Attualità
Il commercio che non c’é
Liquidità congelata. E l’incertezza sociale e previdenziale fanno il resto.
Nonostante gli inviti di tutte le istituzioni politiche e finanziarie che contano, nonostante la marea di liquidità a costo zero pompata dalla Bce attraverso il Quantitative easing, nonostante l’assoluta necessità che aumentino gli investimenti e quindi l’occupazione e quindi i redditi… non si muove praticamente foglia nel mondo occidentale. In più, hanno vistosamente rallentato pure quei mondi (Cina in primis) che hanno trascinato il pianeta negli anni della grande crisi finanziaria.E c’è un perché di tutto ciò: gli occidentali, gli italiani non spendono. Direte: non hanno soldi. Invece la liquidità ferma nei conti corrente è ai massimi livelli, ci si può indebitare (ad esempio per mutui immobiliari) a costi irrisori, la crisi sembra avere passato il suo apice e grandi code alle mense popolari non se ne vedono. Ma non si spende.Al di là di tutte le fredde e spesso vuote statistiche che i migliori centri studi sfornano in continuazione, la verità è proprio questa. Si spende un pochino di meno di mese in mese, basta chiedere alle catene di supermercati, il miglior termometro dei consumi.È qui che vanno cercate le ragioni di una situazione che non è crisi, ma vero e proprio cambiamento epocale di abitudini. Rispondiamo a due domande. La prima: perché bisognerebbe spendere di più? Ci stanno dimezzando le pensioni e ce le daranno verso i 70 anni, la liquidazione è già andata, il posto fisso non è più tale, l’occupazione di nuovo conio una chimera; non si parla altro che di “ristrutturazioni” (cioè riduzione di personale) nel pubblico, nel bancario-assicurativo, nel commercio, nella manifattura… Insomma, meglio avere molto fieno in cascina. L’incertezza regna sovrana.La seconda: ma anche volendo, cosa c’è da comprare assolutamente, quello che gli anglosassoni chiamano must have, devo averlo sennò non dormo?Il Dopoguerra è stato un periodo di ricostruzione e di enorme cambiamento tecnologico e sociale. L’appartamento con bagno al posto del gelido rustico in campagna, gli elettrodomestici, i bei vestiti e il cibo migliore, i viaggi. E ora? Abbiamo tutto, troppo e lo sappiamo perfettamente. Lo smartphone è stato l’ultimo must have collettivo, niente di che a livello quantitativo. Del mattone stiamo lentamente liberandoci, troppe tasse e pochi figli a cui lasciarlo; le auto per ora non hanno innovazioni da giustificare rottamazioni di massa; il resto è abbondante in moltissime case occidentali. Aggiungiamoci il crescente successo che incontra l’economia di condivisione; il crollo dei prezzi di molti prodotti e servizi (la concorrenza estera, internet e altro ancora le cause); le guerre commerciali tra troppi attori che si vogliono dividere una torta che si sta rimpicciolendo. La grande distribuzione racconta che viene venduto in offerta un prodotto su tre: un’enormità.Rimane il lifestyle, insomma godersi la vita. Ma anche qui, brutte notizie. Internet e il low cost hanno abbattuto molti ostacoli; se prima occorreva una fortuna per una crociera o un viaggio in aereo, ora costa di più andare a trovare la nonna in campagna, che volare in una capitale europea o andare in treno in una metropoli italiana.Gli esperti della grande distribuzione affermano che esistono solo due filoni in grande crescita di consumi: i prodotti per gli animali di compagnia (ma si risparmia su quelli per i figli, vista la denatalità) e il settore vegetarian-vegano. Si spende meno per la cotoletta, si largheggia sulla cicoria.Quindi: quali nuove fabbriche dovrebbero avviare gli imprenditori con nuovi investimenti che facciano ripartire l’economia?