Il Ddl Cirinnà: un pericolo per la famiglia

Se ne parla tanto, scopriamo cosa vorrebbe introdurre e perché è opportuno opporre delle riserve.

Il Ddl sulla disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili (c.d. ddl Cirinnà, dal nome della parlamentare che è relatrice), è attualmente all’esame del Senato della Repubblica. Esso punta a riformare alcune delle disposizioni del codice civile in materia di famiglia, con l’obiettivo, secondo i relatori, di fornire adeguata tutela alle situazioni giuridiche soggettive “non tradizionali”, scelte dai cittadini. In altre parole, per esplicita ammissione degli stessi relatori, si punta a tutelare tutte quelle coppie che si formano al di fuori del matrimonio tradizionale. Il tentativo che si sta cercando di perseguire, è quello di definire tali tipologie di convivenza, quali semplici “riconoscimenti” di legge, riconducendole a mere situazioni di fatto naturali di cui il legislatore deve semplicemente prendere atto. Quest’ultimo orientamento, è tipico dei giusnaturalisti, secondo cui esiste un diritto naturale che deve essere tutelato dalle istituzioni e dalle norme, contrapposto ad un diritto positivo che proviene esclusivamente da queste ultime. Infatti, leggendo la relazione introduttiva del disegno di legge, i relatori invocano quale fondamento costituzionale dello stesso, l’art. 2 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”.

Il ddl Cirinna’ qualifica unioni civili quelle tra persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, eguagliando così tutte le forme di convivenza a quella tradizionale fondata sul matrimonio. Infatti, lo stato di parte dell’unione civile, rappresenta titolo equiparato a quello di membro di una famiglia.

Tre sono le modifiche più rilevanti per il diritto di famiglia: la possibilità per le parti delle unioni civili di vedere riconosciuti i diritti di successione e per la quota legittima; l’estensione dell’assegno di reversibilità e la possibilità di adozione di figli. 

Tali disposizioni dimostrano, quindi, che il disegno di legge all’esame del Parlamento, non è semplicemente una regolamentazione delle c.d. coppie di fatto con tutto ciò che ne consegue, ma è, in verità l’introduzione nel nostro ordinamento, del matrimonio omosessuale che viene di fatto equiparato alla famiglia tradizionale.