusse lo spettatore nell’evento di grande simbolismo, sotto la guida del commentatore delle scene proiettate in diretta. Si cercò di creare un equilibrio tra regia televisiva e liturgica, dando spazio ai silenzi, alle meditazioni e ai commenti nei modi e nei momenti ritenuti più opportuni. Fu il Giubileo dei grandi gesti mediatici, tenendo presente la grande e indiscutibile presenza scenica dello stesso pontefice. Papa Francesco, invece, aprì la Porta Santa nell’anno straordinario dedicato alla Misericordia nel 2015. Per l’occasione ci fu la presenza del resista tedesco Wim Wenders, che costruì un grande racconto nel quale venne spiegata l’intenzione del pontefice: “presentare una Chiesa che guarda al sud del mondo e alle periferie dove c’è povertà”. Il film di Wenders “Papa Francesco un uomo di parola” portò sul grande schermo lo stile comunicativo peculiare di Bergoglio, il suo atteggiamento caloroso e la sua capacità di entrare in intimità con la gente. L’artificio cinematografico, tanto caro a Papa Francesco, accorciò le distanze con i fedeli presentando una figura umana e desacralizzata del successore di Pietro. Il nuovo Giubileo, da poco partito, richiede di “valorizzare il ricco e fragile patrimonio audiovisivo ecclesiastico che ha portato i suoi frutti visibili con la docuserie Giubilei mediatici” ha detto Papa Francesco.