Chiesa
Il Papa ai parroci romani: recuperare lo stupore dell’incontro con i fedeli e con Dio
"Celebrare - ha ricordato il pontefice - è entrare e far entrare nel mistero", senza rigidismi o artificiosità.
“Recuperare il fascino della bellezza, lo stupore sia di chi celebra sia della gente”. È il consiglio dato oggi dal Papa al clero romano, nel tradizionale incontro di inizio Quaresima, svoltosi questa mattina in Aula Paolo VI. Quando si predica l’omelia, ha spiegato Francesco, bisogna “entrare in un’atmosfera spontanea, normale, religiosa, ma non artificiale”. È così, per il Papa, che “si recupera lo stupore, quello che si sente nell’incontro con Dio”. “Quando noi preghiamo – ha detto il Papa nel suo discorso, pronunciato interamente a braccio – sentiamo lo stupore, che è il sentimento dell’incontro, quello che hanno sentito gli apostoli quando sono stati invitati, chiamati. Quello stupore che attira e ci lascia in contemplazione”. “Contro lo stupore va ogni tipo di artificialità”, ha detto il Papa: “Nell’ars celebrandi si deve pregare davanti a Dio, con la comunità, ma normalmente”. “Quando vediamo un sacerdote che predica in modo sofisticato, o artificiale – ha ammonito il Papa – che abusa dei gesti, non è facile che si dia questo stupore, questa capacità di far entrare nel mistero”. “Celebrare – ha ricordato infatti il Pontefice – è entrare e far entrare nel mistero. È semplice, ma è così”. “Se sono eccessivamente rigido, non faccio entrare nel mistero”, ha detto il Papa scendendo nel dettaglio dell‘atteggiamento che deve assumere un sacerdote quando fa l‘omelia: “Se sono uno ‘showman‘, non faccio entrare nel mistero. Sono i due estremi”. “Dell’omelia non si può dire che è soltanto ex opere operantis’, né che è soltanto ex opere operato’. È metà e metà”. Il Papa, precisando che “c’è qualcosa nell’omelia che porta in sé la grazia, come se fosse un sacramentale forte, è c’è qualcosa di provvisorio, che dipende da chi predica”. Ai sacerdoti che gremiscono oggi l’Aula Paolo VI il Papa ha consigliato di prendere in mano “due libri, che mi hanno fatto tanto bene”: uno di Domenico Grasso, sulla predicazione – “un libro giusto nella teologia”, lo ha definito Francesco – e l’altro di Hugo Rahner, che “si differenzia dal fratello” Karl, ha detto scherzosamente il Santo Padre, “dal fatto che scrive chiaro: diceva che voleva tradurre le opere di suo fratello al tedesco”. All’inizio del suo discorso, il Papa ha citato due aneddoti: uno riferito a un sacerdote che era andato a trovare i suoi genitori, “e suo papà era contento perché aveva trovato una chiesa dove si fa la Messa senza un’omelia”. L’altro aneddoto riguarda “una nipote mia – ha raccontato Francesco – che è professoressa di lettere all’università. Lei abita con la sua famiglia tra due parrocchie: in una parrocchia c’è un prete bravo che predica bene e nell’altra c’è un buon sacerdote ma che non ha il carisma della predicazione”. “Alle volte la chiamo per sentire come va – ha rivelato il Papa -, e una volta mi ha detto: Ho sentito una bella lezione di 40 minuti sulla Summa di San Tommaso’ Bellissima ”. “È andata a scuola”, il commento del Papa, che ha citato anche un intervento del 2005 che tenne da cardinale alla Congregazione per il Culto Divino: “Il cardinale Meisner mi ha rimproverato alcune cose”, ha detto il Papa, e “l’allora cardinale Ratzinger mi ha detto che mancava una cosa nell’omelia: il sentirsi davanti a Dio. E aveva ragione, io non ne avevo parlato”.