Il Papa nel Caucaso: messaggero dove i cattolici sono una minoranza

L’annuncio ufficiale è stato dato sabato scorso dalla Santa Sede: Papa Francesco compirà due viaggi nella regione del Caucaso nei prossimi mesi. Sarà in Armenia dal 24 al 26 giugno e in Georgia e Azerbaigian dal 30 settembre al 2 ottobre. I vescovi Raphael Minassian e Giuseppe Pasotto raccontano l'atmosfera che si respira nei luoghi dove i cattolici sono una esigua minoranza.

Terra di confine tra Oriente e Occidente dove i cattolici sono una esigua minoranza e dove il dialogo è una necessità, spesso un imperativo. Il Papa ha scelto il Caucaso, regione a cavallo tra l’Asia e l’Europa, dove quest’anno compirà ben due viaggi: in Armenia dal 24 al 26 giugno e in Georgia e Azerbaigian dal 30 settembre al 2 ottobre. “La gente, i fedeli, la comunità. Tutti sono ansiosi ed aspettano con gioia il momento di incontrare Sua Santità”. A descrivere l’atmosfera con la quale l’Armenia ha accolto la notizia del viaggio del Papa è monsignor Raphael Minassian, ordinario per gli armeni cattolici dell’Europa Orientale. E’ alle prese con un sopralluogo, segno che l’organizzazione del viaggio papale è entrata nel vivo.

Il vescovo Minassian fa subito riferimento alla tensione che all’inizio del mese di aprile si è riaccesa nella Repubblica del Nagorno-Karabakh, la regione contesa tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Si tratta di una zona delicatissima e gli scontri dei giorni scorsi hanno riportato le lancette della storia indietro nel tempo a quando nel 1994 fu firmato un debole armistizio ponendo una parola fine ad un conflitto che è costato la morte di circa 30mila persone e un milione di profughi. “La speranza è che questa difficoltà sia superata”, dice il vescovo Minassian escludendo comunque dal programma una visita del Papa in quella regione.

Il viaggio del Papa in Armenia nasce sotto il segno ecumenico di un rapporto di amicizia e di affetto tra Francesco e Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni. Il Santo Padre farà tutte le visite previste dal protocollo accompagnato dal Catholicos e sarà suo ospite soggiornando presso il catholicosato.

Sono 160mila i cattolici presenti in Armenia e “punto culmine” del viaggio papale sarà la messa il 25 giugno a Gumri, la seconda città dell’Armenia, nella regione dove vive la maggioranza della comunità cattolica. La visita di Papa Francesco – conclude il vescovo – è “una benedizione e un incoraggiamento”. Lo attende tutto il popolo, desideroso anche di esprimere la gratitudine  per il riconoscimento lo scorso anno da parte del Santo Padre del genocidio armeno del XX secolo. “Un diritto che è stato negato per cento anni – dice oggi mons. Minassian – e di cui il Santo Padre ha dato testimonianza. Siamo grati”.

In Georgia e Azerbaigian, il Papa sarà “messaggero di pace e di dialogo”. E’ monsignor Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso, a descrivere i “punti di forza” che caratterizzeranno il viaggio del Papa in Georgia e Azerbaigian dal 30 settembre al 2 ottobre.

I dati statistici qui sono molto significativi. In Azerbaigian si contano in tutto 300/400 cattolici divisi in due comunità: una costituita dagli stranieri che lavorano nel Paese, e l’altra dai locali con una presenza forte di salesiani. L’Azerbaigian (visitato da Giovanni Paolo II nel 2002) è invece un paese a maggioranza musulmana: il 62% degli abitanti sono musulmani sciiti; il 26% sunniti e il 12% ortodossi legati al Patriarcato di Mosca. In Georgia – paese a maggioranza ortodossa – la presenza cattolica è più consistente con i suoi 50mila fedeli. “Si tratta quindi – riassume il vescovo Pasotto – di Stati con situazioni completamente diverse ma dove i cattolici sono una minoranza e la Chiesa cattolica vive a contatto con confessioni e religioni di maggioranza. La visita del Papa in queste terre è significativa per almeno due ragioni. La prima è che il papa arriva in due paesi (l’Armenia e l’Azerbaigian) che sono in conflitto e speriamo che nel Nagorno-Karabash regga la tregua. Ed è significativa perché il Papa raggiunge una regione quella del Caucaso dove le comunità cattoliche non hanno una grande importanza numerica ma hanno un grande valore perché allacciano rapporti con situazioni diverse vivendo ciò che fin dall’inizio ha indicato il papa”.