Il tesoro più importante

Nel cuore della Cosenza antica, oggi un luogo è legato a una pagina di storia per lungo tempo rimossa: la Piazza dei Valdesi. Da lì, lo sguardo si allarga oltre il ponte che attraversa il Busento, lascia alla propria destra il Chiostro Monumentale dell’ordine di San Domenico e si incammina verso la sede decisionale della città: il Municipio. 

La piazza, che segnala alla memoria dei presenti l’eccidio di una comunità di fede, accoglie alle sue spalle la predicazione di una Chiesa Cattolica oggi diversa. Inerpicandosi lungo corso Telesio, è la Cattedrale di Santa Maria Assunta il luogo in cui ogni anno si svolge una delle celebrazioni ecumeniche che vede la Chiesa Valdese accanto alla Chiesa cattolica e alle altre chiese, testimoniare l’Evangelo di Gesù Cristo. Così è il tempo che oggi viviamo.

«Abbiamo alle nostre spalle il passato e negli occhi il futuro», queste le parole del Moderador della Mesa Valdense (ramo della Chiesa valdese in Argentina e Uruguay) che qualche anno fa rivolgeva al nostro Sinodo. Egli citava la saggezza dei nativi del Rio de la Plata, il cui legame con la terra e la natura era famigliare a Jorge Mario Bergoglio.  Era, invece, il 20 agosto del 2017quando, nello stesso contesto, giungeva l’annuale messaggio del papa per noi, metodisti e valdesi:

“Cari fratelli e sorelle, in occasione dell’apertura del vostro annuale Sinodo, desidero esprimervi la vicinanza della Chiesa Cattolica e mia personale. Vi saluto fraternamente e con tanta cordialità vi assicuro il ricordo nella preghiera.

Conservo vivi nella memoria i nostri recenti incontri a Torino e a Roma, così come quelli in Argentina. Sono grato per le belle testimonianze che ho ricevuto e per i tanti volti che non posso dimenticare. Vi auguro che queste giornate di condivisione e riflessione, che ricorrono nel 500° anniversario della Riforma, siano animate dalla gioia di porsi davanti al volto di Cristo: il suo sguardo, che si volge su di noi, è la fonte della nostra pace, perché ci fa sentire figli amati dal Padre e ci fa vedere in modo nuovo gli altri, il mondo e la storia. Lo sguardo di Gesù illumini anche i nostri rapporti, perché non siano solo formali e corretti, ma fraterni e vivaci. Il Buon Pastore ci vuole in cammino insieme e il suo sguardo già abbraccia tutti noi, discepoli suoi che Egli desidera vedere pienamente uniti.

Camminare verso la piena unità, con sguardo di speranza che riconosce la presenza di Dio più forte del male, è tanto importante. Lo è specialmente oggi, in un mondo segnato da violenza e paura, da lacerazioni e indifferenza, dove l’egoismo di affermarsi a discapito degli altri oscura la semplice bellezza di accogliersi, condividere e amare. Ma la testimonianza cristiana non può cedere alla logica del mondo: insieme aiutiamoci a scegliere e vivere la logica di Cristo!

Con affetto fraterno vi ringrazio e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me e per tutti noi, vostri fratelli e sorelle”.

Da qui vorrei partire. È stato per noi un pontificato diverso. Il primo papa in visita ufficiale alla Chiesa Valdese; il primo papa a chiedere scusa per le stragi “disumane” compiute verso  fratelli e sorelle che predicavano un Evangelo di misericordia e amore, “ perché – come dirà dopo il pastore Eugenio Bernardini (l’allora Moderatore che accolse il papa nel Tempio Valdese di Torino nel 2015) – Valdo di Lione e Francesco d’Assisi hanno fatto la stessa esperienza: erano persone agiate che hanno capito che c’era un tesoro più importante che andava cercato che è la parola di grazia e di amore di Dio.”

Poche, ma importanti riflessioni a partire da questi ricordi. Francesco ci è stato prossimo, per le sue radici migranti, per la sensibilità pastorale dimostrata già negli anni di ministero episcopale in Argentina e che ha portato con sé nel suo pontificato. Francesco era autenticamente ecumenico perché aveva a cuore i “minimi” dell’Evangelo e la tutela del Creato e ne ha fatto il centro della predicazione della Chiesa. Mai avremmo immaginato che un papa “gesuita” sarebbe stato così vicino alla nostra chiesa, trasformando una pagina di persecuzione in una pagina di riconoscimento di fraternità spezzata e poi, cercata, invocata e riconciliata. In questi anni, caratterizzati dal comune impegno in Calabria per la testimonianza di un Evangelo tradotto in azioni al fianco degli emarginati, dei braccianti, dei profughi e contro la ‘ndrangheta da lui condannata a Sibari nel 2014, guardiamo al futuro con fiducia. Abbiamo un tesoro in vasi di creta: l’Evangelo della speranza: comune, incontenibile e fertile!

Come pastora della Chiesa Valdese presente a Catanzaro e Cosenza, non posso non pensare al senso di smarrimento che può,in questo momento, albergare nei cuori del gregge di Francesco. Ma a voi, e per quei pastori cui è affidato il ministerio prezioso e tanto amato dal papa, dico che la testimonianza della comunità dei credenti è un cammino comune da compiere assieme con il Risorto. In questo tempo post pasquale, sia questo messaggio il motore di ogni dialogo per la ricerca della pace. Tutto passa attraverso il riconoscimento della vita degli altri e l’impegnocomune a costruire un presente migliore.

“Perciò, avendo noi tale ministero in virtù della misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d’animo; al contrario, abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né falsifichiamo la parola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio. (…) Noi, infatti, non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù (…) Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi.”                                                       

(2 lettera dell’apostolo Paolo alla chiesa di Corinto 4:1-7)