Il segno ammirabile è il coraggio di uno sguardo al Bambino

Oggi rischiamo di essere indifferenti dinanzi al presepe, mentre esso parla alla nostra vita e ci dice la sorpresa di Dio.

Il segno rimanda sempre a qualcos’altro. Anche quando è ammirabile, come il presepe. Nella raffigurazione della mangiatoia “abitata” dal Verbo si legge il messaggio di un dio che ha voluto sorprenderci fino a correre il rischio di scandalizzarci troppo di lui. Papa Francesco, nella sua lettera apostolica sul presepe, ci chiama a un atto di semplicità e di umiltà, sostanzialmente a un turbamento interiore che, dinanzi alla Natività, ci crei scandalo buono.

Eppure non sempre è così; anzi, spesso il segno del presepe, e non solo, reca indifferenza, non curanza, non ci cambia. Non ci fa fermare a recuperare la nostra storia, e rischia di farci bollare lo stare dinanzi all’immagine di Gesù bambino come una roba da fanciulli. Ecco perché il Papa propone il presepe nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle piazze: per farci recuperare la memoria, per farci risintonizzare sulla nostra storia.

“Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita” (Papa Francesco).

Chi riesce ancora a lasciarsi tramortire da Dio tanto da incrociare lo sguardo con lui? Chi ne ha il coraggio?